16. Delacroix

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Tre giorni dopo
"Dove andrai, adesso?" mi chiese la moglie di Oeznik, mentre mi infilavo il giubbotto di pelle, in piedi accanto alla porta.
"Umh, non lo so, in realtà. Inizio con l'andare all'aeroporto, poi vedrò. Magari nel tragitto mi viene un'illuminazione" le risposi.
"Sta attenta, mi raccomando" mi disse lei, abbracciandomi. Ricambiai velocemente con un braccio, mentre con l'altro stringevo il borsone con i miei vestiti;  e uscì da quella che, per tanto tempo, è stata la mia casa.
Oeznik mi accompagnò all'aeroporto, e il tragitto fu riempito dai ricordi più divertenti che avevamo insieme.
Quando arrivammo, si fermò nel parcheggio, ed entrambi scendemmo dal veicolo.
"Riportala a casa intera" dissi ad Oeznik, mentre prendevo la mia borsa dal bagagliaio.
"Certo, la rimetto al suo posto in garage. Aspetterà solo te" mi rispose, battendo due volte la mano sul cofano della mia decappottabile rossa.
"Bene, vado" dissi, cercando di tenere fermi i capelli, che si muovevano in tutte le direzioni per colpa del vento.
L'anziano mi strinse in un abbraccio, che prontamente ricambiai.
"Buona fortuna, per tutto" mi disse, e sorrisi per la sua grande dolcezza.
Mi allontanai, e dopo essermi incamminata, mi voltai per salutarlo nuovamente con la mano.
Ero rimasta tre giorni a Berlino, per riposare dopo gli ultimi avvenimenti.
Erano stati giorni tranquilli, senza complicazioni. Anche se, il pensiero di Karli mi attanagliava spesso. Nessuna notizia dei Flag Smashers, sembravano spariti nel buio. Nessuna rapina, nessuna esplosione, nessun avvistamento. Silenzio totale.
Nessuna notizia nemmeno da Bucky, inoltre. Avevo provato a chiamarlo, in realtà; ma non rispose, e non volevo disturbarlo nuovamente.
D'altro canto, avevo sentito Sam tutti i giorni. Era stato lui, a telefonarmi la prima volta, ed io ricambiai il giorno successivo, e lui quello dopo ancora.
Oggi, quindi, sarebbe toccato a me richiamarlo. Mi appuntai mentalmente di farlo prima di prendere il mio volo.
Quando entrai, mi diressi subito al tabellone dei voli, per individuare il primo aereo per New York.
Volevo tornare nel Queens, per vedere se avesse ancora qualcosa da offrirmi.
Fortunatamente, il primo volo sarebbe partito dopo un'ora, e c'erano ancora dei posti liberi. Mi avvicinai all'apposito luogo per comprare un biglietto, quando la suoneria del mio cellulare riecheggiò nell'aria.
Era Sam, che mi aveva battuta sul tempo. Mi preoccupai, per questa telefonata improvvisa che spezzava l'ordine che avevamo creato.
"Sam, è successo qualcosa?" dissi, come prima battuta, rispondendo al telefono.
"Ciao anche a te! No, non è successo nulla. Lo so che sarebbe toccato a te telefonare, però mi hai detto che oggi saresti partita, volevo assicurarmi fosse tutto okay" spiegò.
"Ah, okay. Pensavo Karli avesse combinato qualcosa!" dissi.
"Non ancora. Per ora, tutto tace - rispose - Sei già partita?"
"No, sono in aeroporto. Stavo per comprare un biglietto per New York" dissi io, sedendomi su una delle panchine blu, vicino al muro.
"Posso proporti una destinazione alternativa?" chiese nuovamente.
"Mmh, dimmi" dissi, curiosa.
"Delacroix, Louisiana. Mia sorella vuole conoscerti, resta un po' qui con noi"
La proposta mi lascio senza parole.
"Non lo so, Sam" dissi dopo qualche secondo, aggrottando le sopracciglia.
"Non discutere!" esclamò.
"Ne sei sicuro?" domandai, incerta.
"Si! Passa a trovarci, perlomeno. Tanto non penso tu abbia molto da fare, a New York" insistette ed io sbuffai divertita.
"D'accordo, Sam, vengo" mi arresi.
"Perfetto! Ti vengo a prendere in aeroporto, chiamami quando stai per arrivare" rispose.
Potevo percepire il suo sorriso dal tono di voce. Sorrisi anche io, sinceramente felice. Forse, per la prima volta in vita mia, avevo un amico.

"Stavo iniziando a pensare che mi avessi abbandonata qui!" dissi, alzando la voce, per far sì che giungesse fino a Sam, qualche metro distante da me, fra i brusii e i tipici rumori di un aeroporto. Lo vidi ridere, e spalancare le braccia mentre mi si avvicinava.
Quando fummo sufficientemente vicini, ci abbracciamo rapidamente.
"Non lo farei mai! In più, mia sorella è così impaziente di conoscerti che mi ucciderebbe!" rispose lui.
Fui felice di risentire la sua voce dal vivo, e non dal mio cellulare.
Risi per la sua risposta, mentre mi sistemavo meglio il borsone sulla spalla. Sam mi anticipò e afferrò il manico della valigia, decidendo autonomamente che l'avrebbe portata lui. Non mi opposi, sapevo che sarebbe stata una battaglia persa.
"Grazie" dissi, con un sorriso che prontamente venne ricambiato.
Quando afferrò il telefono per rispondere ad un messaggio, mi chiesi se avesse sentito, almeno lui, Bucky. Ragionai se chiederlo mi facesse risultare una ragazzina disperata, mentre digitava velocemente qualcosa sulla tastiera; dopodiché spense l'aggeggio per riporlo nella tasca posteriore dei jeans scuri. Abbandonai l'idea, per quel momento.
"Ho avvisato Sarah che stiamo arrivando" mi informò, ed io annuì silenziosamente con il capo.
Oltrepassammo l'uscita, e mi feci guidare da Sam verso il suo pick up grigio, parcheggiato non troppo lontano da noi.
Aprii la portiera, e mi lasciai cadere sul morbido sedile nero. Dopo aver lasciato la mia valigia nel retro, mi raggiunse e accese il motore. Contemporaneamente mettemmo la cintura, e risi divertita quando i nostri gomiti si scontrarono nel tentativo di allacciare il gancio.

The Border / Bucky Barnes Where stories live. Discover now