Capitolo 11

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Nico aveva un ricordo limpido della prima volta che aveva contrattato con Kishin.
Era l'inverno pungente dell’anno precedente. Lo incontrò in un'ex industria fuori l’autostrada, a dieci chilometri dalla sua città. Uscirono dalla macchina contemporaneamente e si strinsero la mano. Nico gli aveva sorriso, ma Kishin non aveva mutato la sua espressione ostile.

Nico aprì una valigetta piena di soldi e gliela consegnò -Potrai riceverla ogni mese, ci incontriamo qui. Stesso giorno, stesso orario. L’importante è che ci lasci stare.-

-Levami una curiosità: come fate ad avere una cifra simile ogni mese?-

-Ti sto pagando per farti fare i fatti tuoi.-

Kishin chiuse la valigetta con uno scatto -Sono sempre stato un ficcanaso.-

-Rimani lontano dalla mia città, dai miei amici e dalla mia famiglia. Avrai tutti i soldi che vuoi in cambio.-

-Ci sono cose che non hanno prezzo.-

-Come la vita, no?- Nico ghignò machiavellico -ci tieni alla tua?-

-Immensamente- Kishin non si lasciò scalfire. Posò la valigetta sul cruscotto della sua macchina e si avvicinò al rivale. Il freddo non arrivava alle loro ossa, non li faceva tremare, ma il vento sferzava sui loro volti, sui loro cappotti neri. Avevano la stessa altezza, fronte contro fronte -e tu alla tua?-

Kishin mise una mano sulla guancia di Nico e poggiò le labbra sulle sue -Sei un uomo di onore, Nico. Non mi tradire, o questo bacio sarà la tua morte.-



Era la sera dopo l’aggressione e Mirko cercava Davide. Aveva bussato a casa sua, ma oltre a uno scettico diniego da parte del padre non aveva ottenuto niente.

L’ultima tappa fu il parco, dove Davide si rifugiava dopo le brutte giornate. Lo trovò nel bagno pubblico, seduto tra il gabinetto e il muro, le ginocchia raccolte al petto e la matassa di capelli biondi in avanti. Aveva svuotato un portapillole sul lavandino.

-Davi- Mirko, malgrado lo spavento, si obbligò a darsi un contegno  -non le hai ingerite, vero?-

-Perché sono così triste?- Davide poggiò il mento sulle ginocchia  -lo sono sempre stato, ma ora è diverso. Mi sento di stare per morire.-

Mirko gli accarezzò entrambe le guance. Le parole di Davide lo uccidevano, il suo umore nero lo contagiava. Ne era dipendente, non avrebbe respirato senza di lui -Non riuscirei a stare senza di te, Davi. Non andartene mai.-

-È egoista da parte tua. Volere che una persona rimanga, seppur soffra, solo per compiacerti.-

-Voglio che rimani perché sono sicuro che ti farò stare bene. So che c’è un futuro e non sarà come il presente.-

Davide sapeva la verità sul futuro che Mirko ignorava. Era bloccato in un eterno presente dove la voglia di morte lo spingeva verso il niente. Non aveva una spiegazione, tutti hanno i propri problemi, ma lui non voleva. Lui non voleva essere lì. Covava un desiderio irrefrenabile, come quello che hanno i bambini di lanciarsi dal balcone. Con la differenza che lui sapeva che non avrebbe volato.

Niente è irrisolvibile, basta un po’ di iniziativa. Davide non ne aveva, era stato formato con argilla fragile, di quelle che si sgretolano non appena le tocchi.

-Tu mi facevi dimenticare- le parole di Davide erano un filo sottile -ciò che hai fatto mi ha reso ancora più triste. Sei l’unico che riesce a rendere le cose peggiori o migliori, non so perché tu abbia questo potere su di me. Gli altri mi fanno del male, indirizzano la mia vita secondo i loro fini, ma per me sono il vuoto. Gli schiaffi di mio padre o quelli di Nora non mi fanno niente, le cattive parole di mia madre non le ascolto, neanche Nico mi scalfisce.  Sono costellazioni che si aggiungono ai motivi per suicidarmi. Tu non sei come loro, per qualche motivo hai il potere di spegnere il dolore o di riaccenderlo più forte di prima.-

Davide era intelligente e sapeva come ferire le persone. Ora stava facendo del male a Mirko, consapevolmente. Voleva distruggerlo perché in fondo sapeva fare solo quello: distruggere.

Mirko lo abbracciò -Sono andato a letto con Nora perché volevo la lasciassi.-

-Che intendi?- La domanda era inutile, non era ingenuo. Aveva capito.

-Avere il corpo di Nora era come avere il tuo. Quante volte ci hai fatto sesso? Entrare in lei era come prendermi una parte di te.-

Davide gli diede uno schiaffo, disse che non aveva niente da dirgli, se ne andò.

Mirko non provò a trattenerlo e gettò le pillole nel gabinetto. Quando tornò a casa, non trovò nessuno.

I suoi genitori dormivano, mentre Atena e Nico erano in spiaggia.


Atena era uscita di casa con in spalla una borsa di tela, Nico l’aveva seguita come un falco, senza curarsi delle proteste. Le camminava dietro, con le mani nelle tasche e non emetteva un singolo fiato. Il silenzio irritò Atena, che spezzò un ramoscello sotto la suola delle sue scarpe. Si bloccò, allineò le gambe e Nico si bloccò a fissare la carne delle cosce.

-Cosa vuoi?- domandò irritata, continuando a rimanere di spalle.

