5. Andrea (parte III- epilogue)

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Aveva i capelli scompigliati, selvaggi, ciuffi ribelli uscivano dallo chignon che ormai si reggeva a malapena. L'eyeliner dell'occhio sinistro era completamente sbavato mentre quello del destro era quasi intatto, contrariamente al rossetto che le macchiava perfino il mento.
La bretella destra del vestito nero, con dettagli argentati, era scesa e le lasciava la spalla scoperta sulla quale si notava il succhiotto che le aveva lasciato prima.
Andrea dormiva in silenzio, con le labbra leggermente schiuse, come se stesse aspettando di essere baciata da qualcuno, ma accanto a lei c'era solo Ivar che ispezionavano sua figura e che non aveva più voglia di baciarla.

Il matrimonio di Vincent era stato terribile. Non terribile in sé, ma Andrea era stata insopportabile.
«Credi che ci sposeremo mai Ivar?»
«No andrea. Perché sei così stupida? Perché non capisci che ti sto usando e che non voglio nulla da te?» avrebbe tanto voluto urlaglielo ma non lo fece. Non poteva rovinare il giorno di Vincent.
Preferì risponderle con un banale «non credo ai matrimoni» che sembrò funzionare in quanto lei sospirò e abbassò gli occhi verdi per terra, fissandosi i sandali con il tacco alto, che le slanciavano le gambe magre.

Ma Ivar adesso la guardava andrea e sapeva che era giunto il limite e che era arrivato tempo di lasciarla andare.

Aveva aspettato quel momento da quando aveva incrociato lo sguardo di Andrea la prima volta, con quegli occhioni da cane bastonato che gridavano aiuto per non cadere nel vuoto. E Ivar l'avrebbe aiutata, le avrebbe teso la mano, solo per spingerla del tutto.

La premeditazione di un omicidio del cuore- come amava definirli Ivar- poteva essere paragonato alla premeditazione di uno stupro, ma non c'era nessun tribunale che avrebbe potuto accusarlo. Nessuna ferita fisica a provare la sua colpevolezza.

Sapeva che Andrea sarebbe stata la sua preferita. La prescelta. Quella con il dolore perfetto.
Più lo amavano e più avrebbe fatto male. E Andrea era innamorata follemente di lui ora.

«Andrea dobbiamo parlare»
Lei si alzò piano dalla sedia, intuendo già cosa sarebbe accaduto e muovendosi lentamente, come se non volesse che quel momento arrivasse.
Prese posto accanto a lui sul divano e cercò le sue braccia come rifugio perché anche se era lui la causa di tutti i suoi mali, era anche l'unico che riusciva a curarli.
Ivar accolse per l'ultima volta il corpo di Andrea sul suo e lasciò che posasse la testa sul suo cuore, mentre le scostava i capelli con la mano sinistra.
Andrea tremava di paura, Ivar fremeva d'eccitazione.

«Le cose non sono più come prima, e nemmeno prima mi andavano molto a genio Andrea.
Io ti amo ma...»
«No Ivar. Non dirmi che mi ami. Non guardarmi così mentre io ti amo e tu non provi nulla per me»
«Comunque è finita»

Eccola lì. Quella smorfia sul viso, quell'espressione forzata che tentava di celare il dolore di un cuore che si spezza.
Un braccio dopo essersi rotto guarisce, un cuore non lo fa mai del tutto.
Ivar adorava sapere che la sua ferita sarebbe rimasta per sempre addosso a tutte le sue vittime, come una cicatrice profonda che aveva sanguinato per tanto tempo.
Andrea, come se gli avesse letto nel pensiero lo fissò negli occhi a fatica, reprimendo le lacrime e deglutendo rumorosamente la saliva nella gola secca, che le bruciava e disse «Ogni sette anni circa il nostro corpo rigenera completamente ogni cellula della nostra pelle, ritrovandosi con un nuovo strato di derma.
Quanto è confortante sapere che tra un po' avrò pelle che non avrai mai sfiorato»
«Prova a dirmi che non ti mancherà mai il mio tocco» la sfidò, demolendola pezzo dopo pezzo.

