Capitolo 2

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Una leggera musica ballava sulle note della notte. Dalla villa più alta della città la luce scivolava lungo il fianco della collina. Atena danzava nel salone, con le braccia aperte e i palmi verso il soffitto. Indossava una sottoveste bianca, che aderiva ai suoi capezzoli come una seconda pelle. Le cosce lunghe accarezzavano l’aria, i boccoli rimbalzavano sulle ossa appuntite delle spalle.

La sua destra era fasciata da una benda, da cui spuntavano le  dita da pianista. Aveva stretto il bicchiere così forte da romperlo, le schegge si erano conficcate nella sua carne e lei aveva chiuso il pugno, percependo il fiotto di sangue caldo spruzzare da un taglio piccolo e profondo. Il dolore l’aveva ammansita, era ciò di cui aveva bisogno per tranquillizzarsi, il suo calmante e la sua medicina.

Si fermò davanti allo specchio dorato, avvicinò il viso al suo riflesso e si sorrise.

Il telefono vibrò dal divano. Un messaggio da un numero sconosciuto.

Ti sto guardando

Chi sei?

No. Chi sei tu?

Atena ticchettò l’unghia sullo schermo. Si girò intorno, ma non vide nessuno.

Non mi rispondi?

Ti sto ancora guardando.

Mi piace il modo in cui cammini

Scalza, in punta di piedi, le tue ossa così appuntite che se le stringessi potrei farmi male.

Ti piacerebbe stringere le mie ossa?

Moltissimo

Allora vieni a provarci, vediamo se io riesco a stringere il filo del telefono attorno al tuo collo e se tu dopo riesci ancora a respirare.

Ti sei arrabbiata?

Mi dispiace, ma sei tu ad aver fatto arrabbiare me.

Ora siediti.

Ecco, brava, così.

Pensa con attenzione a cosa potrebbe succedere se tutte le uscite fossero sbarrate.

E se scoprissi che qualcuno si è introdotto a casa tua.

Qualcuno con un’arma.

Atena si trovava seduta sul divano, le ginocchia vicine, sostenute dai piedi tesi sulle punte. Sembrava una bellissima bambina che stava aspettando lo schiaffo dal papà arrabbiato. La sottoveste era risalita nell’interno coscia, la luce lattea della luna la espose come una preda sacrificale. Infilò la mano tra i cuscini, impugnò un coltello dal manico intarsiato.

È inutile prendere quel coltello.

Posso freddarti quando preferisco. Mettilo a terra.

Atena lesse con la coda dell’occhio, ma non lasciò l’arma.

-Vieni qui- invitò con una voce da sirena, tagliente come il vetro che l’aveva ferita.

AtenaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora