4- Tentazioni

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Era da più di due mesi che si trovavano al forte ormai e avevano imparato ad adattarsi a quella strana routine fatta di ispezioni, lavoro, esercitazioni e momenti di noia. Nessuno pretendeva che si comportassero da soldati, ma senza che se ne accorgessero era stato naturale integrare i due ragazzi in quel modo di vivere. Nemmeno il capitano sembrava farci più caso quando li vedeva in fila con gli altri per l'ispezione del mattino, sull'attenti e impettiti. Non permetteva loro di partecipare alle esercitazioni, ma capitava che li sorprendesse a curiosare e allora li spediva dritti a sbrigare qualche lavoretto. Non aveva di che lamentarsi, sembravano responsabili e ubbidienti, ma non si sentiva del tutto tranquillo.

La vita del forte poteva insegnare a quei due un bel po' di disciplina, ma il capitano sapeva che i suoi uomini non erano dei compagni adatti a dei ragazzini. Non erano cattivi, anzi molti di loro erano davvero persone degne di nota, oneste e affidabili, ma altri... La vita dell'esercito abbrutiva alcuni di loro: il gioco d'azzardo, il turpiloquio, le storielle sconce e l'alcol non erano buoni compagni per dei ragazzini. Il capitano puniva severamente l'abuso di alcolici e tentava di limitarne la presenza nel forte, ma il whisky non mancava mai, lo sapeva per certo. I debiti di gioco e l'alcol insieme creavano una mistura pericolosa che poteva sfociare in litigi e non importava quanto dure fossero le punizioni: prima o dopo qualche rissa scoppiava.

Lì nel deserto non c'erano molti altri svaghi e l'unico modo per frenare gli istinti peggiori era quello di tenere gli uomini sempre impegnati in qualche faccenda o spedizione, ma non era semplice. Il lavoro non mancava, però non sempre i soldati erano motivati.

John temeva che i figli subissero l'influsso di quella maledizione sotterranea.

Per ovviare al problema aveva chiesto a un paio dei suoi ufficiali di aiutarlo a tenerli d'occhio, ma questi non potevano stare con loro tutto il giorno e soprattutto non dividevano la stessa baracca con gli altri soldati durante la notte.

Per non inglobarli completamente nella vita del forte, soprattutto nelle ore di riposo diurne, aveva anche preso l'abitudine di convocarli nel suo ufficio e assegnava loro dei compiti da svolgere. All'inizio i ragazzi erano parsi riluttanti: era come andare a scuola di nuovo! Ma il capitano si era mostrato inflessibile e non avevano potuto opporsi, trovandosi, loro malgrado, a studiare giornalmente e con forse maggior profitto di prima, dato che il padre sapeva essere un maestro davvero poco comprensivo.

Eppure non era tranquillo. Le occhiate complici che si scambiavano quando pensavano di non essere visti lo rendevano nervoso.

In effetti i due ragazzi, ben lungi dal comportarsi in modo scorretto, stavano prendendo alcune abitudini dai soldati con cui dividevano la giornata. Come per osmosi avevano imparato una sfilza di insulti e parolacce che, sebbene non osassero ripetere davanti al genitore, affollavano i loro pensieri. Avevano poi sentito una serie di discorsi sulle donne che li avevano affascinati oltre ogni dire e che percepivano come assolutamente proibiti. La loro fantasia galoppava e spesso bisbigliavano al riguardo mentre pensavano di non essere ascoltati. Poi c'erano il tabacco, il whisky e le carte con cui facevano qualche partitina la sera nella loro baracca, a volte soli e a volte con altri soldati. Non giocavano davvero d'azzardo perché non avevano neppure un centesimo, ma ogni tanto si impegnavano in qualche scommessa che prevedeva dei lavoretti da svolgere in caso di perdita. Il tutto condotto comunque con una sorta di infantile innocenza che non li rendeva coscienti di perdere man mano parte di quegli insegnamenti morali che avevano imparato a casa, lasciando in loro solo la facciata esteriore di quell'educazione.

Mentire era diventato più semplice, perché le bugie sembravano innocue, come quando fingevano di dover fare un po' di bucato per se stessi e invece lavavano gran quantità di mutandoni per ripagare una scommessa. Avrebbero potuto ammettere di aver perso una partita, invece l'istinto suggeriva loro che il padre non ne sarebbe stato contento e allora bisognava architettare un sistema per pagare il debito senza che lo sapesse. Non c'era niente di male in questo, no? O forse sì? Robert ogni tanto sollevava dei dubbi: perché dovevano fare delle cose innocenti, come il bucato, di nascosto? Se dovevano agire con circospezione, c'era qualcosa di sbagliato. Ma Jonathan metteva a tacere la sua coscienza. Era solo una questione di orgoglio, diceva, non far sapere a tutti quando perdevano al gioco e così spostava il problema su un altro livello trascurando la questione fondamentale: se una cosa è giusta, perché nasconderla?

Polvere alla polvereWhere stories live. Discover now