1.1 Non voglio andare lì

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Non uscì di casa per tre giorni di fila e non mangiò niente per lo stesso periodo di tempo. Quando si guardava allo specchio, Emily Hollington vedeva nel suo sguardo da ragazzina lentigginosa un mondo intero ormai reso vile dalle tremende esperienze collezionate nel mondo là fuori. Quando era da sola era solita paragonare la sua esistenza a quella di un disperso in una giungla: lotte, bocconi amari e frustrazione erano quasi una consuetudine. I riflessi del sole le baciavano la testa e in quel sabato pomeriggio di inizio inverno non aveva idee che le cose sarebbero cambiate per sempre. Emily Hollington era un'ingenua di prima categoria, una ragazza molto intelligente, ma dotata di una bontà di fondo che, prima o poi, l'avrebbe consegnata nelle mani di qualcuno che avrebbe accantonato quella qualità e le avrebbe sferrato un attacco letale con il machete della rabbia repressa. Non che non le fosse già capitato. A Ubis, ridente città montana dall'indole un po' provincialotta, non avevano simpatie per la discrezione, né per la timidezza, ma non avevano pietà nemmeno per la cruda sfacciataggine della gioventù. Emily aveva sedici anni e non voleva in alcun modo essere come gli altri. Le piaceva Van Gogh, di cui possedeva tutti gli art book, impazziva per il ritmo folle degli Aerosmith e le sue giornate erano scandite da Jaded. La ascoltava sempre, al mattino quando si vestiva per andare a scuola, di pomeriggio fra un compito e l'altro, quando usciva, nel tragitto per raggiungere la destinazione, sopita nelle cuffie collegate al suo smartphone.

Quel pomeriggio di fine inverno, insomma, era uno dei soliti. Ma, in fondo, avrebbe avuto un finale diverso. Alle venti la scuola superiore di Ubis, l'unica scuola superiore della città, avrebbe aperto la propria palestra, addobbato con festoni i soffitti, messo qualche striscione qua e là e i ragazzi si sarebbero vestiti bene per quello sciocco ballo di metà anno. Un'idea di Rick e Joy per prendere in giro ancora una volta le persone che non erano del loro gruppo di prestigio sociale. Alle diciannove, quando mancava ancora un'ora al ballo, la voce della signora Hollington, madre di Emily, risuonò lungo le mura della casa.

«Tesoro, inizia a prepararti, tuo padre è già pronto per accompagnarti!».

Emily sbuffò. Aveva detto ai suoi genitori di non voler andare al ballo, ma loro avevano insistito puntando l'accusa su una scarsa socializzazione da parte sua con gli altri ragazzi. Per la madre di Emily era sempre stato tutto facile: ragazza bellissima, biondissima e corteggiatissima da giovane, donna in carriera e affascinante più avanti, la sua vita era stata semplicemente magnifica, coronata con il matrimonio con suo padre Warren, anch'egli uomo determinato al successo e funzionario del comune. Da due genitori forti e di successo era nata Emily, piccola, insicura, estranea alle convenzioni. La ragazza scese dal letto e lasciò che i pochi abiti che aveva indosso scivolassero al suolo. L'inverno era appena arrivato, ma il freddo non si era ancora fatto sentire, dunque si liberò della t-shirt degli Aerosmith lasciando che il volto di Steven Tyler si accartocciasse su se stesso sul pavimento della sua stanza, mise via gli short verde fosforescente e si sfilò le calze grigie ai piedi smaltati di rosa caramella. Infilò il tubino che sua madre le aveva comprato senza consultarla, un orrendo vestito nero fatto solo di strass che la faceva sentire ancora più inadeguata. Si guardò allo specchio di fronte alla porta e non si riconobbe. Le mancava ancora il dettaglio più importante secondo sua madre, il trucco che l'avrebbe resa donna a tutti gli effetti. Sciolse i capelli rossicci e scosse la testa per disporli sulle piccole spalle bianche come la neve, il suo sguardo era il solito, quello di una persona che non aveva un piano e che sembrava volersi limitare ad esistere

La porta della sua stanza si spalancò all'improvviso. Emily sobbalzò, scattando all'indietro e sbarrando gli occhi. Di fronte a lei c'era León e immediatamente dietro di lui sua madre. La donna aveva uno sguardo brillante e vorace, come quello di un leone in procinto di cibarsi di una bistecca. Trasudava gioia ed esaltazione personale, una cosa che le era scaturita da quando aveva potuto plasmare a sua immagine e somiglianza la sua bambina per quello sciocco ballo di cui le importava tanto.