-Sei uscita di casa da sola, con una borsa piena di intrugli. Ho pensato fosse ragionevole seguirti.-

Lei riprese a camminare, con i pugni stretti sui fianchi.

Sulla spiaggia si accedeva tramite una scalinata incastrata nelle rocce, dai gradini scivolosi per le alghe e il muschio. Scesero le scale, si sedettero sul tronco di un albero. Dalla borsa, Atena prese un diario di pelle rossa, sfilò il laccio dalla chiusura e appoggiò su uno dei fogli un accendino, per tenerlo fermo. Dopo estrasse anche una camicia bianca accuratamente piegata, se l’avvicinò al naso e inspirò l’odore dei cassetti della casa dov’era cresciuta. L’ultimo oggetto era una foto di suo padre scattata su quella spiaggia.

Atena poteva comunicare coi morti, o meglio: col passato dei morti. Dietro le sue palpebre abbassate si disvelavano mondi passati e segreti presenti. Era come sintonizzare la televisione su un canale parallelo, dove si trasmettono i dietro le quinte dei programmi televisivi. Per fare ciò, aveva bisogno di un legame con la storia che voleva visualizzare ed era per quello che aveva deciso di trascorrere l’estate nella città dei suoi genitori.

Sul foglio non c’era scritta nessuna forma magica, bensì una lettera, che Atena lesse al mare e a Nico.

Mirko, mea lux

il caldo e le piccole tristezze giornaliere mi spossano. Questo mese senza di te dilata i suoi confini temporali in un eternità pungente. Eterno è il sole che scotta i tetti del paese, eterne sono le facce che vedo ogni giorno, eterni sono gli amorevoli litigi tra i nostri amici. Ti aspettiamo, la sera suoniamo e cantiamo, il tuo posto sul tronco d’albero è vuoto. Margherita ha inciso i nostri nomi nella corteccia, in corrispondenza del posto che ci siamo attribuiti  da soli. Spero egoisticamente che le tue vacanze finiscano presto, perché fremo per il tuo ritorno. L’amore è un dolore e una gioia straordinari, la tua mancanza mi fa sentire strappata. Non sono più un essere autonomo, il destino mi ha legata a te e con te inizia e finisce. Può sembrare terribile oppure stupendo il fatto che conduci i fili della mia anima. Desidero che la mia vita sia la tua vita, che il mio futuro sia il tuo futuro. Il mio respiro il tuo respiro.

Ti bacio forte, amore mio.

Bella.


Nico toccò la corteccia con le dita, accese la torcia del telefono e illuminò le incisioni sul tronco.

Bella, Mirko, Margherita, Edoardo, Laura, Andrea, Valentina, Claudio.

Erano i nomi dei suoi genitori, di quelli di Atena, Nora e Davide.

Atena aveva creato il legame che cercava.

-Questa lettera fu scritta da mia madre per mio padre, prima della tragedia. Lui era partito per le vacanze pasquali. Un viaggio a Roma, i genitori erano molto fedeli, volevano vedere il papa- Atena piegò il foglio.

-Era qui che si riunivano i nostri genitori, su questa spiaggia- Nico toccò il tronco -non mi ha mai interessato, non mi piace pensare alla gioventù di chi mi ha messo al mondo.-

-Perché no?-

-Mi ricorda che devo invecchiare.-

-Sii furbo. Muori prima di invecchiare.-

Atena fece l’allettante proposta con voce di velluto. Nico credette che morire fosse l’alternativa giusta, crescere con Davide lo aveva influenzato: -Mi piacerebbe.-

-Perciò ti tagli le vene?- Atena fu brutale.

Nico era una statua -No, è diverso.-

-Giusto, non tutti gli autolesionisti sono suicidi.-

-Ma tutti i suicidi sono autolesionisti- aggiunse lui.

Per un attimo Atena si sentì come se avesse offeso uno degli dei dell’olimpo. Nico era talmente bello che ogni insulto era un'invettiva al cielo.

-Non fare quella faccia, ninfetta. Non mi hai mica offeso- Nico rise -questa è la mia via d’uscita. Ognuno di noi ne ha una: Davide la droga, Mirko le risse, Nora il cibo. Io ho questo. E tu, cos’hai?- le afferrò il braccio con la mano del polso danneggiato -aspetta, fammi indovinare. Tu hai la vendetta- le appoggiò la fronte contro la sua, la presa diventava sempre più stretta, il sorriso si faceva sempre più largo e inespressivo. Nico era una maschera senza emozioni -cosa accadrà dopo, ninfetta?-

Atena ebbe paura, il terrore le gelò il battito, ma non dimenticò di essere una dea anche lei -vi vedrò cadere uno ad uno. Sarò felice.-

-No, non lo sarai. Cadrai anche tu.-

Erano talmente vicini da sentire gli ingranaggi dei loro cuori.

Allora Atena fece qualcosa di inaspettato, Nico ne fu profondamente turbato. Lo accarezzò. Le dita lambirono la sua guancia fredda come una lapide. Poi ci posò sopra un bacio caldo e morbido. Nico allentò la presa, le braccia gli caddero molli sui fianchi.

Tornarono a casa senza scambiarsi una parola, c’era silenzio e immaginarono che Edoardo e Margherita stessero dormendo.

E se si fossero incontrati in un'altra vita? Forse quella notte Nico ne sarebbe stato felice. Forse non avrebbe usato l’accendino per bruciarsi la carne delle gambe. Forse Atena non avrebbe pianto a dirotto sul cuscino.

AtenaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora