3. Cambiamenti

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Vederla andar via mi procurò una fitta al cuore. Sarei rimasto ore ad osservarla leggere quel suo libro francese coi bordi consumati e le annotazioni scritte in matita a piè di pagina. M'accesi una sigaretta continuando a pensare a quei due occhi color del miele.

La vibrazione del cellulare mi riportò alla realtà: Riccardo, l'unica persona al mondo che potevo considerare mio amico, m'aveva scritto un messaggio.

07:36

Buongiorno principessa!

Finalmente oggi è il gran giorno. Incontriamoci

per 8:15 a Porta Romana, così facciamo la

strada insieme.

Lessi il messaggio senza rispondergli, sapendo per certo che non se la sarebbe presa.

Il rapporto d'amicizia che legava un cinico bastardo come me e Riccardo Cortesi risaliva a molti anni prima. Entrambi figli di una generazione che ormai s'affacciava al nuovo millennio, ci incontrammo per la prima volta nel parco giochi di una scuola materna della periferia cittadina. L'aria era pregna dell'odore della terra smossa, il sole batteva forte in quel pomeriggio di maggio e le api ronzavano di fiore in fiore. M'ero sbucciato un ginocchio inciampando nella radice di un albero mentre stavo correndo. Un piccolo Riccardo Cortesi, incuriosito dalle mie strazianti urla di dolore, si era avvicinato. Essendo un anno più grande di me, stava in un'altra classe.

- Non preoccuparti, - mi disse – andrà tutto bene. -.

- Ma fa male! -.

- Lo so, ma adesso ci sono io con te. –.

A quel punto mi prese per mano e mi portò in infermeria, dove venni medicato con cura da una maestra. Da quel giorno in poi fummo inseparabili. Lui iniziò a prendersi cura di me e in poco tempo divenne il fratello maggiore che non avevo mai avuto. Fu con Riccardo che fumai la mia prima sigaretta e fu con lui che guardai il mio primo film porno. Fu Riccardo a procurarsi la prima canna che fumai, comprando un po' di erba da un senegalese.

Crescendo tuttavia, capimmo di essere due persone profondamente diverse. Non ne parlammo mai, forse perché quello che ci teneva uniti era molto più forte di ciò che ci avrebbe potuto dividere. Ma le contraddizioni erano evidenti. Riccardo era un tipo socievole, capace di far amicizia con tutti e che fondamentalmente piaceva a tutti. Un ragazzo di bella presenza che non aveva mai faticato per ottenere ciò che voleva. Per lui era sempre stato tutto facile: figlio di un avvocato della piccola media borghesia, era da sempre stato viziato e abituato a chiedere il meglio. Io invece, ero uno a cui piaceva stare da solo a pensare. Non mi divertivano le cose che facevano Riccardo e gli altri ragazzi con cui uscivamo. Non mi diverta stare tra la gente. Mi annoiavo, semplicemente mi annoiavo. Non capivo come loro invece riuscissero ad essere così spontanei, soprattutto Riccardo. E c'è stato un tempo in cui ero geloso di lui, della sua semplicità, della sua non consapevolezza, del suo successo. Mi chiedevo perché non fossi come lui, che cosa ci fosse di sbagliato in me. Ma col passare del tempo mi resi conto che non sarei mai stato disposto a cambiare. Capii che non sarei mai diventato come lui, e ciò mi rassicurò. Cambiare per cercare di piacere alle persone è come una gara di apnea: vince chi resta più tempo sott'acqua, ma prima o poi tutti dovranno riprendere fiato.

Ma nonostante tutto, nonostante tutte le incongruenze e le differenze, dopo tutti i tentativi che feci per cercare di essere una persone che non ero, quell'estate, dopo svariati gin-lemon, io e Riccardo ci promettemmo che saremmo stati amici per sempre.

Pensai a lui mentre scesi in metropolitana. Avevamo passato tutta la nostra esistenza insieme, dall'asilo al liceo, ma quel giorno i cambiamenti sarebbero finalmente arrivati.

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