6 - Brave bambine e caffè imbevibili

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È di nuovo mercoledì e io sono seduta sulla solita poltrona gialla un po' sfondata. Questa volta sono arrivata puntuale.
Giada siede di fronte a me, i capelli raccolti in un'acconciatura morbida. Indossa un paio di jeans aderenti, una camicetta bianca e una giacca corta celeste ghiaccio che le conferisce un'aria di sbarazzina eleganza.
Tiene sulle ginocchia un quaderno e una penna, ma so che appena inizieremo a parlare li metterà da parte.
Ci sono dei pazienti che perdono il filo della narrazione se vedono il proprio terapeuta prendere appunti e io sono tra quelli.
Giada registrerà la nostra conversazione nel proprio cassetto della memoria e ne trascriverà i punti salienti e le impressioni non appena sarò uscita dalla stanza.
"Raccontami di questa settimana" mi esorta dando il via alla seduta.
Come previsto, mette da parte penna e taccuino.
Inizio a raccontarle dei giorni appena trascorsi partendo dalla serata con Marylu e dall'incontro con i paracadutisti. Sorvolo sul modo poco cortese di congedarsi di Noah e di come mi abbia fatta sentire, ossia rifiutata.
È vero che la sincerità è alla base della terapia, ma il paziente ha il sacrosanto diritto di tenersi alcune cose per sé. Almeno fino a quando non è pronto a condividerle.
Ad ogni modo, le parlo della mia chiacchierata con Noah.
"È stato bello avere a che fare con un adulto e fare discorsi 'da grandi'" sospiro.
Da quando ho avuto Mattia, spendo gran parte delle mie giornate con lui. Se mettiamo da parte i due giorni al mese in cui ho le lezioni, le ore che dedico ai pochi pazienti che ho e qualche sporadica uscita con Lisa e Marylu (di solito le faccio venire a casa) le mie giornate si susseguono identiche l'una dietro l'altra.
Giada sa quanto questo sia avvilente per me. Ho bisogno di sentirmi stimolata a livello cognitivo per sentirmi bene, di tenere attivo il cervello per così dire. Leggere, prendere appunti, fare corsi di formazione, confrontarmi con altre persone sulle tematiche più svariate.
Per quanto Mattia sia un bambino sopra la media per intelligenza e capacità di apprendimento, rimane comunque un bambino di cinque anni e a volte arrivo alla sera che mi sembra di avere della gelatina al posto del cervello.
"Lo immagino" mi rinforza Giada.
Poi rimane in silenzio lasciandomi lo spazio di dire quello che ho sulla punta della lingua.
"Il fatto è che mi sono sentita in colpa tutto il tempo" ammetto "per aver lasciato solo Mattia."
"Non mi risulta tu lo abbia lasciato solo, ma con una persona fidata. Anzi, a quanto pare, anche le difficoltà che temevi ci fossero nell'addormentarlo non si sono presentate."
A questo punto le racconto della telefonata avvenuta la mattina dopo con mia madre.
"Lei la fa facile...portalo qui, dice" e l'irritazione nella mia voce è palpabile.
"Che cosa avresti voluto che ti dicesse?"
"Avrei voluto che mi dicesse: "la prossima volta chiamami e vengo io!"" ammettere la verità è liberatorio.
Giada annuisce e stiracchia il collo.
"Glielo hai detto?"
Scuoto la testa.
"Quindi tu vorresti essere aiutata in un certo modo ma non sei disposta a renderne gli altri partecipi pretendendo che lo indovinino."
No: i terapeuti non sono sempre accomodanti e gentili. Sanno essere molto pungenti.
"Nessuno, nessuno può indovinare i tuoi bisogni se sei tu la prima a negarteli."
"Neppure tua madre" aggiunge vedendo il dubbio dipingersi sul mio volto.
"Credo di essere nata con un difetto di fabbrica" dichiaro "quello della 'brava bambina' e le brave bambine non chiedono."
Alzo le spalle in segno di resa.
Giada lascia che mi sbrodoli addosso un po' di autocommiserazione.
"Sai, Sam forse è l'ora che tu ti spogli di questi panni indossati tanto a lungo. A volte, ho come la sensazione di essere sempre allo stesso punto con te. Un criceto che gira nella ruota. Vorrebbe vedere il mondo ma la ruota è troppo famigliare e comoda per abbandonarla."
Le sue parole colpiscono e affondano.
So che ha ragione.
È paradossale come ciò che più spaventa le persone che vogliono cambiare la propria vita sia il cambiamento stesso.
"Vorrei che tu facessi una cosa per me la prossima settimana."
Sono curiosa: in quasi un anno di terapia, i compiti a casa sono stati sporadici.
"Prenditi una giornata per te. Vai al cinema, al centro commerciale ... non importa. Esci da sola, con le tue amiche, con uno spasimante. Ma voglio che tu verbalizzi a tua madre l'esatta modalità in cui desideri essere aiutata nella gestione di Mattia" conclude.
Giada sta usando il mio ruolo di brava bambina a vantaggio della terapia. Le brave bambine ubbidiscono e forse così riuscirò a darmi una smossa.
Si strofina con le mani il tessuto dei jeans sopra le ginocchia e io so che quello è il segnale che indica la fine della nostra seduta.
"A mercoledì" la saluto avviandomi alla porta.

Sono al portone d'ingresso quando sento una voce chiamare il mio nome. Mi volto e mi ritrovo Marco davanti.
"Ciao Sam" mi saluta cordiale.
"Oh, ciao Marco!" rispondo con un sorriso un po' stirato.
Fare terapia è stancante.
Alcune sedute ti stropicciano e rimescolano al punto da lasciarti completamente senza forze.
"Volevo sapere come è andata poi con la coppia di giovani sposi. Ti va un caffè?"
No che non mi va, penso. Ma dire di no sarebbe scortese considerata la sua disponibilità.
Così mi ritrovo seduta nuovamente. Stavolta, su una delle sedie di legno consumato della cucina.
Mentre Marco mette su la moka, lo aggiorno sui miei due pazienti.
Dopo circa dieci minuti mi porge una tazzina fumante. Soffio e me la porto alla bocca: è una brodaglia quasi imbevibile.
"Fa schifo" dichiara lui vedendo la mia faccia che si contorce in una smorfia disgustata.
"No no..." cerco di ricompormi "è solo..."
Marco scoppia a ridere.
"Puoi dirlo che fa schifo, Sam! Non mi offendo.  Ho le spalle abbastanza grandi per sopportarlo." mi informa con tono fintamente solenne.
"In effetti, non è un granché!" replico.
"Questo sì che è un eufemismo!" ribatte."Senti che ne dici se la prossima volta ti offro un caffè come si deve?"
Mi ha colto alla sprovvista.
"Facciamo questo venerdì?"

The rainbow in my heartWhere stories live. Discover now