22. Io non voglio farti innamorare

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I am just a freak.

-Surf Curse


Ci sono alcuni sorrisi che sono stati disegnati apposta per noi, diceva mia nonna. Quando parli con qualcuno e lo vedi sorridere, ricordati che sei stata tu a creare quella piccola curva sul suo volto. C’è qualcosa di speciale in ogni sorriso, perfino in quelli tristi. Oh, soprattutto in quelli. Un sorriso triste non vorrebbe nemmeno baciarti il volto, eppure lo fa. Manifesta il tuo dolore, ecco perché ti anima il viso con delicatezza ed è con la stessa delicatezza che dovresti sfiorare la tristezza degli altri. Ama quel sorriso anche quando non ha voglia di manifestarsi e ama chi attraverso di esso saprà arrivarti dritto al tuo cuore.

Oh, come mi manchi, nonna…

Quanto vorrei poter parlare ancora con lei, sedute sul solito dondolo in giardino, mentre stringiamo tra le mani un bicchiere di limonata fresca preparata dal nonno. Gli occhi rivolti verso il cielo e i raggi del sole che tracciano il contorno del nostro volto.

E adesso, riporto con delicatezza gli occhi stanchi sulla figura di Tom, ammiro la sua espressione felice e gli sorrido, sentendomi capita da quel suo sorriso malinconico. Dietro a quella lieve curva si nasconde la sua gratitudine.

«Devo ammettere, piccola Chandra, che mi sei mancata», mi dice mentre camminiamo a passo lento sul lungomare puntellato da palme. «Oggi non sei andata a scuola?»

Il suono dei gabbiani e la gente che corre in spiaggia mi ricordano il momento trascorso insieme a Sasha. Un gruppo di ragazzi giocano a beach volley e altri cercano di cavalcare le onde.

«Mi sei mancato anche tu», sfrego il palmo sul suo braccio. «E no, oggi niente scuola», mi stringo nelle spalle con nonchalance. «Ho chiesto a Nino dove fossi, spero non sia un problema.»

«Come mai? Ti sei stancata, non è così?», ride e mi scompiglia i capelli, un gesto affettuoso. «Non è assolutamente un problema. Come puoi ben vedere, Nino è stato abbastanza gentile da offrirmi un suo vecchio cellulare», dalla tasca estrae un telefonino di vecchia generazione. «Meglio di niente.»

«Già. Ma adesso almeno posso chiamarti e assicurarmi che tu stia bene», gli do una piccola gomitata nel costato, lui ride.

«E io potrò fare la stessa cosa?», inarca un sopracciglio.

«Certo. Vuoi per caso sentire i miei lamenti prima del diploma?», abbasso lo sguardo e il sorriso si spegne lentamente. Chissà se riuscirò ad arrivarci viva fino ad allora.

«Manca sempre meno», cerca di incoraggiarmi. «Aspetta un secondo.»

Si allontana da me, io conficco le unghie nei palmi delle mani e cerco di calmarmi.

Non posso dirgli che mia madre mi ha buttata fuori di casa. Non posso dirgli che sono scappata come una codarda. Non posso dirgli che sono un fallimento e che, no, mio padre non sarebbe davvero così fiero di me.

Poco dopo mi raggiunge e dice: «Questo è per te», mi passa lo zucchero filato e lo guardo esterrefatta. «Tu mi hai regalato una nuova vita, io ti regalo una nuvola di zucchero.»

Sollevo gli occhi velati dalle lacrime e lo guardo come una figlia guarda il proprio padre. Ed eccola di nuovo quella piccola curva che ho disegnato sul volto; un raggio di luce trafigge le sue iridi e poi si ferma nel mio cuore. Un puntino rifulgente che si fa spazio in quel posto disabitato e polveroso.

«E spero di riempirti di nuvole di zucchero finché non riuscirò a regalarti il cielo in segno di ringraziamento», le sue parole mi entrano dentro con forza, sì fossilizzano da qualche parte tra le vertebre e acuiscono quel dolore che spesso fatico a nascondere.

Un bacio dall'altra parte della lunaWhere stories live. Discover now