The rainbow in my heart

5 - Non sono un'eroina

Sono seduta su una delle sedie nere in alluminio del bar all'angolo dove mi sono fermata a fare colazione prima di entrare a lavoro.
Mescolo distrattamente il cappuccino bollente spruzzato di polvere di cacao amaro.
La Scuola di Psicoterapia che frequento offre agli allievi la possibilità di usufruire di alcune sue stanze per seguire privatamente dei pazienti. Ed è una manna dal cielo perché non potrei assolutamente permettermi di affittarne una di tasca mia.
Sono nervosa e mi rosicchio le unghie mentre aspetto che arrivi Marco. Un vizio che avevo perso ma che si è ripresentato negli ultimi anni più ostinato di prima.
Sono stata io a chiedere a Marco di vederci: ho bisogno di confrontarmi con lui sui pazienti che devo vedere questa mattina. Sono una giovane coppia: lei vuole avere un altro figlio, lui no.
Marco si è specializzato Psicoterapeuta ormai da diversi anni e le coppie sono la sua specialità.
Sto dando una scorsa agli appunti, quando lo vedo entrare dalla porta.
Scrolla l'ombrello prima di metterlo nell'apposito vaso: a quanto pare, questo Aprile non vuole proprio darci tregua.
Si avvicina al tavolo ed io non posso fare a meno di pensare che, nonostante le battutine di Lisa e Marylu, sia proprio un uomo piacente.
Occhi nocciola, naso affilato, capelli folti e scuri. Una corporatura che rivela di tenere al suo aspetto senza cadere nell'ossessione. Non sarà l'uomo più divertente sulla terra, ma è intelligente e brillante nel suo lavoro.
"Raccontami un po' di questi due," mi invita senza lasciarmi il tempo di finire il mio elogio mentale.
Prende posto con una tazzina di caffè e io gli illustro la situazione.
Sposini novelli. Lei ventisette anni, insegnante. Lui trenta, informatico. Entrambi provenienti da famiglie benestanti. Andava tutto a gonfie vele fino a che la nascita del figlio ha mandato in crisi la loro armonia e intimità. Dopo due anni, lei sostiene che l'allarme sia rientrato e si sente pronta a ricominciare. Il marito non ne vuole sapere: secondo lui hanno appena ricominciato a vivere e un altro figlio minerebbe quel poco di equilibrio che sono riusciti a riconquistare con tanta fatica.
Marco mi ascolta attento mentre gli esprimo le mie perplessità.
Mi è difficile non colludere quando mi si presentano situazioni del genere: la maternità e le difficoltà di coppia sono un tasto trigger per me. Ogni Psicologo ha il suo: prima di essere professionisti della salute mentale siamo esseri umani.
E come esseri umani ci immedesimiamo, viviamo sulla nostra pelle.
Proviamo empatia. Ma rispettare i confini è fondamentale.
Per questo ho chiesto aiuto a Marco: mi serve un consiglio scevro di pregiudizi e soggettività.
"Qui il punto non è chi ha ragione," dice alla fine "non sta a te convincere lei né tantomeno lui. L'unica cosa che puoi fare è aiutarli ad accettare la divergenza delle loro opinioni."
"Ma così la loro coppia rischia di naufragare" rifletto.
"Può darsi. Ma sarebbe lo stesso se uno dei due accondiscendesse senza essere convinto della propria decisione."
Razionalmente so che ha ragione, ma è frustrante per me non poter far nulla di più.
Quando mi sono iscritta alla Facoltà di Psicologia ero illusa dalla certezza che, una volta finito il percorso di studi, sarei stata capace di aiutare chiunque mi si fosse presentato davanti.
Era una credenza ingenua e adesso me ne rendo conto.
Capire che non indosserò mai i tanto agognati panni dell'eroina è stato un ritorno alla realtà brusco e repentino.
Le parole di Marco sono lì per tenermi radicata a questa necessaria presa di coscienza.
"Sam, facciamo quello che possiamo per le persone che vengono da noi. Cerchiamo di risvegliare in loro una consapevolezza nuova o sopita. Ma non siamo i salvatori di nessuno." C'è dolcezza nel tono della sua voce. O forse è compassione per la mia inesperienza?
Che sia l'una o l'altra è arrivata l'ora di affrontare la temuta coppia.
Lo ringrazio e lui scuote il capo come per dire che non ha fatto niente di che.
Mi posa una mano sulla spalla mentre ci dirigiamo verso l'uscita.