8. Notte (quasi) insonne

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Naomi
"Oeznik, ti disturbo?" chiesi all'uomo, mentre pilotava l'aereo.
"No, certo. Siediti" mi rispose, gentile come al solito.
Mi indicò il sedile del co-pilota, sul quale mi accomodai.
"Cosa fai sveglia a quest'ora?" mi domandò.
Gli avevo chiesto di non darmi del lei, perché mi faceva sentire vecchia e viziata.
Era tardi, in effetti: l'orologio segnava l'una e mezza di notte passata.
"Non riesco a dormire" gli risposi, alzando le spalle.
"Vuoi una tisana?" mi chiese, sorridendomi.
"No, Oeznik, grazie"
"Vai a riposarti, domani sarà una lunga giornata. Se non vai da sola chiamo il signor Zemo!" mi disse, ridendo.
"Vado, vado!" risi anche io e mi alzai.
Notai il carrellino, dove erano appoggiati i vassoi, vuoti, uno mio e di Zemo, l'altro di Sam e James. Quest'ultimo aveva lasciato il suo sedile vuoto, e si trovava in bagno. L'altro dormiva, seduto comodo sui sedili reclinabili dell'aereo del Barone. Zemo lo imitava, si era addormentato dopo aver letto un libro, uno di quelli che gli portavo io mentre era in prigione.
Lo guardai un secondo, mentre riposava.
Mi sembra molto strano riaverlo qui, mi era mancato, per molti versi.
Ho passato con lui gran parte della mia vita, e assomiglia a mio padre molto più di quello reale.
Georges Batroc non era mai stato presente nella mia vita, anche se sapeva della mia esistenza, non gli è mai importato di venirmi a trovare o di cercarmi. Non ho mai visto la sua faccia, se non in una polaroid che mia mamma teneva nel fondo di un cassetto della sua scrivania. Lei, in realtà, non ha mai saputo che io avessi trovato e visto quella foto.
So quanto soffrisse per colpa dell'uomo che aveva amato, e parlare di lui, a casa, era sempre una tragedia, quindi avevo tenuto la cosa per me, fino all'ultimo.
Bevvi un sorso d'acqua dal bicchiere sul nostro tavolino, e mi andai a sedere dietro Zemo, per avere più spazio per allungare le gambe.
Fuori dal finestrino, il cielo era scuro.
Era una notte limpida, e si potevano notare chiaramente le stelle nel cielo.
Sotto di noi, si estendeva una città con le sue tante luci. Era una bella vista, ad essere sincera.
Il rumore di passi mi mise subito sull'attenti, risvegliandomi dai miei pensieri sul panorama.
Mi voltai, quando i passi si fermarono accanto a me.
James mi stava guardando, con una parvenza di sorriso cortese sul volto.
"Posso?" mi chiese, indicando il posto davanti al mio.
Annuii, non aspettandomi una richiesta del genere.
"Grazie"
Si sedette, continuando a guardami.
Non sapevo esattamente cosa dire o fare, quindi rimasi ferma, guardando fuori dal finestrino, senza dire niente.
Quanto successo qualche ora prima mi scuoteva ancora.
Il mio sguardo cadde sulle sue mani, sempre fasciate dai guanti neri.
Lui sembrò notarlo, e alternò alcune volte lo sguardo dal mio viso alle sue mani. Si leccò le labbra, prima di stringere quello inferiore fra i denti, solo per un secondo.
"Tanto lo sai, giusto?" mi disse, piantando gli occhi azzurri nei miei.
Si sfilò il guanto destro velocemente e più lentamente, quasi ne avesse paura, tolse il sinistro.
La luce della luna illuminò il metallo nero, con delle striature dorate. Quando lo avevo incontrato la prima volta, era completamente argentato, non così. Ma lui questo non lo sapeva, o così credevo.
"È vibranio, lo conosci?" mi chiese, muovendo lentamente le dita.
"Si, Zemo mi ha detto che hai passato del tempo in Wakanda" gli dissi, riportando l'informazione data da Zemo.
Lo vidi annuire piano, mentre si girò verso il finestrino.
Il suo viso era parzialmente illuminato, e ancora una volta mi ritrovai a pensare  al suo passato, a quanto deve essere stato brutto. Neanche il mio era stato una passeggiata, ma facendo un confronto, il suo era un miliardo di volte peggio. Avrei voluto chiedergli tante cose, ma non era opportuno.

