Prologo

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C'è stato un tempo in cui ho amato viaggiare in treno. Credevo che le stazioni avessero un qualcosa di romantico, come si vedeva nei vecchi film. Amavo il chiasso, il disordine delle persone, dover fare lo slalom tra di loro per non perdere l'ultimo passante, la fatica della corsa. Amavo la sensazione della pelle nuda contro i sedili consumati, l'odore di piscio e di sudore che alleggiava nel vagone, l'umana presenza di vita. Mi piaceva osservare le persone, immaginare chi fossero, dove stessero andando, cosa facessero nella vita, con chi scopassero. Amavo sentirmi un nessuno, esattamente come lo erano tutti loro per me. Persone che non avrei più rivisto, che non avrei mai conosciuto e che sarebbero rimaste tali per sempre.

Eppure, ora che mi trovo nella business class di un Frecciarossa, mi rendo conto di quanto sia invecchiato in questi anni. Provo a ricordare l'ultima volta che ho preso un treno. Ricordo che avevo all'incirca vent'anni, un divorzio in meno sulle spalle e molta più voglia di vivere di quanta ne abbia in questo momento. Ricordo che avevo lei al mio fianco. Quel giorno prendemmo il primo treno in partenza, non sapendo dove stesse andando. Faceva particolarmente caldo, nonostante fosse solo marzo. Lei aveva appena saputo di essere stata bocciata in un esame, io l'avevo passato col massimo dei voti.

Ricordo anche il giorno in cui la persi. Ma solo ora che non ho più vent'anni e che non ho più lei al mio fianco, mi rendo conto che è stato a partire da quel giorno che ho iniziato a non provare più alcun interesse per le cose e per le persone.

- Mi scusi, ha finito di leggerlo? – mi domanda quello seduto di fronte a me.

- Certo. – gli rispondo, passandogli la mia copia del Corriere della Sera. È un uomo sulla trentina, con un fastidioso accento meridionale e l'aria di uno che ha l'account premium di Youporn.

- Grazie mille, - mi dice, - Adoro fare il Sudoku, ma oggi non sono riuscito a comprare il giornale. Fortunatamente l'ho incontrata. -. Mi sorride.

- Beh, buon per lei. – rispondo, tornado a guardare fuori dal finestrino. E mentre con noncuranza guardo paesaggi che presto dimenticherò sfrecciarmi davanti, ripenso a tutte le volte in cui non sono stato sicuro di qualcosa. Mi domando se mollare l'affare Seul per prendere questo maledetto treno si stata la scelta giusta. Non ho avuto molto tempo per prendere una decisione a riguardo, e ripensandoci, a posteriori, forse avrei dovuto gestire meglio la situazione. Ma ero sotto shock, ho lasciato che il cuore parlasse al posto del cervello, ho dovuto reagire d'istinto e prendere una decisione. Ho detto a Céline di annullare tutti gli impegni in agenda e di prenotare il primo volo per Roma. E' un'ottima assistente, ma certe volte vorrei fosse anche una buona amica.

- Mi spiace, Signor Danesi, ma non sono previsti voli per Roma oggi. C'è tuttavia un Frecciarossa che parte questo pomeriggio. -.

- Prendimi un biglietto in business class, parto subito. Se qualcuno dovesse cercarmi, dì loro che sarò irreperibile per un paio di giorni. -.

Tempo di chiamare un taxi, mandare un mail di scuse e mi ritrovo in stazione. E pensare che è bastata una sola telefonata per mandare all'aria settimane di trattative con i coreani. Una telefonata che non mi sarei mai aspettato di ricevere, da una persona che non pensavo m'avrebbe mai più chiamato. Quando Céline mi disse che una donna mi stava cercando, non avrei mai immaginato che potesse trattarsi proprio di lei.

- Sono Danesi, mi dica. – avevo risposto.

- Andrea, sono io. –. Smisi di fare qualunque cosa stessi facendo. Mi bastò sentire quella voce per chi capire con chi stessi parlando. Nonostante fossero passati così tanti anni, fu come se nulla fosse cambiato, nemmeno lei.

- Non credevo ci saremmo sentiti ancora. -.

- Neanche io, ma le circostanze sono cambiate. –. Sentii una certa angoscia nella sua voce. Capii che non stava per darmi delle belle notizie.

- Cos'è successo? -.

- E' per mia sorella, Andrea. –. Fece una pausa piuttosto lunga. Immaginai che si stesse accendendo una sigaretta, esattamente come faceva ogni volta che era particolarmente tesa.

- E' morta due giorni fa. – disse soltanto. A quel punto non seppi più cosa dire e per diversi minuti ci fu solo silenzio.

- Ci sei ancora? -.

- Sì, scusami. Tu come stai? -.

- Senti, so che non te ne frega un cazzo di come sto. Ti ho chiamato soltanto per dirti che il funerale è domani mattina. -.

- Prendo il primo volo e arrivo. Dove siete? -.

- Roma. -. Riagganciò prima che potessi dire altro.

Ed ora eccomi qua, senza valigia, senza cambio per la notte, senza sapere quello che sto facendo, con un masturbatore seriale come compagno di viaggio.

Attraverso il vetro del finestrino, vedo il riflesso del mio volto e lo sguardo colpevole di un uomo che sa di aver mandato a puttane la propria felicità per una vita misera. Gli occhi di un uomo a cui non rimangono altro che i ricordi.

La bellezza nascostaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora