09. Un metro e ottanta di antipatia

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Abbi buona cura del tuo corpo, è l’unico posto in cui devi vivere.
-Jim Rohn



Rivolgo lo sguardo verso il cielo limpido. È una piacevole giornata soleggiata.

Il rumore intorno a me si annulla di colpo mentre il mio pensiero vola indisturbato alla sua lettera. Forse avrei dovuto leggerla una volta tornata a casa, ma stamattina ero talmente curiosa, che mi sono dovuta chiudere in bagno, a scuola, per leggerla senza alcuna interruzione.

E il mio cuore in questo momento urla "Avanti, chiedigli il nome", ma il cervello prova in tutti i modi a farmi ragionare.
Venire a conoscenza del suo nome, significherebbe anche conoscere la sua faccia, incontrarlo ogni giorno nel corridoio, in mensa, nel cortile. Sentirei una stretta allo stomaco ad ogni nostro incontro, perché sa del mio dolore, sa come mi sento, nonostante non ci siamo mai rivolti la parola di persona.

Mi sentirei giudicata, osservata. La curiosità cresce incessantemente ad ogni sua lettera, ma non posso permetterle di rovinare le cose.

Se sono ancora qui, è anche grazie a lui. Perché attraverso le sue lettere mi dà un motivo in più per continuare a respirare.

Le sue parole mi costringono a vivere ancora un giorno in più, ad attendere una risposta con ansia. Qualcuno mi sta ascoltando. Qualcuno pensa che il mio dolore non sia invisibile.

Ripenso alle sue parole mentre gioco con la forchetta di plastica nell'insalata che ho ordinato. La mia fenice... vorrei dirgli che è già morta una volta o forse sta per farlo adesso.

Per quanto il suo racconto mi abbia fatto emozionare e sorridere, mi sento comunque impotente di fronte alla mia mente.

«Come sei pensierosa oggi», nota Bonnie.

«Sì, scusatemi», batto le palpebre un paio di volte, cercando di riscuotermi dai miei pensieri e tornare con i piedi per terra.

Osservo con sguardo scettico Riley mentre sta facendo la radiografia al panino. Elenca a bassa voce gli ingredienti e arriccia il naso, come se non volesse mangiarlo, ma allo stesso tempo volesse divorarlo.

«Posso sapere qual è il tuo problema con il cibo ultimamente?», domanda Bonnie. Deduco abbia notato anche lei il suo silenzio e il modo in cui sta ispezionando ciò che ha davanti.

«A me piace mangiare», esordisce con una nota di rabbia nella voce. «Giuro, non vedevo l'ora di venire al Burger King per gustarmi questa meraviglia», dilata le narici, poi incrocia stizzita le braccia sotto il seno. «Ma ogni volta che passa del cibo attraverso il mio esofago, mi sento un po' morire dentro», ammette con un po' di disagio.

Bonnie smette di addentare il suo cheeseburger, si pulisce le mani e si gira verso di lei. «No, no, no. Ora tu ci spieghi per bene cosa ti passa per la mente.»

Riley sposta i capelli biondi dietro l'orecchio e solleva lo sguardo, guardandoci timidamente.

«Da quando mia madre mi ha detto che il mio culo sta per raggiungere le dimensioni di quello delle Kardashian e che ho i fianchi più accentuati, non riesco più a mangiare come prima. La sua frase e il suo sguardo indignato mi perseguitano giorno e notte», scuote la testa, deglutendo a malapena. «“Stai diventando enorme, Riley! Ultimamente mangi come un bisonte e il premestruo non è più una scusa, non hai tredici anni, il tuo corpo sta cambiando, quindi mangia con moderazione e rinuncia a quella merda che fanno vedere nelle pubblicità"», riporta le frasi della madre e sento un brivido percorrermi la schiena.

«Che stronza», esclama Bonnie, tappandosi la bocca subito dopo. «Scusami, non volevo insultare tua madre, ma è un comportamento scorretto. Sei in forma, cazzo ucciderei per avere quel culo!»

Un bacio dall'altra parte della lunaWhere stories live. Discover now