IV

3.4K 172 58
                                    

Anziché prendere una carrozza, decidemmo di andare a piedi fino in paese. Passeggiammo per il bosco silenziosamente e il desiderio di chiedergli perché mi avesse invitata ardeva in me.

Arrivammo in paese dopo un'ora e raggiungemmo il mercato. Adoravo particolarmente passeggiare per quei pochi metri dove potevi vedere uno di tutto. Mi fermai davanti ad una bancarella di bracciali e collane e sorrisi alla donna. «Com'è andato il vostro allenamento?», chiesi, interrompendo il silenzio.

«Molto bene, ma mi annoiavo.»

«Ho notato che siete particolarmente dotato in campo, posso chiedervi se precedentemente avete avuto un ruolo da comandante o da cavaliere?»

«Per mia grande sfortunata nessuna delle due. I miei genitori sono dei modesti contadini, ma mio zio fa da guardia all'interno del castello dei vostri zii, quindi fin da piccolo mi ha addestrato. Era solo un gioco, per entrambi, ma crescendo ho capito che è questo il mio destino, lo è sempre stato.»

«Sono sicura che otterrete l'incarico, da quel che ho visto siete uno dei più bravi», presi tra le mani un bracciale in argento e lo analizzai per bene.

Entrambi fummo distratti da una canzone, una di quelle tradizionali, infatti poco più lontano vidi delle danzatrici del ventre che si muovevano con eleganza e professionalità. «Sono bravissime, io non sarei in grado di ballare in quel modo.»

«Chissà, forse con un paio di lezioni potreste farcela», disse lui.

«Non penso proprio, a proposito, ancora non mi avete detto il motivo per aver chiesto il permesso a mio padre.»

«Non dovevo? Solitamente si chiede il permesso al padre della fanciulla che si aspira.»

«Si, non intendevo quello, perché volevate passeggiare con me?»

«Questa mattina, così come ieri sera, siamo stati interrotti, quindi volevo passare del tempo con voi. Da quel che vedo, gradite la mia compagnia.»

«Mentirei se dicessi il contrario.»

«Andiamo al lago?»

Annuii ed insieme ci recammo al lago, oltrepassando il paese ed entrando in un secondo e piccolo bosco. Ero molto distante da casa, con un ragazzo che conoscevo da nemmeno un giorno...ero una stupida!

Ci sedemmo in riva al lago e parlammo un po' dei nostri cibi preferiti e dei nostri passatempi, finché non lo vidi soffermare lo sguardo sul bracciale che portavo al polso. «Che bellissimo bracciale, è un ragalo dei vostri genitori?»

«Oh...», ci poggiai la mano su, «no, cioè è un regalo ma non dei miei genitori. Mi è stato regalato da mio cugino», deglutii. Forse più di un cugino, aggiunsi mentalmente.

«Un pensiero nobile da parte sua, non ne avevo mai visto uno così raffinato.»

Aggrottai la fronte e puntai lo sguardo altrove. Perché si interessava tanto al bracciale?
«Penso sia ora di tornare a casa», mi alzai, scrollandomi dalla gonna i residui dell'erba.

«Si, lo penso anch'io. Comunque, mia bellissima principessa, siete incantevole con indosso quest'abito.»

Gli sorrisi, ringraziandolo e iniziando a camminare. Il resto della giornata passò tra chiacchiere e chiacchiere, mia madre volle sapere tutti i dettagli, temeva che alcuni fossero un po' troppo piccanti, ma le avevo assicurato il contrario.

Mio padre fu intrattenuto dallo zio William per alcune faccende a me sconosciute e quindi non lo vidi a cena.

Mi sdraiai a letto verso quasi mezzanotte e non ci volle molto prima di addormentarmi.

«Finalemente siete venuta», sentii una voce in lontananza.

Mi guardai attorno, accorgendomi di essere distesa su un terriccio umido e fangoso. Alzai il busto e socchiudendo gli occhi, per mettere a fuoco ciò che mi circondava, vidi una figura avanzare verso di me.

Non c'era il sole, quindi addio luce, ma non c'era nemmeno la luna, era un'abisso di oscurità.

«Chi siete?»

«Mi sorprende notevolmente che non riuscite a riconoscermi», aggiunse prima di fare ancora un passo in avanti e rivelandosi a me.

«Damon?! Santo cielo siete davvero voi? Non posso crederci!!», mi alzai del tutto da terra e corsi verso di lui, fermandomi, però, quando mi accorsi che la mia stessa voce rimbombava in quel bosco. «Questo è un sogno, non sei reale», passai immediatamente al "tu", poiché sapevo che nessuno poteva sentirci.

«Se veramente lo vuoi, questo può diventare realtà», indicò prima me e poi lui.

«No, non potrà mai diventare realtà, tu sei andato via e mi hai lasciata da sola, quando avevi promesso il contrario.»

«È vero, sono andato via, ma non ti ho lasciata da sola, ecco perché sono qui. Vieni domani alle tre di pomeriggio alla nostra casetta.»

«Cosa? Quale casetta? L'avevano distrutta!», urlai, vedendolo piano piano dissolversi. «Damon aspetta!!»

«Damon!!», urlai, balzando giù dal letto con un tonfo assordante.

Piagnucolai dal dolore e mi alzai, poggiando i gomiti sul bordo del letto. Lo avevo sognato, cosa mai successa prima, e mi aveva dato appuntamento. Stavo ancora sognando? Impossibile.
Sarei andata al luogo stabilito? Nemmeno morta.

Era un sogno e non ero tanto disperata da dar il consenso alla pazza in me. Non ci sarei andata, punto.

Posai una mano alla base del collo e tastai la pelle fredda e sudata. Lanciai un veloce sguardo all'orologio e, prima di scendere a fare colazione, chiamai Sofia per un bagno caldo e rilassante.

«No, principessa Jane, ancora una volta avete sbagliato!», mi rimproverò il mio insegnante di violino. Era da circa mezz'ora che avevo iniziato la lezione e quello era il quarto rimprovero. Non riuscivo a concentrarmi, pensavo costantemente al sogno.

Mancava un'ora alle tre del pomeriggio e le mani iniziarono inconsapevole a tremare e sudare. «Mi dispiace tanto, oggi non sono concentrata.»

«Si, l'ho notato, terminiamo qui la lezione, non avrebbe senso continuare.»

«Grazie mille per la vostra comprensione, le assicuro che domani recupererò.»

Mi passai una mano tra i capelli e osservai ancora una volta l'orologio. Decisa ad andare contro alle mie stesse parole, mi incamminai verso l'uscita del castello, diretta verso quella che una volta era la nostra casa dei sogni.

I miei piedi si muovevano da sé, quella casa mi attirava come non mai, anche se in quel momento non era altro che un ammasso di legno rovinato.
Ero a pochi passi dalla casa, quando udii un inconfondibile voce: «Jane.»

Sentimenti Mai ProvatiWhere stories live. Discover now