19. Pace con il passato

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Naomi
Riaprii gli occhi lentamente, quando la luce del sole iniziava ad infastidirmi. Buttai un occhio al mio telefono sul comodino e toccai lo schermo con un dito, per controllare l'ora. Erano le sette, passate da poco.
Mi chiesi subito dove fosse Bucky, perché non sentivo nessun rumore.
Mi scostai le coperte di dosso e mi affacciai dalla porta della stanza.
"Bucky?" chiesi.
Quando non ottenni risposta, ottenni la conferma che la casa era vuota.
Andai in cucina e mi diressi verso il frigo, lo aprii e afferrai una bottiglia d'acqua. Era quasi finita, perciò svitai il tappo e bevvi a canna.
La sedia accanto alla penisola era tornata sola, la giacca di Bucky non era più appoggiata sullo schienale.
Subito dopo andai in bagno, e mi lavai il viso, per poi liberare i capelli dalla treccia che avevo fatto per la notte. Pettinai i capelli con le mani, passandoci le dita attraverso, e allargai i boccoli. Quando tornai in cucina, in cerca di qualcosa di commestibile per riempire il mio stomaco che brontolava, notai che, sulla penisola, c'era un foglio che fino a ieri sera non c'era. Mi avvicinai, appoggiando una mano sulla superficie e afferrando il biglietto con la destra. Lo portai più vicino al viso, per leggere meglio: era un biglietto bianco, con una scritta nera. Era scritto in stampatello maiuscolo, con una calligrafia ordinata e pulita, e recitava "Sono uscito a prendere la colazione, torno presto. -B".
Sorrisi istintivamente e bloccai una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Rimisi il foglio al suo posto e tornai in camera per cercare una canotta, una tuta ed un paio di calzini, per non stare scalza. Approfittai della solitudine per togliere la maglia grigia, che usavo come pigiama, prima di arrivare in bagno. Iniziai a far scorrere l'acqua dal doccino per farla arrivare calda, mentre legavo la mia chioma in un morbido chignon, per evitare di bagnare i capelli. Successivamente entrai nella doccia, e permisi ai miei muscoli di rilassarsi sotto al getto caldo. Dopo qualche minuto iniziai a strofinare la pelle con le mani piene del bagnoschiuma di Bucky. Quando i miei polpastrelli accarezzarono la cicatrice, mi si bloccò il respiro in gola. Se un mese fa qualcuno mi avesse detto che sarei stata nuda, nel bagno di chi mi ha provocato quella ferita, gli sarei scoppiata a ridere in faccia; ma invece ora eccomi qua. Nuda, nel bagno di chi mi ha provocato quella ferita. Per non parlare del fatto che mi stavo lentamente innamorando di lui. Otto anni fa, i suoi occhi erano vuoti, spenti e anonimi, e li avevo sognati per diverse notti, svegliandomi in un bagno di sudore; ma un mese fa ho incontrato un uomo diverso. E quegli occhi, ora mi perseguitano di nuovo, ma non mi fanno più paura.
Il dolore che ha provocato a tutte quelle persone se lo porta dentro, ed ora vuole cercare di rimediare. Voleva iniziare oggi, e come mi aveva detto ieri, mi voleva al suo fianco. Come posso accompagnarlo facendo parte delle persone che ha ferito, senza dirglielo?, pensavo.
D'altra parte, avevo il timore che si allontanasse, scoprendolo. Che si sentisse in colpa, che peggiorasse il suo stato d'animo. Però, essere onesta con le persone che amo é stata sempre una mia prerogativa, quindi decisi che, entro quella stessa sera, avrei raccontato a Bucky del nostro primo vero incontro.

