07. Raven Parker è sempre stata un problema

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Cage the elephant – Cigarette daydreams
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Tiro un calcio al pallone del figlio dei vicini, che casualmente è finito di nuovo nel nostro giardino, e lo rimando dall’altra parte della staccionata.

«La prossima volta te lo sgonfio», minaccio a denti stretti mentre avanzo a passo deciso verso il portico. La luce della lampada che pende dalle travi di legno traballa e il latrato feroce di un cane, nascosto in chissà quale parte oscura del quartiere, per poco non mi fa venire un attacco di cuore.

Apro la porta e, una volta dentro, la chiudo con un colpo di tallone. Stringo i sacchetti di carta tra le braccia e mi addentro in cucina, canticchiando a bassa voce il motivetto di una canzone di cui non ne conosco neanche il titolo.

Le note muoiono una dopo l’altra sulla mia lingua non appena i miei occhi incrociano quelli dei miei fratelli. Mallory e Azriel sono seduti uno di fronte all’altro. Il mio gemello ha il gomito puntellato sul tavolo, la guancia schiacciata contro il palmo. Mallory, invece, ha la schiena dritta e le sue perfette onde dorate adesso sono un groviglio confuso di ciocche raccolte in cima alla testa.

Vedendomi entrare, Azriel scatta in piedi, rigido come una sentinella. «Dove sei stata?», dice quasi in tono d’accusa.

«Un po’ di là, un po’ di qua», mi stringo nelle spalle e cerco di non rivelare troppi dettagli di questa serata disastrosa. Ci sono un sacco di cose che vorrei dimenticare in questo momento.

Azriel mi guarda con un cipiglio, poi allunga le mani e prende i sacchetti che sorreggo goffamente con un braccio. «C’è un buon profumino qui dentro», estrae il contenuto e lo appoggia sul tavolo.

«Ho portato la cena», annuncio con un sorriso allegro. «Mi sono fermata da Chipotle e ho ordinato alcune cose deliziose». Il mio stomaco brontola in tutta risposta.

Mallory sorride, gli occhi traboccanti di gratitudine. «Sto morendo di fame! Grazie, Rav». È stata più veloce di me. Si è tolta di dosso quel vestitino tanto bello quanto scomodo e si è infilata in una tuta rosa sgualcita.

Mentre Azriel distribuisce le porzioni in modo equo, io osservo con circospezione il quarto posto vacante a tavola.

Istintivamente rivolgo lo sguardo verso il corridoio semi illuminato. Mi aspetto di sentire i passi svelti di Peter mentre scende le scale e salta, come di consueto, gli ultimi due gradini. Mi aspetto di sentire la sua voce stonata o le battute familiari di Friends che recita ormai a memoria.

E invece il silenzio fa da padrone al piano di sopra.

«Peter?», chiedo, guardando i miei fratelli mentre lo scetticismo mi adombra gli occhi.

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