Capitolo ventiquattro

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«Ti va un'altra partita?», chiede mio fratello buttandosi sul divano accanto a me.

Stringo la cioccolata calda tra le mani e scuoto la testa.

«Abbiamo giocato cinque volte di fila, Elliott», gli lancio un'occhiata eloquente.

«Non ci vediamo quasi mai», mette il broncio e sento una fitta al petto. «Pensavo che sarebbe stato più divertente! Sei sempre arrabbiata», ribatte astioso e si alza, andando via.

Mia zia è appoggiata al muro e mi sta guardando con occhi colmi di rammarico.

«Non so cosa ti sia successo, ma Elliott ha ragione», sospira e viene a sedersi sul tavolino davanti a me.

«Lo so! Non ne combino una giusta ultimamente», poso la tazza sul tavolino e mi prendo la testa tra le mani, esasperata.

«E non ne vuoi parlare?», i suoi occhi mi guardano speranzosi.

«Mi sono comportata come i miei genitori. E questo non me lo perdonerò mai», premo i polpastrelli sulle palpebre, impedendo alle lacrime di scorrere sulle mie guance.

«Sai, Kendra, quando ero giovane, anche io ho fatto tanti sbagli. Amavo emulare il comportamento di tua madre. Ai miei occhi appariva determinata, austera e potente. Io invece ero debole e patetica, odiavo tutto di me. Poi ho conosciuto tuo zio e le cose sono cambiate. Non devi modellare la tua personalità in base agli altri», mi sposta le mani dalla faccia. «Ho sempre ammirato la tua tenacia e la tua voglia di allontanarti da quella famiglia. E io ti capisco bene, ecco perché ho accettato di prendermi cura di Elliott. Però non potrò farlo all'infinito e io voglio assicurarmi che tu continui a combattere, non soltanto per la tua vita, ma anche per il futuro di Elliott».

E ancora una volta, sento che il mondo sta per comprimermi.

«Mi sono presa cura di tutti e alla fine ho rinunciato a me stessa», sussurro, abbassando lo sguardo. «E sì, nemmeno io mi riconosco più. A volte vorrei semplicemente cambiare paese e iniziare da zero».

«Ma i problemi non spariranno magicamente. All'inizio ti sembrerà di non averne più e ti sentirai libera, ma in realtà ti si riverseranno addosso con più forza di prima. I problemi non hanno coscienza, tesoro, a loro non importa quanto lontano tu riuscirai a scappare, ti seguiranno e ti daranno il tormento ancora», mi accarezza dolcemente il dorso della mano.

«Tua madre non farà niente di male, te lo posso assicurare. Dovrà prima passare sul mio cadavere. Pensa al tuo futuro, quando sarai abbastanza stabile sui tuoi piedi, noi saremo qui ad aspettarti», il suo palmo si posa sulla mia guancia bagnata e io chiudo gli occhi.

«Grazie di esistere, zia», bisbiglio trattenendo un singhiozzo. Mi alzo in piedi. «Vado a chiedere scusa a Elliott».

«Sii clemente, è un bambino ancora».

 Mi dirigo a passo felpato verso la sua stanza e busso alla porta.

«Vattene», dice con voce spezzata.

Appoggio la fronte contro la porta. «Non respingermi anche tu. Per favore», gli dico con un filo di voce.

Segue un breve silenzio, poi la porta si apre e mi guarda con espressione ferita.

«Chi altro ti ha respinto?», chiede ed entro nella sua stanza, chiudendo la porta dietro di me. Mi siedo sul letto, accanto al libro di Percy Jackson, che ha lasciato aperto. Stava continuando la lettura.

«Ti piace?», gli chiedo, indicando con il mento il libro.

«Sì, ma non cambiare argomento», incrocia le braccia al petto con fare offeso.

Boyfriend- Un ragazzo in prestitoKde žijí příběhy. Začni objevovat