"Allora? È buono?" mi chiese, mentre bevevo dal bicchiere di carta.
Era tornato da poco, con un bottino di due cappuccini, due brioche e della frutta, prugne e mele.
"Molto, grazie. Però potevi svegliarmi, sarei venuta con te" 
Posai il bicchiere accanto al suo e afferrai il sacchetto bianco per prendere il mio cornetto, quando sentii Bucky ridacchiare.
"Che c'è?" chiesi, non capendone il motivo.
Si sporse in avanti e, dopo aver posato una mano sulla mia guancia, posò le labbra sull'angolo destro della mia bocca, ed io chiusi gli occhi d'istinto. Sentii, subito dopo,  la sua lingua accarezzarmi lentamente, e trattenni il fiato tutto il tempo. Solo quando si allontanò, permisi all'aria di entrare nelle mie narici.
"Eri sporca di schiuma" mi disse, tornando al suo posto.
Sbattei gli occhi un paio di volte, per riprendermi completamente, prima di ringraziarlo.
"E comunque no, preferivo lasciarti riposare" concluse, prima di alzarsi. Buttò nel cestino il suo bicchiere vuoto, e poi appoggiò le mani sul piano cottura, voltandosi verso di me, mentre bevevo l'ultimo sorso del cappuccino.
"Ho chiamato Sam, per sapere se ci sono novità" incrociò le braccia al petto, e contemporaneamente io mi alzai per cestinare il bicchiere.
"E?" lo incentivai, mentre mi piazzai di fronte a lui.
"Niente, per ora. Ha messo Torres al lavoro per tenerci informati. Appena ci saranno novità, lo sapremo da lui. Quindi, giorno libero da Karli"
Sciolse l'intreccio delle braccia per afferrare una mia mano.
"Vuoi ancora fare quello per cui siamo venuti?" domandai, con la testa leggermente piegata da un lato.
"Si, voglio farlo" rispose, con la determinazione che riempiva i suoi occhi, ed io annuii con la testa.
Lasciò la mia mano e afferrò la sua giacca, e dopo qualche secondo, tirò fuori dalla tasca il taccuino bordeaux di Steve e lo aprí in una pagina specifica. Si sedette sul divano e lo raggiunsi subito, sedendomi sul bracciolo alla sua sinistra e appoggiandogli una mano sulla spalla. Potevo sentire l'esatto punto in cui la pelle lasciava il posto al vibranio. Rostov, Hauser, Zemo, Sari, Kaminski, Nakajima, Akiyama e altre due dozzine di nomi erano scritti nelle righe del quaderno e quello di Zemo era l'unico cancellato, come aveva detto lui stesso di aver depennato.
"Da chi vuoi iniziare?" gli domandai, spostando lo sguardo su di lui.
Spostó un indice su uno e dei nomi, ed io annuii, anche se non lo conoscevo. Non ci fu bisogno di chiederlo, perché iniziò a raccontare, con lo sguardo fisso sul pavimento.
"Gli ho fatto del male indirettamente. Io ho... - sospirò - ho ucciso suo figlio. Lavorava in una società di consulenze e si è trovato faccia a faccia con me, per sbaglio. Mi ha visto uccidere e quindi ho ucciso anche lui. Ho conosciuto Yori, suo padre, per caso, e siamo diventati amici. Ha anche tentato di organizzarmi un appuntamento con quella del ristorante; é un brav'uomo ed io non posso più sopportare questo peso. Lui soffre così tanto da quando io gli ho portato via suo figlio e ... "
Scesi dal bracciolo di scatto e mi inginocchiai davanti a lui, appoggiando le mani sulle sue ginocchia.
"Okay, okay, Bucky, basta. Non é colpa tua, niente di tutto questo lo è. Pensa a cosa stai facendo ora, a chi sei adesso. È l'unica cosa che conta"
Quando prese la parola, puntó i suoi occhi nei miei e si sporse in avanti.
"Una parte di me sarà sempre il Soldato d'Inverno. Quando sogno, significa che ricordo e, quindi, vuol dire che una parte di me sarà sempre bloccata lì"
Mi avvicinai quando basta per appoggiare la mia fronte contro la sua e gli avvolsi le guance con entrambe le mani.
"Tu non sei quello che ti è stato fatto, Bucky. I ricordi forse rimarranno, ma non hai avuto scelta. Per quanto sia diverso, anche io ho fatto cose di cui mi pento, ma l'importante è come si reagisce, come si va avanti. E tu lo stai facendo benissimo: stai usando la tua forza, la tua velocità e tutte le qualità del siero per fare del bene, hai lottato contro Thanos, contro i Flag Smashers ed ora stai affrontando il tuo passato. Sei coraggioso, Bucky. Sii fiero di te, e se non riesci, ricordati che c'è chi lo è, come Sam, me e sicuramente anche Steve"
Vidi i suoi occhi luccicare e un attimo dopo mi ritrovai in piedi, stretta fra le sue braccia.
Penso di dovermi ancora abituare a questa forza, pensai.
Con il braccio di vibranio mi cingeva i fianchi,  mentre l'altro attraversava la mia schiena; aveva la testa nascosta nel mio collo, fra i capelli, e mi stringeva forte, senza però farmi male. Si allontanò dopo una dozzina di secondi.
"Tu, tu sei fantastica"
Gli lasciai un bacio leggero sulle labbra, mentre sorridevo.

The Border / Bucky Barnes Where stories live. Discover now