Capitolo IV

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Roma, 27 giugno 1912

Il giorno del battesimo del giovane principe Luigi Giardini era una tipica mattinata d'estate, con un sole brillante che illuminava le strade e i colori degli abiti degli invitati, tutti elegantissimi: erano presenti i suoi genitori, il padrino e la madrina - rispettivamente Emilio e Teresa - insieme ai nonni paterni e a quella materna, l'anziana contessa Carla Mazzanti, i Solari, i Ghisoni e i fratelli Rosa e Oreste Belfiore e i Berardi, invitati dalla principessa Giardini per via della vicinanza di Elena con la loro famiglia.
Il parroco che aveva officiato la cerimonia era Don Domenico Salviati, lo stesso che aveva celebrato il matrimonio tra Renato e Andreina.
Nell'atmosfera festosa che si era creata sul piazzale antistante la chiesa, dopo il battesimo, la contessa Isabella notò che Emilio si era timidamente avvicinato a Lucia e lei gli aveva amabilmente degnato la sua attenzione.
Suo fratello le si avvicinò, guardando nella sua stessa direzione.
<< Speri che possano presto convolare a nozze? >> domandò.
<< Il vecchio conte Marconi è con un piede nella fossa, Emilio erediterà una fortuna da capogiro e Lucia è la mia unica figlia: niente deve andare storto! >> decretò la contessa.
Sapeva che Lucia non avrebbe mai amato nessuno come suo cugino Giuliano, ma lui non l'avrebbe mai ricambiata: doveva farsene una ragione.

                                      ***

Roma, 16 ottobre 1912

Ma fu la morte della principessa Oriana Giardini, dopo un aggravamento delle sue condizioni di salute, a spiazzare l'opinione pubblica, sebbene ognuno un po' se l'aspettasse: nei salotti bene della Capitale, ormai, la vedevano più tossire che parlare.
Aveva fatto in tempo a conoscere suo nipote, per questo motivo era morta in pace; suo marito, il cui carattere era già bizzarro e difficile, peggiorò ancora di più: i giorni successivi al funerale non uscì quasi mai dalle sue stanze, e i suoi familiari erano molto preoccupati, ma c'era qualcuno che temeva il suo silenzio ancora di più, e quel qualcuno era Aristide Solari; il conte infatti era in trattativa col principe Giardini per le possibili nozze tra Giuliano e Teresa.
Un lutto non ci voleva, avrebbe dilatato troppo i tempi, anche perché l'avventura di suo figlio con Nadia Berardi stava durando anche troppo: se non avesse conosciuto Giuliano come le sue tasche, avrebbe detto che quella ragazza gli aveva fatto perdere la testa; ma era la figlia dell'amministratore delle terre di famiglia, non poteva nemmeno minimamente ambire a diventare la futura contessa Solari.
Quando lo confidò a sua sorella, la contessa Negroni gli consigliò di pazientare e nel frattempo di sfruttare altre occasioni.
<< Non angustiarti, mio caro. Presto il conte Marconi lascerà questo mondo e avremo non solo un matrimonio a cui pensare, ma due carriere da sostenere, quelle dei fratelli Ghisoni. Per quanto riguarda la figlia di Berardi, sono sicura che presto in nostro Giuliano si stuferà di lei... >> lo tranquillizzò lei.
Aristide si sentì rasserenato: sapeva che lui e sua sorella erano i cervelli più sopraffini della nobiltà romana, e che presto un nuovo piano avrebbe preso forma nelle loro menti.

                                     ***

Roma, 26 marzo 1913

Le sofferenze del vecchio conte Gaetano Marconi vennero alleviate definitivamente una mattina di primavera, dopo che ebbe chiamato al capezzale il suo unico figlio maschio Emilio, per dirsi tutte quelle cose che non si erano potuti dire in tutti quegli anni in cui l'aveva sempre trattato come un bastardo.
Nel salotto di Palazzo Marconi, Isabella e Aristide, in veste di accompagnatori del nipote, attendevano trepidanti che il ragazzo uscisse dalla porta del moribondo con qualche notizia, qualsiasi essa fosse.
Le sei sorelle nubili del conte, sparse per le varie stanze della casa, piangevano e pregavano; la contessa pensava che non ci fosse sincero dolore nelle loro lacrime, né che le loro intenzioni fossero migliori di quelle dei Solari.
Quelle presenti in salotto lanciavano occhiate oblique ai due fratelli, pensando che fossero avvoltoi venuti a reclamare la loro parte di banchetto, che corrispondeva al povero conte Marconi.
Anche Emilio, non appena uscì, fu bersaglio della stessa tipologia di occhiate; tuttavia cercò di non farsi condizionare e scese di sotto per raggiungere gli zii.
Non appena Isabella e Aristide lo videro arrivare, i loro occhi si catalizzarono su di lui.
<< Allora, caro? Come sta tuo padre? >> domandò Isabella, anche se i pianti sommessi delle sorelle nubili del conte erano abbastanza eloquenti.
<< È morto >> rispose Silvestri, come svuotato da quell'esperienza.
<< Cosa ti ha detto? >> insistette Aristide.
<< Dovrò aspettare che venga letto il testamento, ma ha intenzione di nominarmi suo erede universale >> replicò Emilio.
Il conte Solari e la contessa Negroni cercarono di nascondere i rispettivi sorrisi.

Tutta la vita che non abbiamoWhere stories live. Discover now