11. Ore 17.25

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Una bella notizia.

Siedo sulle scomode poltrone nell'ovattata sala d'aspetto.

Rileggo la mail

Le pareti sono beige. Dicono che il beige sia distensivo.

Mi hanno scritto, hanno valutato il mio lavoro, vogliono approfondire la cosa per una collaborazione.

È come una lucida montagna di sabbia del deserto pronta a soffocarmi, in procinto di crollarmi addosso.

Il telefono, nella tasca, tra le dita.

"Ehi... ciao... si, volevo dirti che mi hanno scritto, vorrebbero leggere le mie cose e in caso collaborare per una pubblicazione... si lo so, è fantastico... no dai, non voglio che cucini, voglio festeggiare!! Perchè non usciamo stasera? ristorante, pago io, come quando non mi cagavi"

Ride
Rido.

Fisso il cellulare spento.

Vorrei chiamarti, condividerlo con te.
Tutta fantasia. Tutte stronzate. Tu non ci sei, e io non lo dirò a nessuno.
Alzo gli occhi.

Una donna con un bambino mal nutrito che dormo sulla sua spalla.
Una sedicenne con i primi segni di una precoce gravidanza.
Una donna pelle e ossa con lo sguardo tetro, solcato dagli effetti della tossicodipendenza.

Spengo la mia gioia per l'amore e la vita, che mi fa sentir vivo e illumina il mio mondo nel mezzo di quel caotico e maleodorante ammasso di esistenza e malinconiche occasioni sprecate.

Entra la psicologa
"Prego" sorride.
È in anticipo di mezzora.
Sono solo le 17.25

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