Jerome Montreaux

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Erano le 6.30 quando Robert uscì esausto dell'ospedale. Si massaggiò le spalle per scaldarle, girò attorno all'edificio guardando il cielo che dal blu scuro lentamente passava al grigio cenere. Quelle nubi non ne volevano sapere di andarsene. Pioveva leggermente. Sembrava che la pioggia gli fosse entrata nelle ossa. Infine osò guardare le montagne. Lassù era molto più scuro. Non si vedevano focolai o fumo, ma sapeva che in quella valle non vi erano che poche baite di legno e l'osservatorio. Dov'era Rachel quando era arrivato il temporale? Cercò di fare mente locale sulla direzione in cui girava il vento, su dove aveva visto quei nuvoloni scendere contro di loro, ma nella sua testa le immagini si confondevano. Improvvisamente si accorse di una bimba che lo guardava dal secondo piano sventolando la mano. Le sorrise e rispose al saluto. Yasmin. Quella povera creatura: l'infermiera le aveva assicurato che stava bene, l'avevano lavata e curata e rifocillata. Era sola al mondo ormai. Senza neppure più il suo coniglio. E Lui? Era solo? Si sedette per terra al riparo dalla tettoia. Rimase immobile a guardare la montagna. Come faceva a contattare Rachel? Doveva almeno provarci. Rachel non era stupida, se aveva visto la tempesta arrivare avrebbe probabilmente cercato un riparo. Forse era ancora lassù: la stazione metereologica era costruita apposta per resistere anche a condizioni di tempo molto avverse. Doveva trovare il modo per contattare quella stazione. Si alzò all'improvviso, strinse i pugni e si decise. Rientrò nell'ospedale. Fermò il direttore del reparto in corridoio

-L'uomo che ha avuto un infarto prima, come sta? - chiese subito.

-Il signor Montreux intende? - chiese il medico pressato. Robert annuì.

-Sembra si sia normalizzato. Forse dovremo operarlo, ma al momento abbiamo diversa strumentazione fuori uso. L'abbiamo portato su in cardiologia. 1° piano- disse brevemente.

-Dice che può parlare? – chiese ancora Robert.

-Ah non smette mai di farlo, prima abbiamo dovuto sedarlo- se la rise il sanitario sparendo nel corridoio di corsa. Robert si concesse il primo riso della giornata. Javier lo raggiunse dalla sala d'aspetto.

– Hai dormito un po'? – gli chiese Robert.

-Ho provato, ma non riesco, troppo agitato. Ho provato a chiamare i miei, ma le linee sono fuori uso- disse poi.

-Temevo, io sto andando su a scucire qualcosa dal vecchio fisico, se vuoi venire- aggiunse prendendo le scale. -Perché no! Quindi è ancora vivo? - chiese seguendolo.

-Così pare- alzò le spalle Robert prestando attenzione alle indicazioni per la cardiologia.

-Yasmin come sta? Sei andato a vedere? – chiese Javier.

-Sta benone, sono andato su prima; la sua infermiera mi odia- aggiunse Robert sorridendo. Improvvisamente si sentiva meglio. Merito di quel vecchio pazzo o della ritrovata speranza di riabbracciare Rachel? I perché a volte non sono così importanti e Robert non era uomo da chiederseli troppo spesso. In realtà non gli interessava molto perché quella tempesta era arrivata, gli interessava cosa potevano fare per rimettere le cose a posto. E il primo passo era ritrovare Rachel. Il comando aveva di fatto dato forfait: il suo dovere in ogni caso sentiva di averlo fatto. Individuò il vecchio in un letto in fondo. Gli sembrò più pallido. Aveva l'ossigeno calato davanti alla bocca, la divisa dell'ospedale bianca ed era pieno di flebo: le braccia livide legate al letto. Robert sospirò a fondo. Prima non era stato troppo educato, ma pensò che forse prenderlo dalle buone era la cosa migliore.

-Signor Montreux, come sta? Riesce a sentirmi? – aggiunse avvicinandosi al letto e sfiorandogli il braccio. Lui voltò i suoi occhi rossi verso di lui. Lentamente si tolse l'ossigeno.

-Ho avuto un infarto, non sono sordo- rispose soltanto. Tossì diverse volte mentre parlava.

-E la gamba? - chiese Javier. Robert lo guardò stupito.

SPHERE - Tempesta MagneticaWhere stories live. Discover now