7. Ragazze vincenti

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Lunedì mattina mi alzò dal letto, mi vesto, mangio e salgo sull'autobus per puro miracolo.
Credo di aver compiuto ogni movimento in automatico, a memoria.
Avrò dormito giusto quattro o cinque ore questa notte e dopo la lunga domenica che ho trascorso non bastano per niente.

La mattina presto siamo andati al mare e al contrario di quanto mi ero prefissata, non ho passato un solo attimo stesa sul lettino.
Con Manuel e Lyana al mio fianco, abbiamo passeggiato tra le spiagge, fatto bagni interminabili, giocato a beach volley, incontrato Giulio e Daniele, Ambra e Marika e tutti gli altri amici in pineta, accompagnato mio fratello dal bagnino perché è stato punto da una medusa (i nostri genitori erano andati a fare una passeggiata e lui stava con noi) e spiato da lontano Roberto con i suoi amici al bar della spiaggia a fianco alla nostra.

Tornata a casa ho avuto giusto il tempo di lavarmi e sistemarmi per uscire a cena con i miei zii (quelli veri): zia Manuela, sorella di mia madre e zio Tiziano, con la ricciuta e pestifera Mia, la mia cuginetta che ha la stessa età di mio fratello.

Dopo cena (con la pizza!!) siamo andati in un parco divertimenti, fino all'una di notte.
A mezzanotte però ricevo un messaggio da parte di Daniele.

Non sei uscita oggi

Sono uscita
con i miei. Perché,
ti sono mancata?


Come una spina
nel fianco!
Volevo mostrarti
una cosa

Invia foto


E' il suo disegno dell'asilo, sul compagno o compagna che gli sarebbe mancato.
C'è una bambina e sotto il mio nome, GINNY, scritto da lui.
Sorrido, contenta, e d'istinto invio un grosso cuore rosso.

Ed ero io quella che non sapeva disegnare?
Non ci fosse il nome
scritto sotto non si capirebbe nemmeno
che e'una bambina!


Ma zitta!
È un opera d'arte!

Abbiamo continuato a scriverci per tutta la notte, prendendoci in giro e promettendo vendetta il giorno successivo con la sfida del lunedì.

Ma non so quanto potremo mai sfidarci in questo stato. Anche lui mi pare messo male: sta dormendo sulla spalla di Riccardo con il cappello che gli nasconde il viso.
Anche io mi calo il cappello sulla faccia e poggiata sul finestrino, chiudo gli occhi.

Quando scendiamo dell'autobus, al Campo Base, Roberto, Matteo, Federica e Camilla ci aspettano fuori, vicino a un grande e contorto albero di ulivo.
C'è un lungo tavolo con una coperta scura che nasconde qualcosa.

Roberto non ha bisogno del suo solito fischio per richiamarci al silenzio. Svogliati e depressi, sbadigliando, aspettiamo.
"La sfida di oggi è..." comincia Federica prendendo un lembo di quella coperta "Paintball!" annuncia, scoprendo l'attrezzatura.

Le nostre espressioni di entusiasmo, facciali e vocali, esplodono nel silenzio sonnacchioso che fino a quel momento era stato protagonista.

"Qui dietro abbiamo sistemato il percorso" inizia a spiegare Federica ad alta voce "Divisi in squadre come al solito, l'obiettivo è proteggere il capitano. Quando il capitano della squadra viene colpito, e privato della bandiera, la partita finisce. Ognuno, prima di essere eliminato, deve essere colpito tre volte" spiega.

Non sto più nella pelle: sarà super divertente. Ogni traccia di sonno scompare per magia.

Sfiliamo davanti a Matteo e Federica a recuperare le buste con l'occorrente.
"Non rompete niente mi raccomando, dobbiamo restituire tutto" dice Matteo e quando mi consegna la busta mi porge anche un pezzo di stoffa rosa, la bandiera "A te, capitano" sorride.
Corriamo a lasciare gli zaini e a cambiarci: maschera, pettorina che protegge petto e schiena, guanti, paracollo, ginocchiere e un marcatore (cioè il fucile) con 120 colpi, costituiscono l'attrezzatura.

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