XIII

2.8K 150 9
                                    

Sgranai gli occhi appena sentii quella voce, eppure davanti a me non avevo nessuno, ero sola.
Chi stava parlando? La voce aveva lo stesso suono di quella di mia madre, ma lei non c'era.

«Jane mi senti?», chiese.

«Io...madre siete voi?»

«Jane! Si, sono io. Bambina mia, come hai fatto ad entrare nella mia mente?»

«Ho ricordato una delle poche lezioni che mi avete dato, madre la situazione sta peggiorando: Damon ha scoperto che ho liberato i miei poteri e vuole celarli nuovamente!»

«Non deve farlo Jane! I tuoi poteri sono l'unico modo che ho per rintracciarti. Piccola mia, sei nelle Campagne Dell'Ovest, il problema è che non capisco il punto preciso: l'ago mi indica un posto inesistente dalla mappa, si ferma sul bordo del tavolo. Sei riuscita a capire più o meno dove ti trovi?»

«No, madre, non mi concedono di uscire. So solo che sono in un castello antico, sembra essere abbandonato. Lui non vuole lasciarmi andare, dice che gli appartengo, ma è impossibile, giusto?»

«Pensavamo di sì, ho riferito a tuo padre tutto quello che mi hai detto e lui ha fatto delle ricerche: se è davvero come dice lui, voi due siete uno dei casi leggendari della storia. Prima di voi, solo un'altra coppia di legami era destinata, seppur non fossero nati nello stesso giorno. È un caso rarissimo, ma cerca di scoprire se realmente anche lui ha un segno sulla caviglia.»

«Non sarà facile. Penso che tra un po' tornerà, devo andare.»

«Se riesci, mettiti in contatto con me ancora, va bene?»

«Certo, ah, madre, un ultima cosa: penso che il castello sia circondato da una foresta, qui fa sempre freddo.»

«Una foresta? Nelle campagne dell'Ovest non ci sono foreste.»

«Sono sicura che attorno a noi non ci sono altre abitazioni, siamo immersi nell'oscurità e nel silenzio.»

«Capisco.»

Dopo nemmeno un secondo dal termine di quella semplice parola, tutto attorno a me divenne scuro e, quando riaprii gli occhi, ero nuovamente tornata in camera.

Udii del rumore provenire dal piano inferiore e ciò mi fece intuire che Damon fosse tornato. Chissà quanto tempo era passato.
Presa da un attimo di panico, afferrai tutto ciò che avevo portato con me e nascosi tutto sotto il letto. Mi sedetti davanti al camino ed incrociai le gambe.

L'abito che mi aveva fatto indossare era orribile, sporco, corto e puzzolente. Lo vidi entrare con un sorriso sulle labbra e ciò non mi piaceva.

«Sembri felice.»

Ed ecco che il sorrise scomparve e tornò serio come sempre. Capii immediatamente il mio errore, ma stetti zitta e non mi corressi. Sospirò e mi incitò ad alzarmi, lo feci ed incrociai le braccia.

«Questa sera esci.»

«Davvero?»

«Si, verrai con me.»

«Dove?»

«Fuori, finirai col ammalarti se resti ancora in casa.»

Come se la colpa fosse mia! Vorrei tanto urlargli contro, ma mi limitai a sorridergli ed alzarmi dal pavimento.
Le ore a venire le passai ad osservarlo mentre leggeva un libro, o qualsiasi cosa fosse, ogni tanto mi dava ordini, ma quella volta non obiettai; ero troppo felice per dire qualcosa e non volevo che cambiasse umore ed idea.

Verso le sette di sera mi portò un abito e mi disse di indossarlo. Non era un abito sfarzoso, ma era cento volte meglio di quello che indossavo: intero, verde scuro, senza alcun decoro, stretto in vita e sbuffo leggermente sulle spalle.

Pettinai i capelli con le dita, erano sporchi, così come lo era la pelle delle gambe, avevo bisogno di un lungo bagno caldo.

Il sole calava lentamente, lo capivo dai fiochi raggi che intravedevo a malapena dalle tende chiuse. Damon entrò in stanza e mi afferrò un polso. Barcollai leggermente mentre mi trascinava verso l'esterno, avevo una gran fame e sete.

Per la prima volta inspiravo il suo profumo, il suo sangue era un qualcosa di straordinario e mi ci impegnavo tanto per non attaccarlo. Sapevo che lui era molto più forte di me, quindi partivo svantaggiata.
Non aveva detto nulla riguardante al sigillo dei miei poteri e ciò era un bene; mia madre aveva più possibilità di rintracciarmi e, una volta uscita fuori, le possibilità sarebbero aumentate di molto.

Percorremmo l'ennesimo corridoio freddo e con legno cigolante. Arrivammo in quello che doveva essere l'atrio e Damon aprì l'enorme portone in legno scuro.

Chiusi gli occhi e li stropicciai per un po', dopo chissà quanti giorni chiusa al buio, quel leggero filtro di luce si presentava come un faro nel mare.
Mi ci vollero un paio di secondi per riuscire a vedere nitidamente, nei quali Damon si era fermato e mi contemplava.

Osservai ciò che ci circondava e, come sospettavo, eravamo circondati da una grande foresta. Feci un passo in avanti, ma subito mi fermai; non sapevo il motivo, ma avevo iniziato ad avvertire una gran paura.
In lontananza vedevo uomini con indosso le armature scure e mi tornò in mente l'attacco a casa. Volevo chiedergli tante cose, ma qualcosa continuava a frenarmi.

Scendemmo esattamente dieci gradini e mi voltai alle spalle per riuscire a vedere interamente il castello in cui mi trovavo. Se l'aspetto interiore era uno schifo, quello esteriore eraa anche peggio; il piccolo sole era coperto da grandi nuvole scure e oscuravano noi e ciò che ci circondava.

Quella struttura mi metteva i brividi: cime appuntite, una torre centrale ricoperta da un fogliame secco e cadente, finestre impolverate. Damon aveva deciso di scappare di casa per venire qui e vivere in queste condizioni, per cosa? Cosa lo spingeva, o chi?

Iniziammo a camminare sull'erba, non c'era altro che alberi. Se mai avessi trovato un modo per scappare, non c'era alcuna via da percorrere. Alcuni uomini con l'elmo si voltarono verso di me durante il cammino ed io abbassai il viso intimorita.

«È la prima volta che ti sento così silenziosa», disse lui.

«Sto cercando di capire il ragionamento che hai...avete fatto quando siete fuggito di casa.»

«Nessun ragionamento, me ne sono andato e basta.»

«Per venire a vivere qui? In un castello abbandonato?»

«Questa non è casa mia, qui tengo solo te.»

A quelle parole mi fermai, «cosa? Non abitate qui? Non so se essere felice o arrabbiata.»

«Felice per cosa?»

Continuai a camminare, pur sapendo dove andare, ma speravo che lui conoscesse il posto. «Per voi, sono felice perché avete una casa a vostra disposizione che non sia maleodorante e in rovina.»

Sembravamo due estranei e a malapena riuscivo a trattenere le lacrime. «Sei sempre stata così debole», lo sentii bisbigliare.
Mi voltai verso di lui, ma non dissi nulla; infondo aveva ragione.

Eccomi ritornata con un nuovo capitolo! Mi sono presa del tempo per scrivere altri capitoli e ho postato un avviso su instagram per avvisarvi.
Aggiornerò il libro ogni due giorni, quindi ci sentiamo martedì, baci😘
-Angel ❤️

Sentimenti Mai ProvatiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora