Capitolo 1

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Londra, 10 Settembre 1885

Mark stava correndo a più non posso. Con i vestiti bagnati dalla pioggia che pungente ed incessante gli appannava la vista, ostacolando la fuga. Il vicolo sembrava farsi sempre più stretto ad ogni suo passo, l'oscurità era interrotta dalla luce giallognola e fioca dei lunghi lampioni alla sua destra. Diede un breve sguardo dietro di sé, ma riuscì ad intravedere solo le ombre deformi dei suoi inseguitori farsi sempre più vicine. Lo stavano raggiungendo. Sentì degli spari alle sue spalle, i proiettili cocenti sfiorarono il suo corpo procurandogli qualche graffio lungo le braccia e le gambe, ma continuò a scappare senza più voltarsi. Non si udiva alcun rumore, fatta eccezione per quello della pioggia e dei passi veloci sulle pozzanghere che si ripeteva incessantemente. Fu la prima volta che provò terrore, il terrore di non rivedere i suoi amici e di mandare tutto all'aria. Svoltò a sinistra e poi la vide, una sfera deforme formata da pura energia che levitava a circa due metri d'altezza. Non era più grande di una palla da baseball, e l'aura che emetteva aveva un colore verde smeraldo.

-Ce l'ho fatta!- Disse Mark mostrando un sorriso speranzoso. La runa sul suo palmo sinistro si faceva sempre più calda e stava incominciando ad assumere lo stesso colore di quella strana aura.

-Non fategli raggiungere il portale o pagherete con la vostra vita!- Gridò l'uomo probabilmente a capo degli altri quattro inseguitori. A quell'ordine susseguirono gli spari che irruppero violentemente nel silenzio di quella notte. Mark era ormai ad una decina di metri dalla sfera di luce. Le gambe stremate gli dicevano di fermarsi, ma lui non poteva. Era troppo vicino al suo obiettivo, alla sua salvezza. Afferrò d'istinto l'orologio dorato che aveva legato al collo con una catenina e lo strinse nel palmo ancora più luminescente di prima, diventando quasi accecante. La sfera raccolse attorno a sé tutta l'aura ed esplose, lasciando posto ad un grosso vortice. Sentiva l'energia del varco travolgerlo e attrarlo. Riusciva ad udire le grida infuriate degli inseguitori che avevano cercato di fermarlo, dopodiché ci saltò all'interno, lasciandoseli dietro.

Due mesi prima... Nel futuro

-Anche oggi siamo sopravvissuti a quest'orrenda scuola- Disse Stephen mentre si accendeva una sigaretta e scendeva le gradinate fuori alla Norman High School.

-Dai, non è andata così male- Mark fece qualche passo a destra per allontanarsi dal ragazzo, odiava che qualcuno fumasse vicino a lui. Due ragazzi stavano parlando della partita di football che si sarebbe dovuta tenere quella sera nel campo della scuola. Mark non era un amante di quello sport, ma quando non aveva nulla da fare il venerdì sera andava a vederla con piacere. Mise le mani nelle tasche del pesante giaccone blu scuro per ripararsi dal freddo. Quell'inverno era più gelido del solito, la neve cadeva leggera e pian piano si accumulava lungo la strada e sui rami degli alberi, ormai privi di foglie. L'altro accennò il suo sorrisetto da sbruffone mentre teneva la sigaretta tra le labbra.

-Parla per te, il compito di matematica è andato uno schifo. Scommetto invece che tu prenderai la solita A- I capelli biondi e lunghi dell'amico erano coperti in parte dal cappuccio della sua pesante felpa nera. Mark si sedette al centro dei gradini di marmo ghiacciati. Il giaccone che indossava riscaldava il suo corpo slanciato e magro, forse leggermente più del dovuto.

-Che fai? Guarda che così ti si gelerà il culo.

-Aspetto mia madre, mi accompagna con la sua auto- rispose con tono vago, mentre teneva lo sguardo puntato verso il cielo nuvoloso. I fiocchi di neve si poggiavano sul suo viso pallido. Gli occhi erano di un azzurro chiaro come il ghiaccio ed i capelli neri punteggiati di bianco da qualche fiocco di neve.

-Oh, capito. Ti farei compagnia, ma devo andare- Gettò la sigaretta e la calpestò col piede prima di andarsene. Con un cenno della mano salutò Mark e si allontanò, confondendosi tra la piccola folla degli studenti di terza. In breve tempo rimase da solo, seduto ancora al centro della scalinata e con lo sguardo dritto verso la stradina da cui avrebbe dovuto intravedere la madre alla guida della sua auto. Si guardò l'orologio, era passata mezz'ora e lei era decisamente in ritardo. Pensò di farle uno squillo, ma poi si ricordò che il cellulare gli si era rotto qualche settimana prima.

I custodi del tempo: ContinuumWhere stories live. Discover now