XVII

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«Jane, siete davvero voi», disse mio padre, avanzando verso di me ed afferrandomi le mani.

Ero ancora scossa per ciò che era accaduto, infatti sentivo ogni tanto tutto attorno a me traballare, ma cercai di piantare bene i piedi a terra e stare ferma. Non ebbi nemmeno il tempo di salutare mio padre, che fui tirata e abbracciata da mia zia Leila.

«Z-Zia Leila sto bene», dissi con il respiro che mi mancava. Sapevo che mio padre avrebbe mandato subito qualche lettera allo zio William per fargli sapere della mia scomparsa e sicuramente lui era uno dei primi ad accorrere qui per cercarmi.

«Tesoro mio, dove siete stata? Come siete tornata qui?»

«Leila lasciatela respirare un attimo, la vedo ancora scossa, come del resto lo siamo tutti. Entriamo in casa, a vostra madre verrà un colpo quando vi vedrà.»

Mi prese a braccetto e, accompagnati silenziosamente dagli zii, ci recammo tutti nel castello. Nemmeno le guardie mi avevano vista atterrare lì magicamente, il che era strano.

Mi chiesi cosa ci facesse mio padre fuori casa, ma quella era una domanda che sarebbe stata rimandata ad un giorno futuro.
Non appena varcammo il portone di ingresso, vidi mia madre parlare con una nostra cameriera.

Incuriosita da tanto silenzio o dalla strana aria che in quel momento ci avvolse, si voltò lentamente verso di noi. Vidi le sue espressioni tramutare dalla sorpresa, alla confusa, all'entusiasta.
Senza dire nulla, si lanciò su di me e mi abbracciò forte, mentre sia il mio che il suo corpo vibravano per l'emozione del momento.

Non bastavano parole per noi, quell'abbraccio le batteva tutte. Mi era mancata tantissimo e, nei tanti momenti in cui immaginavo di tornare a casa, lei era sempre il primo volto che mi appariva davanti agli occhi.

Il nostro rapporto era speciale, lei era tutto per me: una sorella, un'amica, un sostegno fondamentale; a lei confidavo tutto e, anche se non lo facevo, capiva tutto in un nano secondo.

«Sophia preparare del tè», disse mio padre alla cameriera, che non esitò ad annuire e scomparire nelle cucine.

«Come siete fredda, venite qui», zia Leila mi trascinò verso il camino. Era normale essere fredda, dal posto in cui provenivo c'era una delle famosissime ere glaciali. Ancora mi chiedevo come potesse fare così freddo lì.

Il mio corpo fu avvolto da una pesante coperta e tra le mani mi ritrovai del tè caldo.
«Come state?», chiese mio padre.

«Sto bene.»

«Jane, ci dovete delle spiegazioni e vogliamo la verità su tutto», proprio mentre mio padre smise di parlare, vidi Angel entrare in sala.

«Oh Santo Cielo, Jane!!», urlò, correndomi incontro ed abbracciandomi.

Ricambiai l'abbraccio e la strinsi forte. Aveva il suo stesso odore e non mi riferivo a quello della pelle. Dopo tanti anni potevo finalmente usare l'olfatto come gli esseri della mia specie. Avvertivo tutti gli odori presenti sia fuori che dentro al castello e riuscivo persino ad udire la voce delle guardie fuori al palazzo.

Tutto ciò era nuovo per me, non ero abituata a tanto baccano, infatti dovetti fare un notevole sforzo per impedire di concentrarmi sul mondo esterno, altrimenti sarei impazzita.

Non avevo voglia di tè, volevo sangue, mi sentivo disidratata e il mio unico desiderio era incentrato lì.
«Cosa volete sapere?», chiesi, osservando il fuoco e deglutendo.

«Aspettate, prima facciamola sistemare, sarà sicuramente scossa e le nostre risposte possono attendere un altro po'», adoravo ancor di più mia madre per ciò che aveva detto, subito aveva captato il mio tanto d'animo, ma prima avrei risposto a quelle domande e prima sarei andata via da lì.

Era ironico come pochi giorni prima desideravo tornare a casa e in quel momento volevo ritornare da lui.

«No, madre, tranquilla. Sono pronta a rispondere a tutte le vostre domande. Sono stati giorni di inferno per voi, o almeno immagino e meritate chiarezza.»

Mio padre mi accostò e chiese: «la prima cosa che vorrei sapere è: siete stata di vostra spontanea volontà ad andarvene o siete stata costretta?»

«Mi sembra alquanto scontata come domanda, dato che quelle poche volte che sono riuscita a mettermi in contatto con la mamma, le ho esplicitamente fatto capire che volevo fuggire di lì.»

«Lo sappiamo, ma a tutti sfugge un tassello fondamentale: perché adesso siete qui? Siete riuscita a fuggire, come?»

«Non sono fuggita, mi ha lasciata libera.»

«Lui? Damon?»

Annuii, osservando ancora il fuoco. 
«Quindi è vero che siete stata con lui, come sta?», chiesi subito in apprensione zia Leila.

«Leila non è il momento-»

«Sta bene», interruppi mia madre.

«Perché vi ha lasciata libera?»

«Perché il posto in cui eravamo era troppo pericoloso per me.»

Mio padre si passò una mano tra i capelli, segno che stava elaborando chissà cosa, poi si alzò.
«Va bene, basta così», disse mia madre. Mi afferrò per un braccio e mi alzò dal divano, «domani ci spiegherete tutto con calma, adesso è tardi e voi siete troppo scossa.»

Odiavo quando mi dava del voi, ma in pubblico doveva.
Mio padre subito accordò, dopodiché fui trascinata nella mia stanza.

Spazio autrice:
Questo è solo un capitolo di passaggio, serviva per il riavvicinamento di Jane con la sua famiglia.
Aggiornerò il mercoledì e il venerdì, come avete deciso voi nei sondaggi instagram, ma vi avviso che non sempre i capitoli saranno "lunghi" rimarranno sempre nei limiti che mi ero imposta.
-Angel ❤️

Sentimenti Mai ProvatiWhere stories live. Discover now