3.3. Lewis

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Quando lo trovò fu sorpresa di vederlo in volto. Nicholas Kopenski era del tutto diverso a come se l'era immaginato. Emily, capelli raccolti in una coda di cavallo sul ramato, giubbino blu elettrico e jeans, sostava fra gli scaffali della biblioteca comunale da tre ore. Erano le sei del pomeriggio e fuori era buio, freddo e inospitale. L'interno della biblioteca, però, era di tutt'altra atmosfera. Il legno che circondava l'intera struttura offriva un gran senso di ospitalità, i libri erano come persone in attesa di raccontare la loro storia, profumavano di caffè, di chiuso, alcuni di rose. Ad ogni libro era associato un profumo diverso, perché coloro che li avevano posseduti e restituiti avevano avuto l'accortezza di conservarli in buono stato, ma così come quando si fa l'amore con qualcuno, l'altra persona – nolente o nolente – una volta finito odorerà di te. I libri avevano esattamente lo stesso meccanismo: profumavano di vita e di mondo perché tante mani avevano avuto l'occasione di sfiorare quelle pagine e tante bocche si erano spalancate per i colpi di scena riservati dagli autori. Emily aveva cercato di non pensare ai libri che la interessavano e si era diretta solo in direzione dello scaffale dedicato alle informazioni generali, un'intera facciata di libri dedicata alla storia della città, vecchi annuari scolastici dell'unico istituto presente, copie di vecchi schedari della polizia con i casi più clamorosi e ridicoli che ci fossero stati, qualche enciclopedia stantia che non consultava più nessuno. In un volume rilegato in viola e blu l'aveva trovato. Pagina cinque, foto al centro della pagina. Nicholas Kopenski era diversissimo da ciò che aveva immaginato: la sua postura era curva e si vedeva bene in foto. Non sorrideva all'obbiettivo, forse tentava di farlo, ma una deformazione del viso glielo impediva. La sua bocca era più larga del normale, le labbra sembravano gonfie in maniera naturale e il labbro inferiore aveva il lato destro più sollevato rispetto all'altro. I suoi occhi scuri erano spenti, sofferenti e dalla foto in bianco e nero trasmettevano angoscia, senso di inquietudine. Emily provò compassione per quella foto e per tutto ciò che probabilmente rappresentava. Nicholas era poi su una sedia a rotelle. Pur essendo la fotografia a mezzo busto, si intravedevano le due maniglie superiori per la guida della sedia.

Al suo fianco, verso sinistra, c'era un'altra foto. Un ragazzo in giacca e cravatta, con capelli chiari cortissimi, sorrideva all'obbiettivo con fare smagliante. Fisicamente sembrava un armadio, con spalle larghe, tuttavia era in forma, lo si poteva notare dalla mascella importante, dalla mandibola serrata e dal portamento del suo busto, eretto all'inverosimile. Una didascalia, del tutto uguale a quella riservata a Nicholas, lo classificava come Lewis Kopenski.

Suo fratello.

Emily avrebbe dovuto raggiungerlo e capire cosa stava succedendo, voleva saperne di più su Nicholas e la sua storia. La notizia dell'aggressione di Ydes le era giunta all'orecchio in maniera molto diretta, con un sms da parte di Missy, che aveva accompagnato il tutto con una faccina spiacevole e una di paura.

«Mio fratello?» l'uomo in tuta rossa sembrava non capire a cosa Emily si riferisse. La ragazza gli aveva spiegato tutto, dall'incontro con l'anziano alle aggressioni che avvenivano in città, fino all'indagine in biblioteca. Lewis Kopenski, più di cinquant'anni, aveva ascoltato mentre – con l'indice della mano destra – si torturava un ciuffo di capelli ribelle sulla fronte. Emily aveva cercato di essere sintetica, ma poi i dettagli le erano sfuggiti di mano e aveva parlato di Leon per un'ora intera e di come lui le mancasse, di come non meritasse quello che gli avevano fatto. Lewis l'aveva messa a suo agio preparandole una bevanda calda con dei biscotti, cercando di nascondere il disordine di casa sua, un appartamentino singolo situato nella più cieca periferia della città, al numero 3 di Nubhinhewin Street.

Quando ebbe finito di parlare, Emily sospirò e riprese immediatamente dopo. Sembrava essere un fiume in piena e il vecchio detto che sostiene che raccontare le cose agli sconosciuti è più semplice di farlo con persone conosciute sembrava essere assodato.

Qualcuno Sta Per CadereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora