Capitolo XI

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Roma, 24 dicembre 1916

Sembrava che non fosse passato un giorno, dall'ultima volta in cui la maggior parte della nobiltà romana si era riversata a Palazzo Solari: si era trattato del Natale del 1915, quando Emilio Marconi e Giovanni Castroni si erano sfidati a duello per amore di Lucia Negroni; ma era passato un anno, e per di più il conflitto era ancora in corso, più acceso che mai: gli uomini, in congedo per festeggiare il Natale, avevano ancora l'esperienza delle trincee negli occhi; le donne, che avevano passato periodi più o meno lunghi in campagna, avevano bisogno di sfogarsi tra loro per esorcizzare la paura di perdere i propri cari.
C'era chi, in quell'anno, era riuscito ad allargare la famiglia: Armando e Rosa Belfiore, già genitori della piccola Giulia, avevano già battezzato suo fratello minore Enrico; la stessa benedizione non era stata ancora concessa a Marcello ed Elena, e la contessa Ghisoni non aveva perso occasione per lamentarsene con la cugina Isabella.
<< Cara cugina, non riesco a capacitarmi che Armando e Rosa mi abbiano già resa nonna di due splendide creature, mentre Marcello ed Elena non ne hanno nemmeno uno... >> sbuffò, mentre la contessa Negroni l'ascoltava annoiata, così come lo era durante tutte le sue conversazioni con la cugina.
<< Si sono sposati che c'era già la guerra, cara Maria... Se l'intenzione era quella di provarci tra un congedo e l'altro, avrebbero dovuto colpire nel segno, non credi? >> le fece presente perciò. La madre di Armando e Marcello a volte sapeva essere davvero poco acuta.
<< A volte penso che quella ragazza non ami mio figlio. Temo seriamente che lei usi certi... espedienti, sì, espedienti per non rimanere incinta >> affermò Maria, piena di vergogna.
<< Sono sicura che ti sbagli, e che presto arriverà un nuovo piccolo Ghisoni >> la rassicurò Isabella, congedandosi con una scusa: non aveva la minima intenzione di ascoltare le lamentele di sua cugina, erano quattro anni che le subiva.

                                     ***

<< È libero questo posto? >> domandò una voce maschile che distolse Teresa Giardini dai suoi pensieri.
La ragazza volse lo sguardo verso la persona che aveva parlato: si trattava di Daniele Mazzanti, il fratello della sua defunta cognata Andreina.
<< Certo che lo è, conte Mazzanti >> disse subito, facendolo accomodare sul divano accanto a lei.
<< È curioso... Siamo praticamente una famiglia, eppure abbiamo sempre avuto rapporti molto formali... >> rammentò il giovane, guardando negli occhi la principessa, la quale abbassò i suoi. Mai un uomo, nemmeno Giuliano Solari quand'era stato il suo promesso sposo, l'aveva guardata in quel modo.
<< Avete ragione. È strano >> ammise, cercando di darsi un contegno.
<< La mia povera sorella mi parlava spesso di voi. Diceva che date un senso di pace a tutti quelli che vi circondano >> confessò Mazzanti.
<< La principessa Andreina era gentile e disponibile. Mi ha aiutata in situazioni piuttosto spinose... >> ricordò la Giardini, ripensando a quando impartiva direttive ad Elena Berardi per renderla attraente agli occhi di Giuliano; era stata una sorella, più che una cognata. Le mancava molto.
<< Già, era prima della guerra quando rifiutaste la mano di Giuliano Solari. Avete fatto bene, sapete? La sua moralità è piuttosto dubbia. Non faceva per voi >> commentò lui.
<< E secondo voi, quale tipo di uomo farebbe per me, ammesso che mi sposerò? >> volle sapere allora lei, incuriosita. In altre circostanze avrebbe troncato quella conversazione citando un salmo appropriato alla situazione, ma con Daniele Mazzanti sembrava all'improvviso tutto più facile, naturale.
<< Qualcuno che riesca a nuotare senza affogare nell'azzurro dei vostri occhi >> replicò il giovane conte, provocando in Teresa delle sensazioni sconosciute, che la spaventavano ma la eccitavano al tempo stesso.

                                     ***

Quando fu il momento di ballare, furono Greta e Renato ad aprire le danze: d'altra parte erano la coppia più in vista, e mancavano davvero pochi mesi al loro matrimonio.
Gli altri partecipanti esitarono un attimo, prima raggiungerli anche loro in pista, abbagliati com'erano dai due splendidi futuri sposi: lei era sfolgorante, nel suo abito celeste tempestato di perle, come se fosse un cristallo di neve; lui abbagliava chiunque con la sua bellezza di uomo maturo e in forze, combattente di tante battaglie.
Emilio, consapevole di averli fatti incontrare lui proprio in quella stanza, in quell'aprile del 1912, più osservava Greta volteggiare tra le braccia di Renato, più si rendeva conto di aver perso un'occasione; vedeva Lucia ballare con Giovanni Castroni, e si rese conto che tutto ciò che aveva provato per lei non era altro che una proiezione dei sentimenti che aveva sempre provato, pur non rendendosene conto, della contessina Solari.
Intorno a loro anche altre coppie si fecero coraggio: Rosa e Armando, Elena e Marcello, Teresa e Daniele, Oreste e Nadia.
Sembrava che, in quella Vigilia di Natale del 1916, la guerra non appartenesse alle loro esistenze.

