Capitolo undici

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Le parole a volte sono come dei piccoli demoni che danzano indisturbati all'interno della nostra mente e si impegnano inesorabilmente a creare caos e scompiglio.

È esattamente ciò che hanno fatto le parole di Kenneth.

Non dovrei nemmeno soffermarmi così tanto su quell'attimo atipico di intimità che si è creato tra di noi, eppure... La mia mente mi riporta sempre lì, come se fossi rimasta intrappolata nella sua voce, nel suo sguardo, nel sorriso malizioso che mi ha rivolto. In quel dannato sorriso ho sentito i diavoli danzare contenti sulla mia schiena e ho lasciato che le loro fiamme scorressero veloci in tutto il mio corpo, fino a sentire bruciare perfino l'anima.

Potrei dare la colpa alla semplice e inaspettata vicinanza tra noi due. Era quasi ad un palmo dal mio viso, tant'è che sono riuscita a scorgere la costellazione poco accentuata delle efelidi sul suo naso.

E, accidenti, come diavolo lo stavo guardando?

Essere rimasta lì a lavorare insieme a lui e a Tiffany, è stato semplicemente disastroso per me.

E oggi sto escogitando diversi piani per far sì che io non incontri Kenneth... E nemmeno la sua assistente. Infatti, fino ad ora sono riuscita a passare inosservata.

Per esempio, adesso ho deciso di fare una pausa. Di solito non la faccio mai e Kenneth lo sa. Quindi è impossibile che mi trovi qui, nell'area relax.

Ieri, quando sono tornata a casa, sfinita e con l'umore a terra, ho raccontato ad Eileen quello che  ci siamo dette io e mia madre e ciò che è successo tra me e Cole. Mi ha dato un ceffone e mi ha premurosamente rammentato di quanto io sia cretina certe volte, ma ha deciso comunque di darmi una mano per fare bella figura davanti a mia madre e non passare per stupida davanti a lei.

Ha contattato un amico, che in seguito ha chiamato un altro amico, e sono riusciti a trovare un ragazzo per me.

Non l'ho nemmeno incontrato, però mi hanno assicurato che sarà abbastanza presentabile e che seguirà alla lettera le istruzioni che gli ho mandato in un messaggio.

In cambio si aspetta che lo paghi cinquanta sterline e che gli offra la cena. Ho accettato per disperazione, ma se fossi stata abbastanza bella non sarebbe uscito con me di sua spontanea volontà?

No, non posso badare alla mia autostima adesso. Dobbiamo parlare di affari.

Ecco perché in questo preciso momento lo sto chiamando. Sono già immersa nei guai fino al collo e se lui decidesse di tirarsi indietro all'ultimo minuto, molto probabilmente raggiungerei Trafalgar Square a velocità turbo, salirei sulla colonna di Nelson e poi mi lancerei nel vuoto cosmico che galleggia nella mia testa.

«Sì?», risponde con voce assonnata e premo di più il cellulare contro l'orecchio.

«Sei...», non riesco nemmeno a ricordare il suo nome. «Il giardiniere di...», batto le palpebre, osservando il quadro appeso sul muro davanti a me.

«Ah, ho capito. Sei la tizia che ha bisogno di un cazzo per stasera», lo dice con una tale nonchalance che rimango in silenzio per un paio di secondi, cercando di trovare le parole giuste da pronunciare.

«Non ho bisogno del tuo cazzo», protesto, inorridita.

«Sì, come dici tu. Ti chiami Kendra, vero? Beh, dimmi, accetti le mie condizioni?», domanda, ma non riesco bene a collegare le sue frasi. Di che condizioni sta parlando?

Ma chi diavolo ha contattato Eileen?

«Condizioni? Senti, io ti pago e tu mi mostri le tue doti. Ne ho davvero bisogno e ti conviene non tirarti indietro. Oh, e non osare chiedermi di più», minaccio puntando il dito verso il muro, come se potesse vedermi.

Boyfriend- Un ragazzo in prestitoWhere stories live. Discover now