72- Una guerra sporca

205 33 54
                                    

La vista delle navi corazzate sul White River faceva una certa impressione. Non più semplici battelli a vapore di legno, bensì mostri ricoperti da lastre d'acciaio. Come facevano a galleggiare quelle bestie di ferro? Jonathan era perso in questi pensieri quando il fratello lo richiamò al presente.

«Forza, il capitano ci ha detto di muoverci. Non possiamo stare qui tutto il giorno.»

Il giovane si riscosse e annuendo diede di talloni al cavallo, allontanandosi dalla riva per riunirsi alla compagnia.

Era il 17 giugno e avevano appena raggiunto l'armata di Curtis vicino a Saint Charles.

Secondo indiscrezioni del loro capitano, sembrava che, di tutti i rinforzi chiesti disperatamente dal generale, ben pochi uomini fossero arrivati a dargli sostegno. Solo un altro reggimento di cavalleria oltre al loro e uno di artiglieria, rimandato indietro perché ritenuto inutile. Il reggimento di fanteria che avrebbe dovuto arrivare aveva ammutinato in massa perché stava per finire il periodo di ferma. Grazie a Dio c'erano le navi, pensò.

Affiancando il capitano, gli rivolse il saluto militare.

«Ha visto le navi, tenente?»

«Sì, signore. Davvero affascinanti.»

«Bene, adesso aspettiamo. Secondo gli ordini, l'attacco dovrebbe partire dalla flotta. Dopo che li avranno bombardati per benino, collaboreremo con la fanteria per eliminare quei porci. Questa guerra sta diventando come una partita a nascondino» disse sprezzante tra i denti mentre gettava via il mozzicone.

Jonathan non ribatté. Sapeva che l'Armata del Sud-Ovest aveva combattuto senza sosta contro la guerriglia ribelle mentre cercava di avanzare in Arkansas. I Sudisti li avevano colti più volte di sorpresa e avevano distrutto gran parte dei loro rifornimenti. In quelle navi non c'erano solo armi e soldati, ma anche cibo per l'esercito che avanzava in suolo nemico.

«Ha organizzato i gruppi da mandare in ricognizione?»

«Sì, signore, sono tutti pronti.»

«Bene, cominci a mandarli avanti», e così dicendo voltò il suo cavallo per andare a confrontarsi con altri ufficiali.

L'attacco ebbe inizio senza preavviso.

Una granata sparata da una nave federale ruppe il silenzio teso in cui erano sospesi tutti in quella palude, uno stormo di uccelli si alzò in volo sopra gli alberi e il grido dei ribelli prese a echeggiare. Poi, il caos.

Cercando di coprire il fianco della fanteria, Jonathan e Robert condussero i loro plotoni alla carica più volte, stanando Confederati appiattiti dietro arbusti e massi e venendo sorpresi a loro volta, mentre dalle navi partivano bordate tremende che squassavano la terra e sradicavano gli alberi.

E all'improvviso il disastro.

L'artiglieria confederata riuscì a mettere a segno un buon colpo centrando il motore della Mound City. La nave corazzata, che aveva resistito a ben altri attacchi, inaspettatamente esplose.

Il rumore fu tale che per un attimo sembrò che la battaglia si fosse sospesa. Robert non sentiva più nulla se non un fischio tremendo nelle orecchie e la scena pareva galleggiare nel fumo. Uomini, cavalli, feriti, alberi e il sole che filtrava nella palude... era di colpo tutto irreale. L'odore acre della polvere da sparo riempiva le narici e copriva tutto il resto.

Poi l'udito riprese a funzionare e i suoni gli agghiacciarono il sangue.

Grida disperate di centinaia di uomini che cercavano la salvezza a nuoto uscendo dal ventre squarciato della nave in mezzo alle fiamme. Lo sciabordio dell'acqua sferzata da bracciate furiose, il crepitio delle fiamme. Molti annaspavano senza saper nuotare. Era l'inferno.

Polvere alla polvereWhere stories live. Discover now