Capitolo 10

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Il giorno prima.

Quell'anello cominciava a pesarle fin troppo, come se tutti i suoi pensieri si fossero accumulati in quell'unico oggetto. Nonostante ciò, Hanna non aveva intenzione di levarselo; quell'azione sarebbe stata la goccia che avrebbe fatto traboccare il vaso, che avrebbe segnato il distacco totale da suo padre, i Custodi e tutto ciò in cui aveva creduto per anni. Ma lei voleva, anzi, doveva sapere cosa si celasse dietro quell'impresa, dietro il diario di Jason Parker e successivamente la Clessidra. Mentre pensava a tutto ciò, non si accorse della sottile lama puntata contro il suo petto.

-Concentrazione, signorina!- La ammonì George, premendo ulteriormente la punta della spada contro di lei e costringendola ad arretrare di un passo. La divisa bianca, nonostante avesse un'imbottitura al busto, la proteggeva solo da deboli e non troppo profondi colpi. -Se ci fosse stata in gioco la vostra vita, sareste già all'altro mondo.

-Lo so bene.- Rispose guardandolo da sotto la maschera da scherma col respiro leggermente affannato. Alzò lentamente la spada e con questa scostò la lama dell'avversario. Fatto qualche altro passo indietro si rimise in posizione, attendendo che l'altro facesse lo stesso. Lo scambio di colpi tra i due non durò a lungo; quella ad attaccare era per la maggior parte Hanna, che con fendenti ben precisi mirava al torace del grosso uomo il quale, però, era più agile di quel che sembrasse. Schivate e parate con la spada si susseguivano una dietro l'altra con velocità, impedendo alla giovane di raggiungerlo. Gli bastò far scontrare con più forza la propria spada con quella della ragazza per disarmarla.

-Cosa c'è che non va, signorina Hanna?- Le parole dell'uomo che, dopo essersi scoperto il volto dalla maschera, la osservava attentamente, la fecero tornare in sé. -Qualcosa vi impedisce di dare il meglio di voi, non è così?- Hanna scoprì anche lei il proprio volto e si fermò per qualche secondo a guardarlo negli occhi, rendendosi conto che la conosceva meglio di quel che pensasse.

-Come... Come fa a saperlo?

-La scherma non è solo un combattimento, un semplice scambio di colpi. E' un dialogo fra i due. Ogni minimo movimento fa intendere che cosa si pensa.- Spiegò con un leggero sorriso. Sebbene l'aspetto non lo lasciasse pensare, George era conosciuto come una persona dal cuore gentile. Oltre alle mura della sala d'allenamento, Hanna s'era resa conto di non sapere molto di quell'uomo, ma a quanto pare la cosa non valeva anche per lui. Andò a poggiarsi con la schiena alla colonna centrale dell'enorme stanza, per poi lasciarsi cadere a terra, seduta.

-Lei che cosa ne pensa di mio padre?- Domandò tenendo lo sguardo fisso in uno dei tanti quadri della sala.

-Io credo che suo padre sia uno degli uomini più d'onore che abbia mai conosciuto.- Sebbene le parole di George sembrassero sincere, Hanna non sapeva se credergli o meno. Se le avesse sentite alcune settimane prima si sarebbe fidata senza battere ciglio, ma ora la sua fiducia verso i Custodi vacillava. -So che a volte i suoi metodi possono sembrare un po' rudi. Ricorda però che ciò che fa è per il bene dei Custodi e del resto del nostro mondo.

-E se ci fosse un motivo valido che abbia spinto i viaggiatori a combatterci? Se non fossero quei nemici spietati di cui ci hanno sempre parlato?

George si avvicinò alla ragazza. Visto da seduta, era ancora più imponente del normale ed in un certo senso riusciva ad incutere anche una leggera paura. L'uomo si indicò con un dito la grossa cicatrice che aveva tolto la vista al suo occhio destro e, quando lo aprì, non c'era traccia dell'iride. Ciò fece rabbrividire Hanna per qualche secondo, e tenne gli occhi fissi in quelli di lui, in silenzio. Lo sguardo dell'uomo si fece truce, gelido, e fece riaffiorare nella sua mente quello del padre quando le aveva dato tra le mani la pistola con cui avrebbe ucciso Rosie. Dopodiché le si formò l'immagine del soldato che le aveva puntato il fucile contro nella casa di Erik Thawne. Anche quell'uomo faceva parte dei Custodi, e anche lui aveva lo sguardo capace di farti raggelare nelle vene. Magari era una capacità che semplicemente avevano in comune, pensò. O magari era lo stare troppo a contatto con un potere che non apparteneva all'uomo, un segreto che pian piano corrodeva chiunque tentasse di prenderne il controllo.

I custodi del tempo: ContinuumWhere stories live. Discover now