Capitolo 16

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La terza visita non si fece aspettare. Atena bussò alla porta di casa un’ora prima della cena. Laura e Andrea la fecero entrare con profusione di benvenuta, cara, siediti pure. Posso portarti qualcosa? No, Atena non voleva sedersi, era lì per salutare Nora. Si conoscevano da poco, ma erano diventate già tanto amiche.
Fu talmente convincente che i genitori se la bevvero e la portarono al piano di sopra, dove Nora aveva ascoltato l’intera conversazione. Davanti alla sua amica sfoderò un gran sorriso e aprì le braccia, Atena le andò in contro e la strinse davanti agli occhi dei due adulti, che le lasciarono sole.

Nora la scansò via -Perché la recita? A loro non importa nulla di noi due.-

-Lo so, ma mi andava fingere di essere diventata la tua nuova migliore amica. Non sarebbe bello? Ci faremmo la manicure e ci truccheremmo a vicenda. Qual è il tuo numero di scarpa? Se arrivassimo a scambiarci anche i tacchi, sarebbe super!-

Atena era l’ultima persona che Nora voleva vedere, le rimandava l’umore sotto i piedi e le faceva venire voglia di strapparsi i capelli dalla testa. L’ospite colse al volo i sentimenti dell’altra e ci rise su tra sé e sé. La camera di Nora era esattamente come se l’era immaginata, rosa e infantile, come una bambina cresciuta troppo in fretta e che insegue nostalgicamente un passato che non potrà riavere mai indietro. Per un attimo Atena spostò l’attenzione sui peluche, un esercito che sfilava sulle mensole. Ovunque c’erano i residui dell’infanzia di Nora, come i giornaletti che comprava all’edicola nascosti nel cesto delle cianfrusaglie, le palette a forma di coroncina, i gioielli con le perline.

-Allora, come te la passi?-
Atena indossava un tubino nero e una collana di diamanti, mentre Nora era struccata e in vestaglia.

-Prima che arrivassi tu, molto bene.-

-Anche quando hai usato la tua macchina per buttarti contro un muro?-

-Ero ubriaca, non ci ho visto bene.-

-Quanto eri ubriaca per non vedere un muro?-

-Cosa vuoi, Atena?- Nora si stava spazientendo.

-Nulla, provavo compassione per te e sono venuta a informarmi sul tuo stato di salute- le rispose seccamente, con una freddezza che Nora non avrebbe mai brandito con tanta destrezza -pensavo: chissà come sta quella lì, ora che non è più la priorità di nessuno.-

Atena la ferì per il semplice gusto di ferirla, perché poteva farlo con facilità. Nora era troppo fragile per controbattere.

-Non cercare la morte proprio sul finale, arriva ai titoli di coda- le suggerì Atena, poi prese un sacchettino di stoffa dalla sua borsa -un piccolo pensiero da parte mia.-
Nora sfilò il nastro e prese il contenuto in una mano: una collana di rubini.

-Ti piace? Appartiene ai gioielli della mia famiglia, l’ho estratta dalle fiamme dell’incendio.-

-Come?- sussurrò Nora, assottigliando gli occhi.

-Con la forza della volontà si possono fare cose che nemmeno immagini. La indossava mia madre la notte dell’assassinio di mio padre e ora la cedo a te- si mise dietro di lei e gliela allacciò al collo.

Nora era come immobilizzata dalla presenza di Atena, anche se avesse voluto respingerla, non ci riuscì. Il tocco della ragazza la tramutò in pietra.

-Ti piace?- le sussurrò Atena, puntandole il viso verso lo specchio.

-Mi fa schifo- rispose Nora, reclinando la testa per appoggiarla alla spalla della ragazza -lasciala, si abbina alla mia faccia.-

-Lo credo anche io- rispose Atena.
Con permesso, torno a casa, è stato veramente un piacere.

Andrea e Valentina si resero conto della collana di Isabella solo dopo qualche giorno, quando Nora l’aveva indossata per uscire. Reagirono come difronte a un maleficio e imposero alla figlia di liberarsi della fattura. La collana andava riconsegnata immediatamente. Andrea dimostrò una certa agitazione al riguardo, rimproverando aspramente la figlia per il suo cattivo gusto. Se era il padre a dirle una cosa, allora andava fatta, le sue parole avevano molto più peso di quelle della madre.

Nora prese una borsa, ci mise dentro il peluche più bello della sua stanza, un gattino dal pelo bianco, gli occhi azzurri e le orecchie rosa. Stava per andare a casa dei Diamante, ma il tragitto si interruppe quando vide Mirko e Atena camminare fianco a fianco. Lei aveva un costume rosso intero, allacciato con un nastro dietro la nuca, un grande cappello di paglia e una gonna a pieghe. Lui girava a petto nudo, in pantaloncini, con un pallone da basket sotto braccio. Avrebbe preferito incontrarla da sola, la presenza di Mirko la metteva a disagio, ma l’imperativo categorico del padre la obbligò a non procrastinare il reso. Deviò i passi e intercettò i due sul sentiero che portava verso il mare, richiamando Atena da lontano.
I due ragazzi le si avvicinarono, lei consegnò la collana alla legittima proprietaria -I miei genitori non vogliono- spiegò solo.
-Non vogliono che accetti un regalo così costoso da me?- chiese Atena, per trarla d’impaccio da qualsiasi tipo di spiegazione difronte a Mirko.

Nora annuì.

-Dove stai andando?- chiese il ragazzo alla nuova arrivata.
-Dovevo solo dare la collana ad Atena, ora me ne torno a casa.-
-Vieni con noi, ci facciamo un bagno. Fa troppo caldo.-

I ricordi che Nora conservava con Mirko non le permettevano di avere una conversazione normale con lui. Se apriva la bocca per rispondergli, il fiato veniva interrotto dall’immagine di lui che le entrava dentro, dei suoi baci, del modo in cui l’aveva abbracciata. Era stato intimo e non poteva dimenticarlo. Come si fa parlare senza rancori a una persona che ti ha vista nuda?
Atena sentì il disagio di Nora, il modo in cui si sentiva svestita davanti a Mirko, il rimorso che provava a non aver approfondito la loro conoscenza, nell’esserselo lasciato scappare, nel non avergli fatto visita in carcere. Le mancava, voleva abbracciarlo, sentire che lui provava lo stesso.

Mirko continuava a sorridere, indifferente come una statua scolpita nel marmo, baciato non da chi l’amava, ma dal sole.

-Non ho il costume- rispose Nora.

-Ne ho uno in più io- ribatté Atena.

-Va bene.-

Nora acconsentì rassegnata a farsi umiliare da Atena, che in realtà non ci pensava proprio. Scesero in spiaggia, a quell’ora c’erano pochi bagnanti, tutte facce conosciute, che sostavano sotto i soliti ombrelloni. Mirko si tuffò senza aspettare le due ragazze e prese il largo con potenti bracciate.

Atena stese il suo telo in orizzontale. Nora si sedette e si mise ad ammucchiare la sabbia in un punto. Atena versò l’acqua della sua borraccia per rendere il composto più compatto, passeggiò lungo la battigia e tornò con delle conchiglie bianche. Le disseminò sulla montagnola che l’altra aveva composto, creando una coroncina. Nora incise con l’unghia una faccina triste.

-Una principessa- disse Atena, infilando la collana di rubini sulla cima -ti assomiglia.-

-Perché è triste?-

-Perché ha delle conchiglie bianche. Le associo a te.-

-Grazie, mi piacciono.-

Si stesero vicine, spalla contro spalla, i capelli dell’una confusi con quelli dell’altra. Lanciarono un’occhiata all’orizzonte, portandosi entrambe la mano alla fronte per difendersi dai raggi pomeridiani. Mirko galleggiava con le braccia e le gambe aperte, in un punto isolato del mare.

-Secondo te lui lo sa?- chiese Nora.

-Di essere bello?-

-Di essere voluto.-

-Sì, ma fa finta di no. Non fissartici. Tu pensi solo di volerlo, lo pensi di tutti quelli che non sono veramente interessati a te. Appena li hai, non li vuoi più.-

-Non avrebbe senso.-

-Lo ha.-

-Spiegamelo, allora.-

-Hai bisogno di amare persone che né vuoi né puoi avere davvero, così non soffrirai mai per amore. Però non puoi scappare in eterno, prima o poi succede a tutti.-

-Se succede a tutti, non lo so. Io sicuramente mi innamoro ogni giorno, è la dannazione di noi bellissime. Per esempio, hai visto quell’attore… com’è che si chiama? Quello alto, con gli occhi blu…-

-Smettila, sei incredibile- Atena si abbassò gli occhiali e si mise a prendere il sole.

Nora interruppe la tintarella dopo neanche due minuti -Ti ho portato una cosa.-

Atena alzò le sopracciglia e la guardò con gli occhiali abbassati sulla curva del naso -Ancora?-
La sua espressione cambiò quando le porse il pupazzo. Nora aveva notato gli occhi avidi di Atena, il modo in cui scrutava la sua stanza cercando di acciuffare brandelli di un passato che non aveva mai vissuto. Era un’invidia da bambina, una bambina che non aveva mai avuto niente, neanche un bacio.
Isabella non aveva mai nascosto il suo odio per la figlia. Atena era il frutto di una maledizione, era colpa sua se Mirko era morto e le rinnovava ogni giorno il suo rancore. La sua esistenza avrebbe potuto avere senso solo nella vendetta, quello era il suo unico scopo. Isabella nutrì e lavò sua figlia fin quando lei non fu in grado di farlo da sola. Il suo ruolo di madre si esauriva nelle mansioni di sopravvivenza quotidiana. Atena crebbe autonomamente, sin da piccola capì come svolgere i compiti che toccavano alla madre e diventò subito donna. Guardava gli altri bambini con superiorità, ogni loro capriccio era motivo di disgusto, analizzava le loro azioni dal piedistallo degli adulti. Eppure desiderava ciò che non aveva mai avuto. I baci, le carezze, i giochi, i regali di compleanno e di natale, persino i rimproveri.

Prese il gattino e se lo mise sulle ginocchia: -Grazie.-

-Mi dispiace per tutto, Atena.-

-Anche a me. Mi dispiace, avrei voluto essere felice.-

-Puoi esserlo ora.-

-È tardi.-

-Lo so, fingi che non lo sia.-
Nora le prese la mano.

AtenaWhere stories live. Discover now