                                    ***

Mentre i balli continuavano senza sosta, Giuliano era sgattaiolato in una delle stanze del primo piano: quando sentì bussare tre volte alla porta, la aprì immediatamente. Era Nadia.
<< Finalmente, amore mio... >> la accolse lui, mentre lei gli buttava le braccia al collo e lo baciava con passione.
<< Non ce la facevo più a ballare con Oreste... >> confidò la Berardi, mentre Solari le baciava il collo.
<< E io ad essere corteggiato da tutte le ragazze nubili di cui la sala è piena... >> rispose, mentre si avvicinavano al letto a baldacchino.
<< Tuo padre e tua zia ti faranno sposare a una di loro? >> domandò preoccupata la giovane.
<< È probabile, ma non l'amerò mai come amo te... >> replicò il ragazzo, mentre la spingeva delicatamente sul materasso in preda all'eccitazione.
Tuttavia l'una, prima di sollevare la gonna, esitò.
<< Non ci lasceranno mai in pace, Giuliano. Anch'io ti amo, come tu ami me. Ma sei l'erede della fortuna dei Solari, mentre io la figlia dell'amministratore delle terre... >> gli ricordò.
<< Ma l'hai detto tu: io ti amo, e non m'importa né delle ragazze d'alto rango, né che tu sia promessa in sposa a Oreste Belfiore. Voglio stare con te, e quando la guerra sarà finita le regole sociali cambieranno. Cambierà tutto, e noi potremo essere felici... >> le promise l'altro, cosicché Nadia non ebbe più dubbi e lo accolse subito dentro di lei.

                                     ***

I due non erano i soli ad essersi ritirati: Francesca e Filippo avevano lasciato la sala e si erano spostati nel fumoir per parlare.
La donna aveva un diavolo per capello.
<< Questa festa è il pericolo più grande che potessimo correre! >> sbraitò, ma non troppo per non farsi sentire dai presenti nella sala adiacente.
<< E quale sarebbe? Forse il fatto che mia sorella diventerà la seconda moglie del marito della tua, morta in circostanze su cui non è mai stata fatta piena luce? >> replicò sarcastico suo marito.
<< Parla piano, o hai dimenticato che ci sei dentro fino al collo anche tu? >> gli fece presente la moglie.
<< Abbiamo fatto in modo che fosse un incidente domestico, ma non ti ho garantito che i Giardini non incrociassero più il destino della nostra famiglia! >> le ricordò l'uomo.
<< Sono due anni che tutta l'alta società crede alla versione della povera Andreina Giardini che è caduta dalle scale. Se Renato dovesse cominciare a farsi delle domande, dovremmo cominciare a pregare che non arrivi alla verità, altrimenti sarebbero davvero guai, per noi e per i nostri figli! >> sostenne la donna.
<< E cos'hai intenzione di fare? Sarai tu a distrarlo? Come se non sapessi che non vedi l'ora di sacrificarti... >> la provocò il conte.
La contessa lo guardò con disprezzo: quand'era adolescente amava il principe Renato Giardini per la sua bellezza e la sua intelligenza, ma era andato in sposo a sua sorella Andreina e lei, invece, si era ritrovata un consorte che si credeva umoristico ma a volte le sembrava che rasentasse la stupidità.
<< Dovevo essere io la principessa Giardini, non lei. Abbiamo discusso, nella tenuta di Genzano, e gliel'ho rinfacciato. Lei ha riso. Io ho sofferto in silenzio per dieci anni e lei ha riso. Non l'ho sopportato e l'ho spinta giù. Un attimo prima era viva e l'attimo dopo era a terra, immersa nel suo sangue >> confessò, come se si fosse tolta un peso. Piangeva, ma era anche soddisfatta.
Ciò che i coniugi Solari non sapevano era che inavvertitamente Emilio aveva ascoltato tutta la conversazione: le parole dei cugini erano state come un pugno nello stomaco; se Renato avesse saputo la verità, probabilmente non avrebbe potuto più guardare in faccia nessuno dei Solari, nemmeno Greta, e se così fosse stato lei sarebbe morta di dolore.
Se invece Marconi avesse taciuto, il peso di quel segreto l'avrebbe schiacciato per sempre.

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