54- Rivelazioni

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La Brigata del Kansas fu rispedita a Fort Scott per sorvegliare i confini con il Missouri.

Il 14 novembre rientrarono al forte dopo giorni di marcia forzata, passati a recuperare schiavi fuggiaschi da accompagnare oltre il confine del Kansas per renderli liberi, mentre Price tornava a riprendere il controllo sul Missouri man mano che si ritiravano. Lane era un assassino, nella mente di Jonathan, ma il suo sentimento antischiavista e la sua determinazione nel voler salvare quei disgraziati era comunque ammirevole.

Robert si guardava attorno con impazienza mentre rigovernava il suo cavallo nella stalla: era chiaro che voleva correre a controllare se Emily era ancora lì. Jonathan afferrò le redini dalla sua mano e gli fece cenno di muoversi. Il fratello annuì, grato, e si precipitò fuori in direzione dell'ospedale.

La ragazza non c'era, constatò con una certa delusione, quindi si recò dal responsabile del servizio postale per chiedere se ci fosse qualche lettera per i fratelli Becker. Il sergente incaricato cominciò a spulciare nei vari casellari e gli consegnò una busta. Robert si rese conto con rammarico che proveniva da Fort Leavenworth: era di suo padre.

«Ci sono ancora in giro le signore dell'associazione?» buttò lì con noncuranza.

«Qualcuna, mi pare. Fanno sempre i turni in ospedale e si occupano della lavanderia, da quanto ne so» rispose continuando a smistare la corrispondenza.

Ringraziando si fiondò fuori e si avviò nella zona dove si effettuava il servizio di lavanderia, ma vide solo qualche signora di colore intenta a sciacquare panni. Sospirando si avviò allora verso la sua baracca e si lasciò cadere sconfortato sulla sua branda tenendo sul petto la lettera del padre.

«E allora? Ti ha già mollato?» lo canzonò Jonathan appena entrò nella stanza. Stava sgranocchiando un pezzo di carne essiccata, probabilmente era corso all'emporio a cercare qualcosa da mettere sotto i denti.

Robert si tirò su a sedere sbuffando.

«Dammene un pezzo...» disse stanco e Jonathan gli passò il sacchetto.

«Credo che se ne sia andata... o magari è nella sua baracca a riposarsi. Lo scoprirò stasera a cena.»

Rimasero per un po' a sgranocchiare la carne in silenzio; era dura e salata, ma sembrava una delle cose più buone che avessero mai mangiato.

«E la lettera, che dice?» chiese indicando la busta che il fratello teneva in mano.

Robert se ne ricordò improvvisamente.

«È di nostro padre, aspettavo te per aprirla» rispose.

Jonathan si sedette al suo fianco e lo invitò a procedere.


Caro Jonathan,

mi spiace di sentire tanto sconforto nella tua lettera e


«È per te...» Robert interruppe la lettura passandogli il foglio.

Jonathan lo fissò per un attimo, prima di spiegare.

«Gli avevo scritto una lettera dopo Osceola... Ero un po' turbato. Puoi leggere con me la sua risposta» disse.

Il fratello sostenne il suo sguardo, indeciso.

«Per favore, non ne abbiamo parlato molto, ma vorrei che la leggessimo insieme» lo convinse.

Il giovane annuì e riprese da dove si era interrotto.


...mi spiace di sentire tanto sconforto nella tua lettera e posso capire il tuo disagio e senso di disorientamento. Questa guerra ci sta prendendo un po' tutti alla sprovvista, l'esercito non è ancora ben organizzato, paghe e rifornimenti non arrivano, molti soldati non hanno né armi né divise. Certo non ci aspettavamo di dover mettere in campo un numero così ingente di forze e quando tutto è iniziato ad aprile eravamo meno di ventimila effettivi nell'esercito regolare. Tanti sono passati alle linee confederate e la confusione regna in ogni dipartimento.

Polvere alla polvereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora