42- Addestramento

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«In sella!» gridò il capitano della compagnia e una ventina d'uomini si sbrigarono a obbedire. Erano giorni ormai che pattugliavano i confini con il Missouri in cerca dei Ribelli o loro tracce. Chi non usciva in ricognizione si dedicava a  completare l'addestramento o era impegnato in noiose corvée.

«Tenente Becker» il capitano richiamò Jonathan, affiancandosi alla sua cavalcatura mentre gli uomini sfilavano ordinatamente fuori dal perimetro del forte.

«Come procede l'addestramento?»

«Gli uomini sono in buone mani con il sergente maggiore, signore, sa il fatto suo» rispose senza scomporsi, nonostante avesse impressa negli occhi l'immagine della sorella mentre veniva duramente ripresa per la sua debolezza fisica.

«E il ragazzetto? Come se le cava?»

«Come ci si aspetterebbe» cercò di svicolare.

«Perché non lo seleziona mai per una di queste uscite? Potrebbe fare esperienza» chiese accendendosi pigramente un sigaro mentre il cavallo manteneva un'andatura all'ambio, comoda e confortevole, tanto da farlo sembrare un dandy in gita più che un comandante.

Robert lanciò un'occhiata penetrante al fratello.

«Signore, il ragazzo è ancora troppo inesperto» pronunciò secco.

«Ma in sella è un piccolo fenomeno, l'ho visto» lo rimbeccò il capitano assottigliando gli occhi.

«Certo, signore, non discuto, ma se prende in mano un'arma temo che potrebbe sparare a uno dei nostri» replicò con un sorriso ironico, sperando che bastasse a porre fine a quell'assurda conversazione.

Il capitano annuì soddisfatto e Robert lasciò andare il respiro che aveva trattenuto senza rendersene conto.

«Vediamo di farlo crescere quel ragazzo, mi spiacerebbe che ci rimanesse secco alla prima occasione» concluse allontanandosi per raggiungere la testa della colonna.

Jonathan non rispose, fingendo di accusare il colpo ma segretamente soddisfatto di aver rimandato ancora una volta il coinvolgimento della sorella in operazioni all'esterno: finché rimaneva al forte era al sicuro.

Certo, aveva le sue belle grane anche là dentro e il fatto di essere un soldato semplice non agevolava le cose: lei doveva starsene con la truppa e non poteva mischiarsi con i graduati. Conveniva che lui e Robert prestassero attenzione a non mostrarsi spesso in sua compagnia e far passare l'inusuale frequentazione come semplice simpatia e desiderio di protezione di un ragazzo troppo giovane per essere mandato in guerra.

Ma questo non era abbastanza: era chiaro che Sabrina stava affrontando momenti duri e doveva cavarsela da sola per la maggior parte del tempo.

Rimaneva sempre in disparte con uno sguardo torvo che scoraggiava qualunque cameratismo, il che poteva essere utile per la sua copertura, ma la mancata integrazione con gli altri la rendeva un paria e alcuni soldati avevano cominciato a prenderla di mira. Era il soggetto ideale per gli scherzi di cattivo gusto di uomini annoiati e idioti ed era un miracolo che la ragazza ingoiasse gli insulti e le risate senza reagire. Poi ci si era messo pure il sergente maggiore, bollandola come "piscia-a-letto" durante un'esercitazione disastrosa e affibbiandole un soprannome che difficilmente si sarebbe scollata di dosso.

Jonathan era davvero preoccupato e sapeva che le stesse inquietudini erano condivise dal fratello, anche se evitavano di parlarne. Bastava che si guardassero negli occhi quando la vedevano passare per intendersi alla perfezione: come ragazzino era credibile, ma come soldato era un disastro. Anche se lui non voleva ammetterlo; a differenza del fratello era ancora convinto che una sorta di miracolo fosse possibile e che la sorella riuscisse a riabilitarsi: era più forte di quanto pensasse e poteva farcela. Doveva farcela. Non c'erano altre soluzioni.

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