Limbo

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Quando Luke riacquistò un minimo di conoscenza tutto intorno a lui era talmente scuro da impedirgli di capire bene dove fosse finito. Si sentiva strano ed era una sensazione completamente diversa da quella che aveva provato poco prima, disteso in quell'ambulanza. Se prima c'era quel dolore lancinante, come se centinaia di coltelli stessero cercando di dilaniargli l'addome, quella spossatezza che gli impediva di combattere, adesso non sentiva assolutamente niente.

-Alex? Reggie? Siete qui? Accidenti, si vede nulla ...-

A quel richiamo risposero due mani che, ognuna da un lato diverso, gli tastarono le braccia come per assicurarsi che anche lui fosse ancora lì. Sentì i suoi amici dire il suo nome e questo riuscì a tranquillizzarlo almeno un po': qualsiasi cosa sarebbe successa almeno avrebbero potuto affrontarla insieme.

-Ragazzi, ma come siamo arrivati qui? Io ricordo bene gli hot dog...il vomito, l'ambulanza e i vostri volti estremamente pallidi. Ci dicevano di tenere duro, ma io non riuscivo a rispondere perché ero troppo occupato a dare di stomaco...a un certo punto guardando per terra ho persino visto che era scuro, quasi nero...ma forse quelli erano solo deliri.-

Aggiunse Reggie con un tono di voce mogio che sicuramente non gli apparteneva. I ricordi di Luke, aiutati da quelle parole sembravano farsi più chiari: gli sembrava ancora di sentire quel sapore acido misto a quello ferruginoso del sangue e nelle sue orecchie riecheggiavano le grida di dolore di Alex ogni volta che il paramedico tentava di controllargli l'addome. Le stesse urla che poi sono uscite anche dalle sue labbra e da quelle di Reggie, che si mischiavano ai singhiozzi mentre tutti loro supplicavano per un solo secondo di sollievo.
"Fa così male.", "Fatelo smettere, vi prego fatelo smettere."; frasi che ormai erano marchiate a fuoco nella mente di Luke.

-È solo colpa mia...non avremmo dovuto mangiare quei maledetti hot dog. È colpa mia se....-

Ammise il chitarrista prima di essere interrotto da Alex. Da quel poco che poteva vedere in quella penombra aveva il volto tirato dall'ansia e sembrava fosse sul punto di piangere.

-No. So a cosa stai pensando ma questo non è possibile. Non lo è perché non possiamo essere morti. Abbiamo diciassette anni, non possiamo, non possiamo, no.-

Quello che Alex aveva appena realizzato era la dura realtà dei fatti. Quei panini avariati li avevano uccisi e non era stato assolutamente come Luke immaginava. Nessun tristo mietitore che ti viene a prendere, nessun tunnel di luce, nessun inferno o paradiso: c'era solo quella stanza vuota e buia.

Pian piano alcuni di quei ricordi che aveva cercato di cancellare stavano riaffiorando: i suoi movimenti lenti, interrotti da fitte lancinanti mentre cercava di mettersi su un fianco, mentre quel bruciore risaliva lungo il suo petto incendiandogli anche la gola.

Si ritrovò a tossire è solo allora sembrò notare il sangue che aveva appena macchiato il pavimento dell'ambulanza.

Luke ricordava l'impossibilità di pensare in modo lineare, la sua testa era un fluire di pensieri sconnessi: i crampi, la sofferenza dei suoi amici, lo stomaco in fiamme, la nausea, il dolore che si diffondeva anche al petto rendendo difficile persino respirare, il sangue, la vista appannata.

Il pianto di Alex interruppe quel flusso di ricordi, facendo tornare il chitarrista all'amara realtà dei fatti: quegli hot dog li avevano uccisi.

Avrebbe voluto trovare parole di conforto per l'amico, tuttavia la verità era che non riusciva a trovarne nessuna; non c'era nessun lato positivo in quello che era capitato loro, o almeno in quel momento non riusciva a vederne alcuno.

Non riusciva a vederlo bene, c'era un po' troppa oscurità per poterlo fare. Percepiva i singhiozzi del giovane e quella lunga serie di imprecazioni che, preso dalla foga del pianto, non si preoccupava più di trattenere.

Kimi no na wa || Julie and the phantoms's ffWhere stories live. Discover now