11. silenzio.

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Si dice che nel mondo ognuno di noi abbia sette sosia, ma Ivar era una persona razionale e non c'aveva mai creduto a questa storia.
Volendo trasformare la possibilità in numero con 7,4  miliardi di terrestri, c'è solo una probabilità su 135 che sulla Terra esista anche solo un paio di sosia esattamente identico tra di loro, eppure Ivar l'aveva visto lì, davanti a lui.
Era sbucato dal nulla, l'aveva visto improvvisamente accanto ad Antonio e non era riuscito a staccargli gli occhi di dosso.
Fu come osservarsi da un altro punto di vista. E Ivar, in cuor suo, sperava di rivederlo almeno un'altra volta, solo per potersi ammirare come non aveva mai fatto.

Alexander si rigirò svogliatamente tra le coperte del suo letto, aggrovigliando i piedi tra le lenzuola, e cercando il corpo di Lodewijk al suo fianco. Sollevò lentamente la palpebra sinistra e l'immagine sfocata del cuscino accanto a lui lo costrinse a mettersi a sedere e a stropicciare gli occhi, per prendere la sveglia sul comodino, accanto all' abat-jour che aveva smesso di funzionare da un po', per controllare l'ora.
Erano quasi le otto del mattino, e si alzò, trovando il suo compagno in cucina che preparava la colazione.
«Buongiorno Lodewijk» disse Alex, facendo sobbalzare il ragazzo, che stava quasi per far cadere la padella con le uova.
«Non ti saresti dovuto alzare» commentò affannato, con una mano sul petto «avevo intenzione di portarti la colazione a letto»
«farò finta che tu me l'abbia portata» sorrise, avvicinandosi a lui e abbracciandolo da dietro mentre poggiava la testa nell'incavo del suo collo.
«Isaac sta ancora dormendo?»
Lodewijk annuì passandogli un piatto con le uova strapazzate e un bicchiere d'acqua fresca.
«Sai» iniziò, e Alex aveva già capito dove voleva arrivare «forse dovremmo prendere una babysitter. Io vorrei tornare a lavoro Alex»
«Lodewijk l'hai voluto tu quel bambino. Io ho accettato solo perché ti amo, ti amo da impazzire, e non smetterò mai d'amarti»
«Se mi amassi davvero capiresti che mi sta uccidendo. Mi sto consumando dentro a restare in casa, con lui, che vuole solo te tra l'altro. Mi logora dentro la consapevolezza di non poter insegnare per non so ancora quanto tempo, per restare con lui. Gli voglio bene, ma non sono capace di fare il padre, ti prego»
«Perché mi hai convinto ad adottarlo allora?» alzò un po' la voce, tentando di trattenersi perché c'era pur sempre Isaac che dormiva al piano di sopra « se avessi saputo che avremmo dovuto prendere anche una babysitter l'avremmo lasciato all'orfanotrofio, non credi? Non puoi prendere un bambino e convincerlo che avrà una famiglia per poi lasciarlo in casa con una cazzo di sconosciuta!»
Silenzio.
«Ti prego, pensaci» mormorò Lodewijk, passandosi la mano tra i capelli biondo cenere, e mordendosi il labbro inferiore, come faceva spesso quando si pentiva di aver detto qualcosa.
Una volta finito di mangiare, Alex baciò Lodewijk sulla guancia, come se nulla fosse accaduto, per poi vestirsi in fretta, e saltare sulla sua bici, per andare a lavoro.

Aprì la porta in vetro del negozio, girando il cartello in modo che segnasse "aperto".
Respirò a fondo l'odore dei fiori che si trovavano attorno a lui e si legò i capelli, che portava fino alle spalle, in un codino.
Continuava a pensare da ieri sera a quello che era successo, a cosa aveva visto.
La trovava estremamente divertente lui, questa cosa di aver trovato il suo sosia, ma d'altronde Alexander prendeva tutto con il sorriso stampato in faccia, perché a suo parere la vita era già abbastanza triste di suo, e convincersi di essere felici era l'unico modo per sopravvivere.
Controllò il suo quaderno, dove scriveva gli ordini, e iniziò a preparare il bouquet di una sposa che avrebbe dovuto ritirarlo tra un paio di ore.
Notò che aveva anche un altro ordine da parte del museo, avevano bisogno di altri fiori. Narcisi e tulipani.

Quando Antonio lo vide entrare sorrise per trattenere una piccola risata, dovuta ancora all'accaduto della sera prima. Si alzò e chiamò due uomini della sicurezza ad aiutare Alex, che da solo stava tentando di portare ben tre vasi di fiori.
«Buon pomeriggio» lo salutò «i fiori vanno messi nella stessa sala di ieri, arrivati lì vi dirà il responsabile della mostra dove metterli»
«Grazie»
Alex stringeva le dita attorno al vaso alto, bianco, dal quale sbucavano timidamente le corolle gialle dei narcisi, che si facevano prepotentemente spazio tra i tulipani delicati.

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