«Ivar sono solo un mucchio di mattoni e tu hai un martello in mano, e allora colpiscimi, distruggimi, non ho più nulla» urlò.
Andrea gridava, si era alzata in piedi sovrastando la figura di Ivar che era rimasto seduto sul divano, avvolto dalla sua solita corazza di tranquillità ed indifferenza che non sembrava cedere nemmeno sotto i pugni deboli di Andrea.
«Io ti odio!»
«Invece mi ami»
«non puoi lasciarmi così»
«lo sto facendo»
«no, non è vero. Ti serve tempo per pensare»
Andrea ormai era in preda al panico. Non poteva perderlo. Ivar era diventato parte di lei ormai, ogni cosa ruotava attorno a lui.
Aveva fatto di tutto per assecondarlo, per essere alla sua altezza ma evidentemente non c'era stato nulla da fare, perché lei era una stupida, era inferiore a lui e non lo meritava e mai avrebbe meritato qualcuno come lui.
I cani non stanno con i gatti.
Ivar non poteva stare con Andrea.
Pianse.
Pianse lì, davanti a lui, senza ritegno, senza barriere, senza decoro; sentendo ogni briciola del suo orgoglio rigarle il viso.
Si avvicinò ad Ivar, trascinandosi sul divano e gli saltò addosso, piangendo nell'incavo del suo collo. Ivar la strinse a se, fissando il vuoto dinanzi a lui, sorridendo.
Nessuna aveva mai pianto per lui così.
Nessuna aveva mai pianto davanti a lui.
Si sentì così importante, desiderato.
Andrea continuava a piangere e come ultimo tentativo disperato allungò la mano verso i pantaloni di Ivar, premendo sul suo inguine.
Lui la lasciò fare, perché tanto non le era servita ad altro. Non si preoccupò nemmeno di non venire e di lasciarla delusa, non provava astio nei suoi confronti, non ricercava una sorta di vendetta personale; voleva solo vederla soffrire.
Le mise una mano tra la folta chioma castana, accarezzandole la testa mentre aveva il suo membro in bocca.
Andrea sentiva il suo seme mischiarsi alle lacrime che non la smettevano di scendere.
Si passò una mano sulle labbra e lo fissò negli occhi intensamente, cercando disperatamente un segnale che dicesse "sono uno stupido- resta" oppure "ero confuso: io ti amo" ma non accadde.
E lei lo comprese, senza smettere di perdersi nel blu intenso degli occhi di Ivar, che si stava aggiustando i pantaloni.
«Vado via. Addio Ivar. Sappi che sei stato l'unico uomo che io abbia mai amato»
Richiuse la porta dietro di lei, dopo essersi messa il suo trench beige ed averlo aggiustato scuotendolo, come se si stesse scrollando di dosso i segni di Ivar.

Vincent gli chiuse il telefono in faccia quando seppe che l'aveva lasciata. Poi prese un respiro profondo e lo richiamò.
«scusa non volevo. È stato un gesto impulsivo»
«Non fa niente»
«Ivar non puoi lasciarle tutte. Non puoi»
«Ma voglio farlo»
«Resterai solo per sempre così»
Ivar sospirò. Forse sarebbe stato meglio. Condividersi da solo, amarsi da solo. Vivere in intimità con se stesso.
«Non era quella giusta»
«Ivar ascoltami, Eva fa la psicologa. C'è una sua collega che è molto brava, perché non provi a parlare con lei? Potrebbe aiutarti. Lo sappiamo entrambi che questa cosa non è normale e forse c'è un motivo che si è annidato più nel profondo che è alla base del tuo problema»
«Vincent io non ho nessun problema»
«Ivar, lo sai meglio di me anche tu»
«Perché non posso semplicemente parlare con Eva?»
«è scientificamente provato che pazienti e dottori si innamorano spesso»
«non penso che le ricerche scientifiche sprechino fondi e tempo per fare ricerche così stupide»
«ti sorprenderebbe sapere quanti soldi e tempo sprechiamo ogni giorno in stronzate»
Silenzio.
«E poi non voglio che me la porti via» aggiunse Vincent.
«Se è ancora per la storia di Ingrid ti ho detto un milione di volte che mi dispiace» Vincent non rispose «non le ho detto io di baciarmi»
«Lo so, è solo che fa ancora male ogni tanto»
«ma ora hai Eva»
«e non fa più tanto male» Ivar poté giurare di aver visto le labbra dell'amico curvarsi dall'altra parte del telefono, come faceva di solito quando parlava di Eva.
«Non voglio rubarti altro tempo Vinc, chiamami quando arrivi in Turchia»
«Tra poco prendiamo l'aereo, ci sentiamo Ivar. Ti saluta Eva. E comunque l'indirizzo è via Landgraget n 7, vicino Grønsdalparken»
«Ci penserò Vincent, ci penserò»

E infatti Ivar c'aveva pensato tutta la notte, ma alla fine il giorno dopo si era deciso a prendere appuntamento.
La segretaria lo informò che era il suo turno, e dopo essersi aggiustato i capelli entrò, richiudendo la porta alle sue spalle.

AYEEE.

Epilogo solo della prima parte, non disperate.
Anzi disperate, perchè ci vuole ancora molto prima che vi liberiate di me ahaha.

Spero che vi stia piacendo; con Andrea si conclude la parte in cui analizziamo Ivar e il suo comportamento, nella seconda parte andremo ulteriormente a fondo, fino alla scoperta di Ivar stesso.
Mi farebbe piacere cosa ne pensate fino ad ora, lasciatemi una stellina; grazie mille 💙

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