Bucky
Era impossibile non essere rapiti da ciò che si vedeva fuori dal finestrino, quindi mi fermai qualche secondo a fissare il cielo, mentre i respiri delle persone presenti nell'aereo riempivano l'aria.
"Scusa, per prima. Sai, la pistola... Non è stato carino" disse lei, e mi voltai per darle attenzione.
"So perché lo hai fatto e lo capisco. Zemo mi ha fatto perdere le staffe" le spiegai, cercando di abbozzare un sorriso; ma forse non ne uscì un granché.
Ero certo che, se al mio posto in quel momento ci fosse stato Sam, lei non avrebbe reagito così.
Avevo la completa certezza che conoscesse chi fossi, ma comunque, l'idea di spaventare ancora le persone, non mi faceva sentire bene.
Lei annuì, incastrando dietro l'orecchio una ciocca rossa.
"Non vuoi sognare di nuovo il mostro che prova a mangiarti?" le chiesi, cercando di essere un minimo simpatico e rubando quello che aveva detto Sam, prima che salissimo sull'aereo.
La vidi ridacchiare e mi sentii quasi felice di essere la causa della sua risata.
"Già, tu perché non dormi?" mi domandò lei.
"Neanche a me va di incontrare dei mostri" le risposi, sincero.
In realtà, il mostro dei miei incubi sono io, ma questo lo tenni per me.
"Dove vivi?" mi chiese lei, dopo aver annuito.
Apprezzai come cambiò argomento, per evitare di restare su una linea troppo personale.
"Ho una casa a Brooklyn, adesso. È piccola, ma mi basta. Tu invece hai sempre vissuto a Berlino?" le domandai a mia volta.
Fare conversazione con persone nuove mi era sempre sembrato difficile, ma non so bene cosa quella notte mi spinse a provarci.
"No, non sempre. Sono nata a Sokovia, poi dopo pochi anni io e mia madre ci siamo trasferite in America per il suo lavoro. Gli anni successivi sono divisi fra Sokovia e il Queens" mi spiegò.
"Come hai conosciuto Zemo?" le domandai.
"Mentre eravamo a Sokovia, mia madre aveva bisogno di qualcuno che si prendesse cura di me, mentre lei non c'era. Non avevamo parenti, e non poteva lasciare da sola una bambina di sette anni. Mia madre conobbe la moglie di Zemo, non so bene in che circostanze, che si offrì di farmi da babysitter, diciamo"
"Hai conosciuto la sua famiglia, quindi" supposi.
La sua famiglia era il motivo per cui Zemo cercava vendetta, dopo averla persa nella Battaglia di Sokovia.
Lei annuì piano, sorridendo leggermente.
"Erano fantastici, dopo averli persi Zemo era distrutto. Non è stato semplice nemmeno per me, sai, mi ero affezionata, dopo tanti anni" mi spiegò.
Rimasi attento durante la sua spiegazione, la sua voce mi attirava ed era impossibile non ascoltarla.
Era un breve riassunto della sua vita, al quale mancavano diverse parti, ma trovai stranamente piacevole parlare con lei e ascoltarla.
Improvvisamente decise di spegnere i riflettori che la illuminavano, e di puntarli su di me.
"Com'è il Wakanda?" mi chiese.
"Non si può descrivere, in realtà. È meraviglioso. Ho trovato la pace, laggiù" le dissi.
"Vorrei tanto poterci andare" mi confessò, e le sorrisi di rimando.
"Domani sarò distrutta se non dormo almeno un po'" disse, passandosi una mano sul volto.
"Si, hai ragione, meglio riposarsi" concordai: di certo il giorno dopo non ci aspettava una tranquilla passeggiata in centro come fossimo semplici turisti.
"Spero non incontrerai i tuoi mostri" le dissi, mentre mi alzavo per tornare al mio posto.
"Lo spero anche io per te, James" mi rispose e ci scambiammo un sorriso veloce.

Naomi
"Sveglia, principessa, siamo arrivati"
La voce di Zemo mi risvegliò, e lentamente aprii gli occhi.
"Ciao, Bella addormentata" disse Sam.
Lo guardai, ridendo.
"Non chiamarmi così, Sam!" gli risposi.
Mi appoggiò sul tavolo un bicchiere, dal contenuto arancione.
"Spremuta - mi disse - l'ho salvata dalle grinfie di Zemo, stava per bere anche la tua"
"Non avevo dubbi, grazie Sam"
Mi sorrise di nuovo, e io portai il bicchiere alla bocca.
Mi venne subito in mente la conversazione della notte appena passata.
Gli avevo raccontato delle cose su di me e mi ero scusata per la reazione esagerata, in quell'attimo di panico.
Avrei tanto voluto sapere se, in qualche angolo del suo cervello, si ricordasse di me, ma non avevo avuto il coraggio necessario per chiederlo. Gli avrei fatto ricordare delle cose sul suo passato, che probabilmente cercava di dimenticare.
Lo cercai con lo sguardo, e lo individuai seduto al suo posto, a leggere il suo taccuino; era una lista di nomi per fare ammenda, da quello che mi era sembrato di capire.
"Siamo arrivati, ora atterriamo" mi informò Zemo, mettendosi il suo cappotto nero.
"Dove andiamo, adesso?" gli chiesi, attirando anche l'attenzione di Sam.
"Ne sarai felice, andiamo a fare shopping!" mi rispose, sorridendomi.
Sam aggrottò le sopracciglia, e notai anche James alzare lo sguardo verso il Barone.
"Ci servono dei vestiti per stasera. O meglio, vi servono" spiegò, mentre si appiattiva i capelli con la mano.

The Border / Bucky Barnes Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora