26. Natalie

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Zac cammina verso di me con due calici di champagne in mano. È bello da togliere il fiato. Indossa un completo nero che lo slancia, e i capelli ribelli non vogliono saperne neanche del gel, quindi qualche ciuffo gli ricade sulla fronte incontrollato. Ma è perfetto. Semplicemente perfetto.

«Sbaglio o ho visto Logan Van Leeuwen? Non sapevo fosse ancora in giro», dice con una faccia buffa mentre mi allunga lo champagne.

«L'ho visto anche io. È tutta la sera che importuna Carol Yardley, l'ex moglie di un broker in pensione».

«Ammirevole», commenta sarcastico.

«Sai, mi dispiace per quello che è successo. Se non avessi preso quel taxi, io...»

«Natalie, non dirlo neanche per scherzo. Ci controllavano, sono stati loro a ingannarci. E poi, ormai, ho capito che il Natale a casa Henderson è sempre alternativo» .

Mi ritrovo a ridere. «Mettiamola così».

«Ma, ehi», mi fa scivolare una mano sul fianco «abbiamo ancora il nostro Natale».

«Già», sorrido un po' tesa.

Zac si guarda intorno colpito. «Incredibile che Shannon sia riuscita a organizzare tutto quanto. E, lo sai, sembra che ci sia Ivo dietro alla cucina di stasera».

«Quella donna può fare qualsiasi cosa si metta in testa», convengo.

«Tua madre sta raccontando della rapina a tutti i giornali, con particolari annessi. Si sta davvero divertendo».

Sorrido al pensiero, perché tra tutta questa gente non riesco a vederla. «Il suo habitat naturale».

«Riesce sempre a ribaltare le situazioni a suo favore. Ma quel che è importante è che alla fine siamo sopravvissuti».

«Già. Anche se per questo dobbiamo ringraziare Peter».

«Ci pensi che se la sua segretaria non avesse perso quel documento lui sarebbe arrivato in orario e sarebbe finito legato come noi?»

«Gli imprevisti della vita sono assurdi».

«Puoi dirlo forte», manda giù qualche sorso di champagne, tenendo fisso lo sguardo sui miei occhi. «Cosa c'è? Ti vedo strana stasera».

«No, solo...», mi blocco, incapace di continuare. Zac inizia a insospettirsi e corruga la fronte mentre mi scruta serio, aspettando una mia spiegazione. Prendo un respiro profondo e continuo. «A proposito di imprevisti, so che ti avevo detto che una volta tornati a New York avremo passato il Natale da soli».

«Sì, ed è quello che faremo. Cosa ti preoccupa?»

«Il fatto che non saremo da soli».

La bocca di Zac si spalanca e il principio del terrore si fa spazio sulla sua faccia. «Non dirmi che hai invitato Amber o qualunque altro membro della tua famiglia».

«No».

«Si tratta di Brenda e James? Te lo dico, non ho più intenzione di sfamare James, lui è senza fondo e Brenda lo segue a ruota».

«Non si tratta di loro»

«Allora di chi si tratta? Un momento, non sarà Isabel? Quella tua amica londinese con cui hai studiato insieme che quando capita a New York ti scrive solo per avere un posto gratis dove dormire?»

«Nemmeno lei».

«Nats, mi stai facendo preoccupare. Chi diavolo hai invitato a passare il Natale con noi?»

«Okay», dico facendomi coraggio e togliendogli il bicchiere dalle mani per posarli entrambi su un tavolo lì vicino. «So che non ne avevamo parlato e che... sì, probabilmente non era... non era...»

«Smettila di tergiversare e dillo una buona volta».

«Sono incinta. Diventeremo genitori», svuoto tutto d'un colpo. E Dio, mi sento molto più leggera adesso.

Zac è rimasto fermo, impassibile. Come pietrificato. «Genitori?»

«E qui il punto: possiamo pensarci, voglio dire, la cosa ha preso in contropiede anche me. Non ne avevamo mai parlato, tu hai il tuo lavoro e io ho l'ospedale...»

«Quindi il tuo mal di stomaco era dovuto a quello?», mi interrompe.

Io annuisco appena. «Senti, Zac...». Sto per fare il discorso che ho impiegato una giornata a preparare. Da quando questa mattina ho fatto il test ed è risultato positivo, ho passato ogni secondo a pensare a come dirglielo senza spaventarlo. Ho analizzato le parole giuste da usare, il tono da tenere, la faccia da fare. Ma nulla mi serve più. Non adesso che mi stringe forte fino a sollevarmi da terra. Non adesso che i suoi occhi sono lucidi e grati, la sua bocca un sorriso enorme. «Zac! Mettimi giù!»

«Diventeremo genitori!», lo urla così forte che mezza sala si gira verso di noi.

«Sì, se lo vuoi».

«Se lo voglio?», mi chiede posandomi a terra. «Se lo voglio, hai detto? Natalie Henderson sei la cosa più bella che mi sia capitata nella vita. Sei stata il mio sole da quando in quel bar, due anni fa, mi hai fatto la proposta più assurda che avessi mai sentito e lo sarai fin quando a cent'anni sederemo nel nostro porticato dandoci la mano. Ti amo. E mi stai rendendo l'uomo più felice del mondo. Ti basta come risposta?»

Tra i singhiozzi riesco a buttare là un «Sì».

«Lo voglio. Voglio essere il padre dei tuoi mille figli, se tu me lo concederai». Allunga la mano verso la mia guancia per raccogliere le lacrime che scendono giù. Piego la guancia e lascio che si posi nel suo palmo caldo.

«Mille sono troppi. E poi chi li tiene mille bambini?»

«Noi».

«Noi?», dico prima che mi baci. «Allora, mille».

«Mille».

Natale sotto sequestroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora