2.

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KAYDEN

Mi infilo la felpa della Weston High e scendo le scale. Sono in ritardo e, considerando l'ispezione quotidiana che mi attende prima di andare a scuola, credo che non riuscirò a fare colazione. 

Il coach ci sta massacrando con gli allenamenti anche se siamo solo all'inizio della stagione, perciò ho bisogno di mangiare come si deve, soprattutto perché sono io e la parola bisogno non è usata a caso. 

Entro in cucina e mi precipito verso il frigorifero, urto lo spigolo del tavolo e mia madre lancia un urlo così acuto che temo si rompano i vetri delle finestre. Verso un po' di latte in una tazza già piena di cereali e mi appoggio al bancone.

«Solleva la felpa, Kayden».

Roteo gli occhi e lo faccio, non distolgo lo sguardo dal suo e continuo a masticare.

«Voglio riprendere il discorso dell'altro giorno». Dato che so che lo farà anche contro la mia volontà non provo nemmeno a fermarla. Mi limito a ingurgitare la mia colazione come se non mangiassi da giorni. «Vorrei davvero che smettessi con il football. Ci sono tantissime attività che puoi fare, e so che eccelleresti in ognuna di queste. Sei gentile, intelligente e volenteroso...»

Scoppio a ridere e abbandono la scodella mezza piena di latte e cereali sul ripiano di granito, mia madre si irrigidisce fissandomi con disappunto. Mi pulisco la bocca su un tovagliolo e mi schiarisco la voce.

«Davvero, mamma? Sono gentile?»

Non ha proprio idea della persona che ha messo al mondo.

«Certo che lo sei, sei mio figlio!»

«Non mollerò il football. Otterrò una borsa di studio grazie a quello sport, non grazie alla gentilezza».

«A proposito del college...»

«Ci andrò» sbotto. «Me ne andrò da qui e non ci sarà Kennedy a controllare ogni mio passo, impara a gestire lo stress da distacco».

Mio fratello sceglie proprio quel momento per entrare in cucina e fulminarmi con uno sguardo truce, fingo di non rendermene conto e me ne vado per infilarmi le scarpe. Kennie ha un anno in meno di me ed è il mio opposto. Ce l'ho sempre appiccicato addosso. 

So che non è colpa sua se è obbligato a stare sempre con me, nostra madre è parecchio apprensiva e vuole che i suoi figli siano amici e abbiano quel genere di rapporto che sembra uscito da una commedia da guardare il sabato sera, ma lo trovo comunque irritante.

«Io vado» annuncio.

«E io come dovrei venire a scuola?» sbotta Kennie.

«Trovati un passaggio, non è un problema mio».

Mamma mi urla dietro di fermarmi, ma io mi sbatto la porta alle spalle. Non prendo l'auto perché non voglio aggravare la situazione, però mi incammino da solo fino alla fermata dell'autobus. E, cazzo, come si sta bene.

***

La mattinata è trascorsa tra allenamenti, lezioni e le avances di Chelsea. Non ha ancora capito che solo sesso per me significa solo sesso. Me la sono scopata due volte a una delle feste di August e adesso pensa che faremo coppia fissa fino al ballo di fine anno, quando saremo eletti re e reginetta del ballo. 

Poggio il vassoio sul tavolo e mi lascio cadere vicino a Gus, il lineback della squadra. Un grande figlio di puttana presuntuoso e schifosamente ricco. Mi infilo in bocca una forchettata di quella che dovrebbe essere pasta e mastico lentamente, lo sguardo puntato sulla sala. 

Kennie non si è ancora visto e inizio un po' a preoccuparmi, di solito non mangia al nostro tavolo ma so sempre dove si trova. Spero di non avergli creato problemi con mamma.

DEAR WILLADove le storie prendono vita. Scoprilo ora