4 - Jackie ▪ LUI = INSOPPORTABILE

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Continuava a fissarmi nel modo più insopportabile possibile, le sopracciglia scure erano aggrottate,e un ciuffetto nero ne copriva una, quasi a punzecchiargli un occhio. Nessuno gli aveva chiesto aiuto, doveva semplicemente lasciarmi in pace.

« Non puoi uscire così. Sei una ragazza dannazione!» aveva sospirato stizzito. Si era infilato e chiuso davanti la giacca di pelle, mentre la felpa era ancora tra le sue mani.

«  Non voglio il tuo aiuto » risposi indispettita. Mi si parò davanti impedendomi di passare.

«  Cosa ti costa indossare la mia cazzo di felpa? »

«  Non mi piace usare le cose degli altri »

«  E' una situazione di emergenza, e non sei nella condizione di replicare »

«  Mi hai seccato. Spostati » lo spinsi con una spalla, ma non ottenni granchè, mi afferrò dai polsi.

«  Sei tu quella che mi ha stancato. E adesso ti infili questa stramaledetta felpa » ringhiò.

Mi spinse contro il muro, infilando una sua gamba tra le mie, non ebbi neanche il tempo di metabolizzare, che fece scivolare di forza la felpa sopra la mia testa, non so come, ne in che modo ci fosse riuscito, ma avevo addosso il suo odore.

«  Ecco fatto. Semplice no? » alzò le sopracciglia fissandomi soddisfatto.

«  Togliti di dosso !» urlai, spingendolo per l'imbarazzo, non dosai bene la forza, tanto che andò a sbattere contro lo scaffale, questo tremò facendo scivolare alcuni detersivi e un secchio, fu un attimo, afferrai lui velocemente dal braccio trascinandomelo addosso. Aveva entrambe le mani poggiate al muro dietro le mie spalle.

«  Sei strana lo sai? »stava respirando energico, in quel preciso istante avevamo lo stesso livello di adrenalina che correva come una furia tra le vene, dovuto allo spavento.

Meglio che essere normali pensai.

«  Prima cerchi di farmi fuori, poi mi salvi »

Sbuffai alzando gli occhi al cielo, spostai lo sguardo di lato, poi nuovamente su di lui. Mi stava osservando attentamente con una punta di fastidio.

«  Le lezioni sono finite » annunciò allontanandosi da me poi incastrò le mani in tasca.

«  Domani te la restituisco » dissi prima di aprire la porta e uscire.

«  No bella, non funziona così » mi sollevò il cappuccio della sua felpa nascondendo i miei occhi, mi afferrò dalla manica trascinandomi con se. Iniziai a strattonarlo, puntavo i piedi sul pavimento ma non servì a nulla.

«  Che cavolo vuoi ancora? »

«  Cazzo quanto sei testarda »

«  Si può sapere che vuoi da me? »

Si bloccò continuando a darmi le spalle.

«  Devo assicurarmi che la mia felpa arrivi sana e salva a casa tua » si voltò con un ghigno sulle labbra sottili.

«  Non rovinerò la tua inutile felpa »

«  La mia inutile felpa ti sta coprendo le tette che prima avevi al vento »

Sgranai gli occhi, mollando la sua presa che fino ad allora mi stava intrappolando, mi coprii immediatamente il corpo con le braccia, mi sentii avvampare dall'imbarazzo. Fissai il pavimento stringendomi sempre di più.

« Sei sempre sporca di fango »fece cenno al bordo dei miei jeans « e i capelli spettinati. Sei una ragazza vero? »

«Certo che lo sono! Se ti faccio schifo, avresti potuto avitare di prestarmela non credi?» a quel punto lo fissai furiosa stringendo i pugni lungo i fianchi.

« Schifo dici eh....?»

Piegò la testa di lato sogghignando.

« Okay, ciao »avanzai superandolo, raggiunsi la mia classe ormai vuota, recuperai il mio zaino e corsi verso l'uscita, scesi i gradini a due a due.

« Che stai facendo? » sentii dire alle mie spalle, e prima di replicare, o fare qualsiasi altra cosa come scappare, avvertii un senso di vuoto sotto di me, mi aveva sollevato e sbattuta sulla sua spalla come un sacco di patate.

« Sei leggera, ecco perchè salti facilmente dagli alberi »

« Sei fuori? Lasciami idiota!» sbraitai tirando calci contro il suo corpo.

« Sta buona. Mi serve l'accessorio davanti » brontolò dandomi una sculacciata. Sobbalzai come un canguro scioccata. Nessuno mi aveva mai, e ripeto mai toccata come lui stava facendo con me. Ero rossa dalla rabbia, furiosa come non mai, e con la voglia indescrivibile di ucciderlo.

« Non trattarmi come se fossi un cane ! Ti denuncio per molestie sessuali!»

« Per una sculacciata? Almeno fammi fare qualcosa di più spinto, poi potrai denunciarmi »

« Stronzo! Mettimi giù »

« Sta buona ho detto. »

« No che non sto buona ! »

«Sai, più che a un cane somigli a una tigre selvaggia. Cavoli, ora che ci penso ho sempre voluto una tigre. Che ti davano da mangiare da piccola carne cruda e ormoni?»

Come ero finita in quella situazione?

« No! Latte e biscotti !» scalciavo.

« Eppure non sei dolce per niente. Anzi... forse era latte acido?!»

Cominciò a ridere « Potrei comprare un frustino e sculacciarti con quello. Mmm forse non sei quel tipo di ragazza? »

« Te lo faccio ingoiare quel frustino! »

« Sarebbe meglio una museruola » sogghignó.

« Moccioso! »

Improvvisamente mi catapultó su una vecchia porsche grigia, chiuse veloce la portiera e come un razzo si precipitò al volante.
« Bene, dove abiti tigre?»
Incrociai le braccia, voltando lo sguardo altrove, sentivo il fumo uscirmi dalle orecchie.
Accese il quadro, ingranó la marcia e partì con un accellerata pazzesca, mi salì il cuore in gola. Frenó di botta, fortunamente avevo allacciato la cintura, ma fui spinta con forza lo stesso in avanti.

« Sei un folle!» urlai con il fiato a mille, pronto a collassare.

« Quindi ti rifaccio la domanda, dov'è che abiti tigre? »

Questo tipo stava cercando di addomesticarmi per caso? Con chi credeva di avere a che fare? Anche se non sembrava a causa della mia piccola corporatura, avevo forza, agilità e esperienza per volare ovunque io volessi, dopotutto le mie avventure clevelendiane all'alba erano delle vere e proprie peripezie. La macchina era sulla corsia, volsi lo sguardo fuori dal finestrino, aldilà del marciapiede, c'era una recinzione, aldilà di essa un bosco. Era la mia occasione. Contai fino a tre, presi un bel respiro, scrollai le spalle. Via! Mi liberai dalla cintura di sicurezza, staccai le chiavi dal quadro, la macchina si spense tremando rabbiosa, ci guardammo per una frazione di secondi, non capì quello che stava succedendo, aprii la portiera veloce, ruzzolando a terra per la fretta, mi rialzai con un salto, lasciai cadere le chiavi a terra, scavalcai con un balzo poggiando entrambe le mani sulla recinzione, e corsi come un fulmine con tutta la forza che avevo nei polmoni dentro il bosco. Non volevo il suo aiuto, non avevo bisogno di qualcuno che mi aiutasse, non avevo bisogno di qualcuno che mi facesse notare nuovamente quanto fossi strana. Non avevo bisogno di lui, di quel "coso" insopportabile.

DAYLIGHTWhere stories live. Discover now