«Mamma!» esclamò Emily spaventata.

León la fissò con un mezzo sorriso sbilenco, il solito.

«Tesoro,» disse la signora Hollington «ho visto León dall'altra parte della strada e l'ho invitato a entrare. Non è adorabile?».

Emily non l'avrebbe definito adorabile. León era il suo unico amico dalle elementari, un ragazzo a posto, con un naso schiacciato e due occhialoni spessi a caratterizzargli il viso ricoperto di acne, ma non lo vedeva in quel senso nonostante lui si fosse implicitamente proposto più di una volta. Quell'uscita di sua madre non la rese contenta, quindi le lanciò uno sguardo minaccioso. Sua madre comprese, ma non smise di torturarla.

«Vestiti, poi facciamo qualche foto».

«Non voglio».

«Ma è la tradizione, tesoro!».

Emily sbuffò ancora. «Puoi lasciarci soli?».

La signora Hollington fece una delle sue espressioni maliziose il cui significato Emily non aveva mai voluto chiedere, dunque scivolò dietro la porta e i suoi capelli cotonati scomparvero con la sua figura.

«Perché sei qui?» gli chiese.

León la fissava, ancora imbarazzato. «Ecco, volevo arrivare in orario».

«Ma sono le sette. Al ballo manca un'ora».
León fece spallucce. «Non volevo correre il rischio di arrivare tardi».

Emily si lasciò andare sul letto, portando le mani ai lati del volto, fissando il nulla.

«Qual è il problema, Emily?».

«Lo sai qual è il problema. Non mi va di andare a quello stupido ballo».

«Tecnicamente non è un ballo, è una festa».

«Come ti pare, non voglio andarci lo stesso».

«Ma perché?».

«Perché è un altro stupido pretesto per Rick e Joy di giocare alla coppietta perfetta e denigrare tutti gli altri».

León le si sedette accanto. Era così buffo in quegli abiti eleganti. Non le avrebbe fatto da cavaliere, ma erano rimasti d'accordo che andare insieme li avrebbe uniti contro il potere scolastico di quei due perfidi approfittatori sociali.

«Che ti importa? In fondo andiamo lì solo per fare presenza. Beviamo qualcosa, facciamo due salti e poi torniamo a casa».

«Per te è facile parlare, hai un carattere diverso dal mio».

«Allora imitami e diventa come me».

«Non ci riesco. Tre giorni fa, Leób...tre giorni fa quella stronza mi ha bucato le ruote dello scooter e sono tornata a casa a piedi. Ha persino negato di averlo fatto, non ha nemmeno le palle di ammetterlo. E la settimana prima, quando ha detto a tutta la scuola che amavo praticare sesso orale nei  bagni ai ragazzi dell'ultimo anno?».

«Sono tre giorni che manchi da scuola» osservò León.

«E sono stati i tre giorni più felici della mia vita, nessuna ragazzina viziata da zittire, nessun idiota da sopportare, nessuna risata da parte della massa di capre che popola quel posto».

León ingoiò il rospo. Emily aveva completamente ragione, ma lui non voleva ammetterlo. Le prese in giro – anche nei suoi confronti, visto che continuavano ad apostrofarlo come "brutto rospo di merda" – proseguivano e gli davano fastidio, ma prima o poi quella storia sarebbe finita, la scuola stessa sarebbe giunta al termine, avrebbero trovato un lavoro, forse si sarebbero iscritti all'università e infine si sarebbe dichiarato a lei.

Di nuovo.

E forse l'avrebbe di nuovo rifiutato, ma a lui sarebbe andato bene lo stesso, pur di vederla tutti i giorni e poter parlare con lei. Emily non era il tipo di persona che approfittava dei sentimenti altrui per ottenere ciò che volevatutto il suo mondo era semplicemente lì, in quella stanza chiusa. Van Gogh, gli Aerosmith, un poster alla parete di Bradley Cooper con annesso autografo stilizzato sul petto dell'attore e l'amicizia che aveva con lui.

Nient'altro che amicizia, senza condizioni, senza alcun tipo di gioco psicologico.

Avrebbe voluto di più, ma restarle a fianco lo rendeva vivo e gli dava la possibilità di avere uno scopo, per quanto fosse totalmente a senso unico.

Qualcuno Sta Per CadereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora