16 - Bollicine

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Una cosa che non ho calcolato, quando ho invitato Noah al compleanno di Mattia, è che ci sarebbe stata anche mia madre.

Quindi adesso sono qui, a far indossare a mio figlio il completo per l'occasione, mentre cerco una risposta plausibile alle mille domande che mi attendono.

«Sono proprio elegante» dice rimirandosi soddisfatto.
«Hai ragione, amore mio» annuisco passandogli del gel tra i capelli chiari e sottili.

Sei anni...
Quando mi dicono che con i figli il tempo vola, non mi ritrovo mai completamente in queste parole.
Se torno con la mente ai miei primi anni di maternità, mi sembra piuttosto che il tempo si sia congelato in quelle notti insonni che si susseguivano senza tregua una dietro l'altra.

In piedi, con Mattia in braccio o urlante nel buio della mia stanza, bramavo l'arrivo del giorno come un leone brama una gazzella nella Savana.
E quei pochi metri diventavano infiniti per poi tornare a stringermi in una morsa da cui non vedevo via d'uscita.

Poi il giorno arrivava, ma io continuavo a sentirmi spenta.
Ci è voluto così tanto perché riuscissi a scacciare quel buio, che ogni attimo di fatica è impresso a fuoco dentro di me e sento ancora sulla lingua il sapore di ogni lacrima versata.

«Perché piangi, mamma?» Mattia si volta verso di me e mi passa l'indice sugli occhi inumiditi.

«Oggi è un giorno speciale, piccolo mio: sono felice» gli poso un bacio delicato sul nasino.

«Anche io sono felice mamma, non vedo l'ora che arrivino tutti.»

«Che ne dici se, mentre aspettiamo, finiamo i preparativi?» gli allaccio l'ultimo bottone della camicia e scendiamo di sotto.

Nell'attesa, gonfiamo una miriade di palloncini colorati che lasciamo volare liberi per la casa e imbastiamo la tavola con ogni stuzzichino possibile e inimmaginabile. Ci sono persino dei bicchierini con il cocktail di gamberetti: molto anni '80, ma Mattia li adora.

Sono arrampicata in bilico tra una sedia e il tavolo della cucina ad appendere un manifesto con scritto "Buon Compleanno", quando suonano alla porta.

«Posso aprire?» chiede Mattia che mi sta facendo da supervisore.

«Prima chiedi chi è» rispondo.

«Mamma, è Noah!» lo sento urlare pochi secondi dopo.

Quasi perdo l'equilibrio per tornare a terra e, in perfetta modalità ciclone, mi catapulto all'ingresso.
Ignoro lo sguardo perplesso di mio figlio e apro.

Ed eccolo qui: il meraviglioso sorriso storto, il terreno sconosciuto, il bicchiere d'acqua.

È bello con i jeans e una polo color acquamarina che fa risaltare il suo incarnato olivastro.

Io, al contrario, sono un disastro: la maglia sporca di maionese, i piedi scalzi, i capelli che ovviamente vanno dove vogliono.

«Benvenuto» mi sposto per farlo passare «scusa per la mise, non sono ancora riuscita a cambiarmi.»

«Tu devi essere il famoso Mattia!» saluta chinandosi verso mio figlio.
Dopodiché, in tono confidenziale, aggiunge: «Che ne dici se mandiamo tua mamma a sistemarsi e io e te finiamo i preparativi?»

Mattia accetta la proposta e guida Noah verso la cucina.

Mi faccio una doccia veloce, lego i capelli in una coda bassa e metto un filo di mascara lasciando le labbra nude.
Indosso una canotta velata nera, dei pantaloni alla pescatora bianchi e aderenti con un cintolino dorato che riprende i sandali allacciati alle caviglie.

Mi guardo allo specchio e, dopo tanto tempo, mi sembra di nuovo mio amico. L'ho evitato a lungo, convincendomi che il mio aspetto non avesse alcuna importanza. Che la trascuratezza fosse il biglietto da visita per una madre dedita ai figli. Una menzogna che mi sono raccontata insieme ad un milione di altre.

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⏰ Last updated: Jun 03, 2023 ⏰

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The rainbow in my heartWhere stories live. Discover now