Scie nel cielo

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Helene vide Federica alzare gli occhi al cielo e poi il tuono si irradiò anche sopra di loro. Ci fu un profondo rumore e poi la montagna iniziò a tremare. Helene si tenne al tavolo e guardò stupita attorno a lei. Sentì l'urlo di Sebastian che risaliva dal basso seguito dagli altri. Si gettò contro la porta a vetri senza degnarla di uno sguardo. Javier si fermò e la aiutò ad alzarsi, quindi raggiunsero gli altri oltre la soglia. Regnava un silenzio innaturale. Solo il vento continuava incessante a coprire i rumori della foresta. Michele indicò il lago. Non riuscì a dire nulla.

-La connessione è saltata- disse solo Helene. Sebastian la guardò allibito. Scattò di nuovo verso la console, prese il telefono satellitare, provò a chiamare una volta, due volte, tre volte. Vuoto assoluto. Gli occhi gli si riempirono di lacrime. Erano isolati. Soli. Senza sapere cosa fosse successo a valle. Un grosso fumo partiva dal lago e copriva ormai gran parte della vallata. Tornò sui suoi passi, lentamente. Tutti lo guardarono perplessi.

-Siamo tagliati fuori dal mondo. Le connessioni satellitari sono azzerate. - disse non riconoscendo nemmeno la sua stessa voce. Era come se sentisse parlare un estraneo.

-Aspetta, quello è un satellite? - fece Michele stupito.

-Non è il solo- aggiunse Sebastian dopo qualche istante di silenzio quando videro comparire altre scie nel cielo.

-E le analisi? - chiese Helene allora. Michele e Sebastian la fissarono increduli.

-Andiamo a vedere- propose Javier. Helene scese gli scalini lentamente. Nessuno osò superarla, come se spettasse a lei rispondere a quella domanda. Si fermarono sugli ultimi gradini con gli occhi rossi a fissarla. Helene sentiva la mano che temeva mentre toglieva la sospensione al server. Infine, buttò fuori l'aria.

-Per ora stanno andando, ma abbiamo perso i contatti con 10 sensori, adesso 12- aggiunse.

-Piano piano li perderemo tutti. - disse ad alta voce Michele esplicitando quello che tutti stavano già pensando.

-E dopo cosa facciamo? - chiese Javier stupito.

-Dobbiamo basarci sui dati che abbiamo e sperare che il modello predittivo di Spere faccia un mezzo miracolo. - intervenne Sebastian.

-Almeno il server funziona ancora- disse Helene annuendo.

-Se i satelliti stanno cadendo c'è un solo motivo possibile, vuol dire che l'atmosfera sta collassando- aggiunse Michele.

-Quindi ci siamo? - chiese Sebastian. Michele annuì. Helene e Javier li guardarono preoccupati.

-Ci siamo per cosa? - fece Helene sgranchendosi la gola.

- L'inversione dei poli arriverà presto- ribadì Sebastian.

-Mettila giù in termini profani, cosa ci aspetta? - chiese Javier impaziente.

-L'elettricità andrà finché non arrivano le tempeste solari, per esempio. A quel punto qui abbiamo finito. Ci conviene tenere il generatore per dopo la tempesta - aggiunse Sebastian.

-E quindi dopo aspetteremo e basta? - fece incredula Helene. Sebastian annuì.

-Qui? - aggiunse perplesso Javier.

-Penso sia più probabile sopravvivere qui che a valle. E' scavato nella montagna, e scarica a terra... a meno di una frana che colpisca proprio il nostro pennacchio potremmo farcela- aggiunse Michele.

-Non dirmi che questo è il posto più sicuro sulla faccia della terra! Non farlo! L'ultima volta che avete detto così stavo per morire! - fece arrabbiata contro di lui Helene. Si fece largo tra di loro nel silenzio generale e cominciò a risalire lentamente le scale. Quindi prese la porta e si sedette sul gradino davanti all'ingresso. Fuori stavano calando sempre più le ombre della sera. Inaspettatamente il cielo era più terso ora: si potevano vedere molte stelle e ancora alcune scie presenti a tratti. Non le avevano detto tutto. Forse in realtà era meglio così. Forse non voleva sapere tutto. Sapeva di non potersene andare a valle a piedi. Solo che aveva paura. Paura di morire e paura di sopravvivere mentre il resto del mondo moriva.

