Nella stazione radio

40 10 2
                                    

Era piena notte quando Sebastian esausto depose l'ago e il filo che aveva usato per richiudere il profondo taglio di Federica, deglutendo per mandare indietro la bile di vomito che aveva in gola. Aveva riempito la cavità di garze per cercare di assorbire l'emorragia, ma in un'ambiente non sterile, senza antibiotici la probabilità di riuscita erano molto basse. L'unico vantaggio era che Federica era rimasta incosciente per tutto il tempo. Sebastian aveva preferito che nessuno rimanesse con lui in quella stanza. Si sentiva troppo sotto accusa a leggere la preoccupazione negli occhi di tutti. Sentì la fronte calda di Federica e sospirò. L'orologio digitale davanti a lui segnava le 3:57. Il fianco e la schiena gli lanciavano fitte ma sembrava non fossero che lividi e botte. Tornò nella sala. Gli altri tre erano al tavolo davanti a quel raccoglitore, lo guardavano in silenzio. Si sedette accanto a loro esausto.

-Come va il collo Helene? - ruppe gli indugi Sebastian.

-Ha smesso di sanguinare, grazie - sorrise Helene.

-Come sta Federica? – chiese Rachel mentre ripassava il dito sui segni che aveva fatto poche ore prima su quello stesso raccoglitore.

-È viva per ora, ma ha la febbre e non ho antibiotici qui- sospirò solo Sebastian. Si sdraiò sul tavolo esausto. Michele fissava quel raccoglitore anche se il suo sguardo sembrava perso.

-Abbiamo lanciato un'analisi della tempesta- disse quindi Rachel. Sebastian rizzò la testa stupito.

-Il generatore ha tenuto nonostante la scarica? - chiese stupito.

-Così pare, è diversi metri sotto terra in una gabbia di Faraday- gli ricordò Rachel.

Helene li guardò stupiti. -Mai provato ad arrostire un canarino? – rise Sebastian. Helene scosse la testa imbarazzata. Michele sospirò e aggiunse: -mi rifiuto- sbuffò. Rachel lo guardò male, poi si rivolse ad Helene e spiegò: - è solo una gabbia di barre metalliche opportunamente distanziate tra loro in grado di isolare l'ambiente interno da qualunque campo elettromagnetico- spiegò infine.

-Anche noi siamo vivi probabilmente per lo stesso motivo. – sospirò Sebastian. - La corrente elettrica segue sempre il percorso a minore resistenza, in presenza di condutture metalliche, i fulmini si scaricano a terra seguendo il metallo che agisce da parafulmine. Pensa al pulmino – aggiunse poi. Michele invece lo guardò di traverso: - tu non eri nel furgoncino- obbiettò.

-forse il fulmine non mi ha colpito direttamente- ipotizzò Sebastian. Si sentiva già abbastanza miracolato senza dover mettere tutti i puntini sulle i.

La console cominciò a lampeggiare. Si voltarono indecisi. Sebastian precedette gli altri e aprì l'analisi. Spalancò gli occhi. -Non può essere- disse soltanto.

-Non l'abbiamo lanciata con Sphere- chiese Rachel. -Questa analisi è di MAGNET– aggiunse estasiata.

Michele squadrò i numeri e cominciò a ridere. Helene lo guardava aggrottando la fronte.

-se togli l'impossibile ciò che rimane, per quanto improbabile, dev'essere la verità. – disse infine con fare profetico. Rachel allargò gli occhi stupita. -E questo chi sarebbe? Einstein? – gli chiese lei.

-No, Sherlock Holmes- aggiunse. Li lasciò alla console, si sedette sul tavolo e continuò a ridere e ridere e ridere fino alle lacrime. – Dobbiamo preoccuparci della tua botta in testa? - fece Sebastian.

-Sicuro di sentirti bene? – chiese Rachel mettendogli una mano sulla spalla. Lui la guardò in cagnesco all'improvviso e aggiunse: -Carica le previsioni di SPHERE- aggiunse. Sebastian si voltò verso Helene poi verso di lui. Poi eseguì quanto richiesto. Michele non li stava nemmeno guardando fissava il raccoglitore.

-Dovremmo ridare tutti indietro la laurea qui dentro- disse arrabbiato e scaraventò il raccoglitore giù dal tavolo. -100 sensori fuori uso, come ho potuto essere così stupido. - Si picchiava in testa e continuava a parlare da solo. Helene e Sebastian invece guardavano le curve di varianza di MAGNET e SPHERE increduli. Andavano di pari passo seguivano l'una l'altra come due serpenti che si accarezzassero la pelle e lo stesso brivido trapassò anche la schiena di Rachel. -Abbiamo escluso i sensori difettosi, ma non erano difettosi, proprio per niente- Michele batté il pugno sul tavolo. -se li avessimo inclusi avremmo saputo la verità-

-Quindi SPHERE ...- tentò solo di dire Helene. -Quindi SPHERE funziona e ci aveva avvertito di questo pandemonio dal 4 di aprile, dalla tempesta solare- disse Rachel, poi franò sulla sedia di fronte a Michele. Fece sparire la faccia sul tavolo e pianse.

-Mi dispiace, Helene, so che, dirlo adesso ha poco senso, ma mi dispiace tanto- esordì Rachel.

-Tu non dovresti essere qui e nemmeno Federica - riuscì solo a dire lei prima di scoppiare a piangere.

-Federica non sarà l'unica- aggiunse lapidario Michele.

-Quante persone abbiamo ucciso? Quante persone potevamo salvare? – sospirò Rachel piantando verso Helene i suoi dolci occhi castani e il volto scosso da fremiti. Helene rimase impietrita. Quindi non aveva sbagliato lei? Non si sentiva molto contenta lo stesso. Forse avevano sbagliato tutti. E se Federica l'avesse saputo?

-Io non saprei come avremmo potuto salvarli- ammise Sebastian.

-Avremmo dovuto studiare il tutto per tutto dal 4 ad oggi- aggiunse Michele.

-Speravo che a fare il fisico non avrei mai tenuto in mano la vita delle persone- ammise Sebastian abbassando le spalle. -È una responsabilità che qualcuno si deve prendere- annuì Rachel.

-Possiamo farlo ora, possiamo studiare ora quello che è successo- tentò Helene.

Sebastian la guardò e sorrise, quasi commosso dal suo tentativo, poi aggiunse: - non credo che al CERN vorranno vedere altro che le nostre dimissioni. – aggiunse.

-Non è così semplice, Sebastian, Helene ha ragione- disse Michele. Lei fu la prima a guardarlo stupita. Michele si riavvicinò ai monitor e indicò diversi valori. -Un campo magnetico del genere, guarda bene i valori, sta cambiando qualcosa di grosso a livello del campo magnetico terrestre, ma non credo sia ancora cambiato, non credo sia ancora stabile per lo meno - disse Michele avvicinandosi di nuovo ai monitor.

-Vuoi dire che non è ancora finita? - chiese Rachel allarmata.

-Temo abbia ragione- disse Sebastian scorrendo in avanti le curve.

-Riabilitate tutti i sensori, lanciate SPHERE- disse Rachel annuendo e avvicinandosi.

-Helene, quanti calcoli in parallelo di SPHERE potete lanciare per i giorni futuri? - chiese poi rivolgendosi a lei. -Da interfaccia solo due, ma se lo lancio sotto a mano finché abbiamo risorse sul computer, possiamo provare a lanciarne - rispose lei.

-ok, mi serve un controllo sull'hardware che abbiamo, un numero preciso di intervalli, in base a questo dato Michele decide quali sono i più convenienti da simulare per avere i dati in tempo utile, del modello statistico quindi ci possiamo fidare? - chiese conferma Rachel.

-Se ha predetto l'impossibile- alzò le spalle Sebastian. Michele annuì mentre cercava un foglio nell'armadio per fare i suoi calcoli. -Come faccio ad accedere al server manualmente? - chiese Helene.

-Ti accompagno giù- propose Sebastian. Rachel li lasciò andare, lasciò Michele ai suoi calcoli e poi osò entrare nell'infermeria in cui giaceva sulla barella Federica. Tremava. Rachel prese un'altra coperta dall'armadietto e con delicatezza la stese sopra di lei. Quindi si sedette accanto a lei e studiò la sua mano leggermente rugosa. Le mancava molto in quel momento. Lei avrebbe saputo cosa fare, come dirigere qualcosa di così grande. Rachel si sentiva schiacciare da quella responsabilità. Fino al giorno prima era stata solo una ricercatrice. Se falliva il più grosso problema erano i finanziamenti, ma qui non poteva fallire. Se sbagliavano qualcosa altre persone sarebbero morte, se non arrivavano in tempo idem. E soprattutto, anche sapendo, dove e quando: come faceva a proteggerle? Aveva finto di non vedere quei fumi neri tutto attorno a Ginevra, ma ora ce li aveva dritta davanti agli occhi. Dov'era Robert? Era vivo? Lo immaginò impegnato a dare una mano ai feriti, con l'uniforme tutta sporca, aperta sul collo e quegli occhi fin troppo azzurri che risaltavano nel viso coperto di fuliggine. Doveva fingere che fosse vivo. Doveva fingere di poterlo salvare. – Mi dispiace Federica – mugugnò al bagliore della sola luce d'emergenza.

SPHERE - Tempesta MagneticaΌπου ζουν οι ιστορίες. Ανακάλυψε τώρα