Capitolo 1

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In quel piccolo paese, da poco diventato città, erano tutti in armonia. Agli abitanti piaceva la loro vita e chi era scontento poteva tranquillamente suicidarsi col tubo del gas senza lasciare tracce della sua depressione. La comunità era legata da vincoli d’amicizia solidi, quasi parentali. Non era difficile che, tra così pochi abitanti, qualche cugino non troppo alla lontana figliasse. Erano uniti e non accettavano facilmente estranei. Si era gelosi della propria riservatezza ma ognuno si faceva i fatti dell’altro.

La cittadina affacciava sul mare, su uno strapiombo collinare lungo il quale torreggiavano villette tinteggiate di bianco. Si viveva in modo autosufficiente, c’erano un paio di alimentari e di negozi di abbigliamento, una libreria, una chiesa, un cinema a una sala e una scuola che racchiudeva asilo, elementari, medie e liceo.

Atena arrivò in un tiepido pomeriggio di maggio. La sua macchina rossa sfrecciò sul corso principale, lasciando i passanti di stucco. Faceva ruotare il volante tra le dita sottili e inanellate e alternava lo sguardo sullo specchietto, monitorando il suo volto. Aveva deciso che avrebbe trascorso l’estate nella villa appartenente alla sua famiglia. Per anni non si vide quella casa illuminarsi, spalancare i suoi cancelli grossi come fauci e inghiottire qualcuno. Era un complesso maestoso, a tre piani, collocato sull’altura più eminente.

Atena entrò in una sala maestosa, di fronte a una scalinata in legno massiccio. Scostò una tenda di stoffa da una delle finestre ad arco e un fascio di luce polveroso le facilitò la vista. Era lì che sua madre era cresciuta, sgattaiolando chissà quante volte per quella scalinata, accompagnando il fruscio della sua sottoveste con risate cristalline.

La messinscena era iniziata.

Appena Apollo immerse il suo carro nel mare e il crepuscolo violetto tinteggiò il cielo, Atena diede inizio alle danze. Indossò un abito rosa cipria e un profumo alla vaniglia, la sua schiena delicata era totalmente nuda e i capelli ricci le lambivano le guance. Raggiunse il ristorante in riva al mare e nascose il suo volto con il menù. La spiaggia si espandeva ai piedi del locale, la brezza marina scuoteva le piante che attorniavano la balconata.

Fu in quel momento, tra lo chardonnay e il branzino al limone, che vide delle persone solcare la sabbia a piedi scalzi.
Erano in tre, due ragazzi e una ragazza. La sera confuse le loro facce e le amalgamò nello stesso identico sorriso. Il terzo, che si teneva lontano dagli altri, vagava distrattamente col viso rivolto al cielo. Alzarono le mani, le sventolarono in aria, salutarono proprio lei. Quando furono abbastanza vicini da poter parlare, Atena elargì un salve.

La prima in carica aveva una fascia che addomesticava i lunghi, lisci capelli biondi. I suoi occhi azzurri da sirena erano assottigliati per proteggersi dal vento e le labbra a cuoricino si schiusero per lasciar strimpellare dalle sue corde vocali un: -Ciao! Io sono Nora.-

Il secondo era alto e biondo, i denti bianchi e allineati come soldatini. Si sbilanciò sulla balconata come un bambino e ne strinse il bordo nelle mani scheletriche, la pelle delle braccia si tese attorno alle ossa come carta velina. Era coperto da una lunga maglia e un jeans più largo di due taglie e i suoi grandi occhi azzurri e vispi illuminavano la pelle lattea -Davide. E tu come ti chiami?-

Atena li studiava come uno scienziato con dei microbi. La sua attenzione precipitò sull’ultimo ragazzo. Aveva appena distolto lo sguardo dal cielo e lo aveva puntato su di lei. I suoi occhi erano di ossidiana, duri e neri, ma il suo sorriso era caldo come se avesse potuto sciogliere qualunque pietra. Era alto, l’apertura delle spalle imponente, le braccia tornite dagli allenamenti in palestra messi in risalto da una camicia di lino. La sua eleganza raggelante schiacciò l’indifferenza di Atena.

Era bello, di una bellezza fredda, senza anima. Non aveva emozione nel suo portamento, nel modo in cui la mano attraversava i suoi capelli dal colore notturno. Era la prima volta nella sua vita che Atena si trovava davanti una persona simile. Percepì il vuoto senza fondale, immenso. Allora rise. Una piccola risatina, dal suono di un ruscello che si infrange sui suoi argini. Lei, che riusciva perfettamente a comprendere lo stato d’animo altrui, trovò una porta aperta che dava sul niente.

-Questo posto è talmente piccolo, immagino sappiate già chi sia- rispose a Davide.

-Perché dovremmo?- chiese Nora.

-Volete farmi credere che non sono stata la protagonista delle chiacchiere dei vostri parenti da quando mi hanno vista?-

-Allora, ci spieghi un po’ chi sei?- Nora era stufa dei convenevoli.

-Atena Raggi. Conoscete il mio cognome.-

La famiglia Raggi era stata la più ricca del paese. Di origini nobili, i Raggi si erano trasferiti dalla città per condurre uno stile di vita più appartato e tranquillo. I nonni di Atena avevano installato una fabbrica di polveri da sparo, convertita negli anni Sessanta in una di elettronica. Producevano televisori, esportandoli anche al di fuori della nazione. La fabbrica fu ereditata dai genitori di Atena, ma fallì quando suo padre si suicidò.

-Tu non ti sei presentato.-

Atena si rivolse al ragazzo vuoto.

-Nico.-

N-i-c-o. Da nike, in greco vittoria. Sembrava che il ragazzo fosse perfettamente conscio dell’etimologia del suo nome, pronunciato con spavalderia. Le labbra di Nico erano attraversate da un taglio verticale, come l’ala del gabbiano che, proprio in quell'istante, fendette il cielo bluastro.

-Mi dispiace per l’interruzione, spero che la cena non sarà rovinata.-

Il cameriere le riempì un calice di vino.

-Assolutamente. Le nuove amicizie sono ben venute.-

Nico increspò le sopracciglia al tono madido di disprezzo di Atena. Lei li guardava da seduta, con le gambe accavallate, leggermente rialzata rispetto alla loro posizione. Strinse l’indice e il pollice sullo stelo del bicchiere di vino. Nico si allontanò con gli altri, lo guardò andare via. La pressione delle sue dita aumentò e spaccò il bicchiere nella sua mano.

Non si accorse del sangue che colava dal palmo e del cameriere accorso per asciugarlo.

AtenaWhere stories live. Discover now