Non era pronta a rinunciare al suo mondo, alla sua vita, a tutto ciò che alla fine aveva sempre dato per scontato. Era partita da casa in un giorno qualsiasi, aveva preso un aereo qualsiasi. Ora le sembravano tanto sciocchi tutti quei problemi che si era fatta lungo la strada fino a lì. Sphere non aveva sbagliato. Nemmeno lei, ma forse non bastava questo. Aveva sempre pensato di essere libera, di poter scegliere e disfare qualsiasi strada, di poter cambiare idea e ricominciare da capo. Aveva sempre pensato che la sua noiosa vita avesse ancora davanti a sé le parti migliori. E se non fosse stato così? E se non ci fosse più molto da scegliere?

Federica le aveva detto che poteva abbandonare in ogni momento, ma non poteva più prendere un aereo e tornare a casa ormai. Era tutto un'illusione. Il controllo era un'illusione. Il mondo è così più grande di noi. La terra, la scienza e i suoi segreti le sembravano più che mai spaventosi ed imperscrutabili. L'uomo moderno e la sua arroganza! Forse Sebastian aveva ragione. Forse tra loro ed un uomo di Cro-Magnon non c'era poi molta differenza, a parte che l'uomo di Cro-Magnon era abituato a vivere in un mondo ostile e misterioso, nessuno di loro invece lo era. Quanti avrebbero saputo accendere un fuoco in una grotta? Forse Sebastian. Non certo lei o Federica. Nemmeno riusciva bene a camminare, sarebbe stata una facile preda per chiunque.

Quando sentì il click della porta dietro di lei si asciugò in fretta gli occhi vergognandosi. Javier si mise accanto a lei. In silenzio. - Credo che la tua sarà davvero la prima pattuglia più lunga della storia dell'uomo- disse Helene ripensando al colloquio che avevano avuto la volta precedente su quello stesso gradino. Javier sorrise, la strinse tra le sue braccia e le diede un bacio sulla fronte.
-Ti ho portato qualcosa da mangiare- disse estraendo una merendina dalla tasca. Helene lo ringraziò con un sorriso. Addentarono ognuno la sua merendina in silenzio. Javier non sapeva proprio cosa dire o da dove partire. Per quanto stare con Helene fosse piacevole, avrebbe tanto voluto poter tornare a casa sua, dai suoi fratelli, dai suoi genitori. Avrebbe tanto voluto incontrare Helene in altre circostanze. Più ordinarie, più tranquille. Era contento di averla salvata da quella trappola. Ma ora come poteva salvarla da quello che stava per arrivare? Il mondo è davvero troppo grande. Così gli sembrava perlomeno da quel piccolo angolo di stelle disperse tra i pini. L'odore dell'acqua e della pioggia aleggiava ancora nell'aria. Il vento scompigliava i capelli corti di Helene. Era troppo tempo che non dormiva. Prese le sue mani e le disse: - Andiamo a dormire un po' ? Prima di tre ore non abbiamo analisi da lanciare. - .

Helene annuì: accartocciò la carta della sua merendina e faticosamente si alzò. In quel momento si rese conto di quanto fosse stanca. Forse Javier aveva davvero ragione. Quando rientrarono Michele era fermo al tavolo della sala principale con uno di qui quadernoni enormi coi dati davanti. Cerchiava numeri. Sebastian era alla console e stava provando di nuovo a chiamare col telefono satellitare senza successo. Helene portò Javier in sala video. Il divanetto era già aperto: ci si erano stesi a turno durante quelle lunghe giornate di esperimenti ed analisi. Con fatica si stese rilassando la schiena contratta e piena di lividi. Si sentiva come le fosse passato sopra un treno. Forse era davvero così.

-Pensi mai se fossimo morti in quel momento, quando si sono accese le cariche tutto attorno a noi? - sussurrò Helene.

-In quel momento non avevo paura- aggiunse tirando a sé Javier. Lui sorrise.

- Nemmeno io- rispose sistemandole i capelli.

-Federica troverà un modo- aggiunse quindi Helene.

-Hai molta fiducia in lei...- disse pensieroso Javier.

-Forse ho più paura di guardare in faccia la verità. Preferisco credere che farà qualche magia scientifica che io nemmeno capirò, ma che ci salverà tutti! - disse infine Helene perdendosi a guardare il soffitto.

-Prova a dirlo a Michele che sono magie! - rise Javier.

-Quella gabbia era una magia, per me lo sarà sempre- ammise Helene appoggiando la sua testa sul braccio di Javier. - Anche se mi ha quasi ucciso... - aggiunse chiudendo gli occhi esausta. Javier sorrise. Era un modo un po' contorto di dirgli grazie, ma andava bene comunque. Nei video che andavano a ripetizione nella stanza si vedeva ancora quell'onda che scendeva verso valle lenta e implacabile, nei suoi colori accesi. Nella luce violetta che colorava la sala, Javier appoggiò il suo viso a quello di Helene e chiuse gli occhi.


SPHERE - Tempesta MagneticaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora