Capitolo 6

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In mare sei ancora più bella, te l'hanno mai detto?

Atena entrò in casa e si spogliò. Lasciò i tacchi sul tappeto e abbassò la zip del vestito. La schiena nuda riluceva nella polvere, era immersa in un mare lunare e microscopiche particelle di anni addietro le si addensavano sulla pelle liscia. Lesse il messaggio e si sedette sulla poltrona. Accavallò le gambe e si piegò lievemente in avanti, i seni rotondi le caddero sulle ginocchia, come mele mature che scalpitano per abbandonare il proprio ramo.

Mi hanno detto molte cose, ma in faccia.

Se aspetti un attimo vengo sotto casa tua e te lo dico.

No, grazie. Sono occupata.

A fare?

A non stare con uno come te.

Uno come me?

Sì, uno che mi osserva come se fosse un maniaco.

Passavo da lì.

Guarda caso tu passi sempre dove mi trovo io, soprattutto se sono nuda.

Ti piacciono le mie attenzioni?

Mi perseguiti, smettila.

vai da altre.


Mi piaci tu.

Mi piaci quando vai a mare, ti immergi in acqua e il sole ti lambisce il viso.

Mi piace quando sei nella tua stanza, quando ti spogli alla luce della lampada.

Ninfetta, sei bella che comporrei una poesia per te.

Sei arido per fare il poeta, e io non sono una musa.

No, sei arida per essere una musa. Somigli più a una ninfetta che ama uccidere.

In questo momento verrei da te.

Mi concedi di essere il tuo Ila?

Purtroppo non è il tuo compito.

Ila era l'amante e lo scudiero di Eracle, lo accompagnò in una spedizione e morì nel tragitto. Durante una sosta in Misia, Ila scese dalla nave con Eracle e si allontanò in cerca di una fonte d'acqua dolce. Era mezzogiorno, il sole rendeva incandescenti le teste degli eroi e Ila camminava con la nuca piegata, la vegetazione intorno a lui sembrava rovente a causa dell'azione della stella più luminosa. Gli insetti ruggivano feroci e le piante languivano con le foglie rivolte in basso. Se Dalì lo avesse visto, nella "Persistenza della memoria" avrebbe raffigurato anche il fanciullo sciolto, in primo piano con gli orologi.

Il tempo avanzò in uno spazio interminabile. Ila giunse alla fonte. Le ninfe del luogo lo videro e se ne innamorarono. Nel momento in cui si abbassò per bere, una lo baciò e lo trascinò in acqua. Di lui non si ebbe notizia. Morì soffocato, con le labbra della ninfa premute sulle sue.

Davide era Ila.


Mirko camminava con lui in strada, l'effetto della coca era passato. Era l'alba e la porpora celestiale bagnava le loro labbra. La solitudine abbracciava i passi.

-Mi sei mancato in riformatorio- Mirko gli avvolse le spalle col braccio.

-Perché?-

-Lì non si vedono ragazzi angelo come te.-

-E cosa ti è mancato?- chiese Davide, vezzoso.

-I modi gentili, le mani sottili da pianista, la voce bassa, i sorrisi a mezza bocca.-

-Ti sono mancato in pezzi.-

-Mi sei mancato tutto.-

Mirko si fermò in mezzo alla carreggiata: -Come stai, Davi?- avrebbe voluto chiedergli se il pensiero del suicidio lo tormentasse ancora, ma si trattenne.

-Da quando mi hai tradito, sto molto peggio. Sei stato la causa del mio dolore, mi sono fatto del male per colpa tua. Sei una persona cattiva, Mirko- Davide parlava con calma, infilava ogni ago nel petto di Mirko e sperava di azzerare i battiti del suo cuore -te lo dicono tutti che sei cattivo. Non meriti nessuno.-

-Non sono cattivo- Mirko sapeva che Davide poteva distruggerti solo a parole, solo con uno sguardo.

-Sei cattivo e bastardo, e Nora ha scopato con te per far arrabbiare Nico. Se in riformatorio hai sviluppato pulsioni gay, non venire da me. Non le soddisferò- gli tese la mano davanti -se non vuoi che vada a dire alla polizia che hai ancora roba addosso, dammene la metà e starò zitto.-

Mirko strinse i pugni. I suoi problemi di rabbia si stavano dibattendo per esplodere su Davide.

-Non ti do niente e se provi ad aprire bocca ti taglio la lingua, davvero. Ti taglio la lingua ma ti lascio in vita, quale può essere la punizione peggiore?- gli strinse i capelli e appoggiò la fronte sulla sua -se pensi che essere gentile sia da gay, povero idiota, non hai mai trovato qualcuno che non ti trattasse come il suo tappetino da piedi- lo sbatté per terra.

Davide sentì le costole scricchiolare sull'asfalto. Chiuse gli occhi e aspettò il dolore. Il dolore che conosceva tanto bene, quello che da un punto gli riempiva la testa, fino ad ostacolargli i brutti pensieri. Ma non arrivò. Mirko se ne andò. Lo lasciò solo, coi brutti pensieri.

Atena si stava dirigendo in biblioteca quando incontrò Mirko. Il ragazzo era scosso, ma si fermò per salutarla, burbero.

-Sei di cattivo umore?- chiese lei.

-Sfido ad essere felici qui, si stava meglio in prigione.-

-La prigione, un posto che non fa assolutamente per me. Sono tutti sudati, puzzano, escono di matto e della gente in uniforme vuole darmi ordini- gli si affiancò deviando la traiettoria della sua passeggiata.

-Odio gli sbirri, non me ne parlare.-

-Anche io.-

-Di solito voi ragazze siete stupide come galline. Vedete un uomo con il bicipite grosso e l'uniforme da poliziotto e vi bagnate.-

-So che certe mie simili possono essere repellenti.-

-Molto.-

-Le donne ti repellono molto, Mirko?-

-Amo le donne, particolarmente quando stanno zitte.-

-Che coincidenza, penso lo stesso degli uomini.-

Una principessa sui tacchi che camminava al fianco di uno galeotto scimmionesco.

-Mi accompagni in biblioteca?- chiese Atena.

-Prima la colazione.-

-Ho bevuto un cappuccino, stamane.-

-È troppo poco.-

-Come preferisci, fermiamoci al bar.-

Dalla premura di Mirko, Atena capì che fosse abituato ad interessarsi di cosa mangiassero gli altri. Forse, gli altri suonava generico. Qualcuno in particolare. Mirko era un ragazzo premuroso e la sua predisposizione naturale era voler bene. Ad Atena piacque mangiare una brioche con lui, si sentì come se si fosse preoccupato per lei. Era da tempo che non riceveva attenzioni elementari.

-Ti piace?- le domandò, notando l'espressione di piacere sul viso.

-Molto, non ricordavo il sapore di una brioche- rispose Atena.

-Come mai se ti piace tanto non la mangi spesso?-

-Non è un alimento essenziale.-

-E tu mangi solo alimenti essenziali?-

-Ho programmato per me stessa una dieta sufficiente per essere in salute, calibrata per il mio fabbisogno energetico.-

-I cibi buoni come la pizza e i dolci?-

-Esclusi. Il cibo è una perdita di tempo, pensarci e prepararlo ruba energie. Per me è irrilevante.-

-Il cibo dà calore- Mirko posò la sua brioche. Le parole di Atena gli ricordarono quelle di Nico.

-Lo sto sperimentando.-

-Se diventiamo amici te lo farò sperimentare più volte.-

-Non siamo già amici?-

Mirko non godeva della stessa empatia di Atena, ma la capì immediatamente. Era una ragazza che non aveva ricevuto cure d'amore.

-Sì, se vuoi lo siamo. È strano però- disse Mirko.

-Cosa?-

-Porto il nome di tuo padre.-

-Forse mio padre mi avrebbe voluto bene, se solo lo avessi conosciuto.-

-Tua madre te ne ha voluto, di bene?-

Un filo del portamento altero di Atena si ruppe. Lì, con Mirko, sembrava non avere più doveri. Le vennero le lacrime agli occhi, piccoli cristalli luminosi che avrebbe voluto bere nel silenzio della sua stanza.

-Nessuno mi ha mai voluto bene.-

Mirko pensò che si era sbagliato. Atena non era come Nico, lei sentiva.

-Mi fai il broncio? Ma se splende il sole. Te ne rendi conto che non si è tristi quando c'è il sole?-

Mirko era il sole. Un vento fresco, la risata incessante di un ruscello.

Davanti a loro, la biblioteca. Un'architettura rinascimentale, l'esterno sobrio con facciate bianche e tre archi davanti, un colonnato essenziale e l'entrata chiusa da una porta in vetro. La aprirono, la campanella appesa in cima annunciò il loro ingresso. Nessuno era dietro il bancone. Il primo corridoio di libri dava l'accesso a una sala ampia e rettangolare, dove massicci volumi erano disposti in ordine alfabetico.

-Perché siamo qui?- domandò Mirko.

-Cerco informazioni.-

-Su?-

-La mia famiglia.-

Una sezione della libreria conteneva volumi sulla storia e la geografia del luogo. Atena chiese a Mirko di raggiungere quelli in alto e selezionò quelli di suo interesse. Li dispose su uno dei tavoli, poi proseguì verso gli annuari. Erano libri di fotografie divisi anno per anno, alcuni ritraevano la vita del paese e le attività agricole; altri erano album di scuola, divisi per elementari, medie e superiori. Atena e Mirko li sfogliarono e videro le stesse facce crescere in ogni album.

-Questi sono i miei genitori da bambini- disse Mirko, sfogliando un album dell'1986, che ritraeva la festa religiosa dell’Angelo. Tutti i bambini dovevano vestirsi con un lenzuolo bianco e partecipare a una processione per il paese. Margherita ed Edoardo sorridevano in due pagine adiacenti -quelli di Davide, di Nora...- continuava a illustrare.

-E i miei- disse Atena sfogliando le pagine. Edoardo e Isabella apparivano sia in primi piani singoli che in foto di gruppo.
Atena si perse in ogni album, con gli occhi li cercava ovunque, li rintracciava, assorbiva i loro visi giovani e andava avanti.

I loro genitori erano tutti amici, sembravano volersi bene. Eppure, quando suo padre era morto nessuno aveva protestato per far decadere la sentenza di suicidio. Nessuno aveva avuto il coraggio o la voglia di dire che Mirko era stato ammazzato.

Ad un certo punto Atena fu colpita da un elemento decontestualizzato. Aveva tra le mani quello che sembrava un album privato. Il foglio di guardia era incollato al retro della copertina, lo staccò lentamente e lesse il nome del proprietario scritto a matita, in alto a destra: Bella. Sua madre. C’erano foto della sua casa e dei suoi genitori, di Mirko e dei suoi amici, del paese e del mare.
Alla fine, si susseguiva una sequenza di istantanee nel bosco. L'ultima era il cadavere di Mirko, ritratto dall'alto della discesa. La descrizione sotto la foto recitava:

IL PASSATO RITORNA.

Atena si immobilizzò. Mirko la scosse per indirizzare la sua attenzione fuori la finestra.

La casa in collina di Atena stava prendendo fuoco.

AtenaWhere stories live. Discover now