Camminare sui sassi

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Rachel frenò di colpo e guardò sconvolta i massi che bloccavano la strada. Avrebbe tanto voluto togliersi quella tuta, ma sapeva di non poterlo fare. Scese dall'auto e prese alcuni profondi respiri. Era ancora lontana dalla stazione meteorologica, ma la strada era bloccata già a quel punto. Cosa poteva fare? Desistere? Guardò quanto tempo era passato. Aveva ancora un paio d'ore di bonus. Ripensò alla riserva d'acqua che aveva fatto portare su a Robert. Non ne avevano ancora per molto. Forse una settimana, forse meno, con quel caldo opprimente. Si fece forza ed iniziò a camminare su quelle pietre instabili e precarie. Aveva così bisogno di sperare, di credere di poter avere ancora una speranza. In quell'aria calda che scendeva furiosa dal monte si sentiva come di voler sfidare la natura. Aveva insistito tanto per arrivare fin lì: non poteva rinunciare. Chiuse gli occhi, li riaprì sconvolta. Per un attimo le era sembrato come di avere davanti a lei Federica che gridava. Non poteva essere. Continuò a salire nel silenzio. Si sentiva schiacciare dall'angoscia e della responsabilità. Aveva rimandato lei Federica in ospedale perché si facesse curare e ora si sentiva colpevole. L'aveva condannata a morte. Così aveva chiesto lei a Michele, Sebastian ed Helene di rimanere lassù. E se erano morti anche loro? Si sentì mancare il respiro. Si voltò indietro nel sole accecante che la colpiva. Non aveva alcuna ombra con cui ripararsi. Non aveva più alcun rifugio. Era una strada a senso unico: doveva scegliere quanto continuare prima di perdonarsi. Il cuore le batteva forte nel petto, le lacrime le scendevano davanti agli occhi oscurandole la visuale. Quando venti minuti dopo giunse al punto dove una volta arrivava la strada si sentì franare le gambe: la stazione meteorologica non c'era più. Non c'erano più alberi. Non c'era più la vetta del monte. Cosa poteva fare lei, piccola donna, piccolo scienziato, confronto alla potenza della natura? Impotente e avvilita si mise a sedere su un sasso lasciando libero sfogo al suo tormento, alle sue lacrime.

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-Tu sei pazzo- la voce di Michele si spense nella grotta. L'atmosfera quella mattina era cocente. -Hai visto quant'è questo valore? Non avremo più di tre ore prima di riportare danni permanenti e in tre ore di cammino non saremo mai al CERN- aggiunse convinto.

Helene li guardava sconvolta. Il discorso che avevano tanto a lungo rimandato ora era arrivato in superficie. Avrebbero finito l'acqua entro un paio di giorni. Erano mezzi nudi, seduti nella seconda stanza della grotta. Lei appoggiata al muro, Javier a pochi passi da lei.

-Se non ci uccide la sete, li ammazzo io- sussurrò Helene sfinita. Javier annuì. Era stanco di sentirli litigare, gli faceva male la testa, non aveva dormito molto negli ultimi giorni e si sentiva esausto e senza forze.

-Questa tabella non mente- aggiunse Michele sventolando il foglio in faccia a Sebastian. Helene li vedeva come rallentati nel sole del mattino che penetrava attraverso il pluriball. Come se fossero astronauti sulla luna, ancora con quelle tute gialle addosso.

-Anche il conto delle provviste non mente! Questo valore è accettabile, forse vale la pena rischiare. - insistette Sebastian.

-Non adesso, non prima di stanotte! - protestò Michele.

-Idea geniale, non abbiamo idea di come muoverci di notte, la torcia quasi non funziona più. Vuoi finire in un dirupo? - lo provocò Sebastian. Erano esausti, stanchi, sporchi. Venti giorni in quella grotta senza potersi muovere di mezzo metro: stavano impazzendo. Tutti e quattro.

- Bene, allora dimostralo, prenditi su e vai là fuori! Vacci ora! - tuonò Michele.

- Vuoi che vada là fuori? Vuoi che ti dimostri che non ci disintegreremo in mille pezzi? Ottimo, non ho problemi a farlo- disse Sebastian. Prese la rampa e si infilò nel buco. Michele rimase un attimo sorpreso in silenzio. Si guardò intorno indeciso. Non sapeva più cosa fare. Gli sembrava che le pareti di quella grotta si chiudessero su di lui. Era paralizzato dalla paura e dalla stanchezza. Si sedette sul case del server che Helene aveva smontato e lasciò andare a terra il foglio sporco di polvere gialla. Il pluriball ondeggiava al vento in fondo al buco. L'intera grotta sprofondò nel silenzio. Helene sospirò a lungo massaggiandosi la testa. Javier prese la sua testa tra le braccia e baciò i suoi capelli bagnati per il sudore.

SPHERE - Tempesta MagneticaWhere stories live. Discover now