33 Trevor

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Avevo aperto la porta di casa, lei mi stava aspettando seduta sui gradini, aveva i capelli sciolti che le nascondevano la schiena e il suo solito giubotto verde blu oldshool. Era triste. La cosa mi irritava parecchio. Suo nonno era solo un'idiota.

<< Ehi >>

<< Ciao. >> si alzò fingendo un sorriso. Sapevo benissimo che stava male.

<< Come ti senti? So che è una domanda stupida >> dissi. Lo sapevo, ma avevo bisogno di chiederglielo.

<< Non lo è. Cerco di non pensarci, ma è tipo praticamente impossibile. Ogni volta che credo di aver dimenticato, torna tutto in mente. >>

La presi per mano, per fargli sentire che c'ero, e ci incamminammo. Era pomeriggio inoltrato, e l'aria era fredda più del solito. Ma lei non indossava i guanti.

<< Non è venuto a cercarti?>>

<< Sa dove sono, e ho chiesto io esplicitamente di non vederlo. Marlen mi ha detto che l'ha incrociato per strada più di una volta vicino casa sua, e che ha chiesto di me. Se stavo bene e cose così.>>

<< Gli manchi Jackie, ti vuole bene, e non pensava realmente quelle cose quando le ha dette.>>

<< Mi ha ferito. Non riesco a perdonarlo >>

<< Vuole proteggerti, ma lo sta facendo nel modo sbagliato.E adesso ha perso la persona più  cara che ha. E sei tu. Sicuramente sta dando di matto >>

<< Ben gli sta. Non avrebbe dovuto mentirmi>>

<< No. E' vero. E' che a volte crediamo che mentire sia la soluzione migliore ai problemi>>

<< Tu non mi mentiresti mai vero? >> domandò guardandomi negli occhi.

<< No. Non lo farei. Ma se se lo farò, non era per ferirti,ma per proteggerti >>

<< Quello che dici non ha senso >> rispose.

<< Dipende. Tuo nonno voleva proteggerti. Credeva che la verità ti avrebbe fatto più male della bugia. >>

<< Magari fanno male uguale >> poi si bloccò, eravamo vicino al suo vialetto, dopotutto abitavamo a meno di 200 metri.

<< Gerald Scott, è appena uscito dalla porta di casa mia, e sta salendo sulla sua auto >> disse piano, quasi sognando,fissando un uomo alto, con la testa rasata e con un giubotto imbottito nero.

<< Quel Gerald Scott?>> non feci in tempo a finire la domanda, che scappò. Lo raggiunse, anche se era già salito in auto.

<< Mi scusi >> la sentii dire chiedendogli di abbassare il finestrino.

<< Si>> disse lui, fissandola strano, poi fu come se ebbe un illuminazione.

<< Sono Jackie, la figlia di Francis, so che mi stava cercando, io credevo che lei...fosse in coma >>

<< So chi sei. Ti va un caffè?>>

E cosi salimmo sull'auto di Gerlad Scott, che fissavo per cercare di capire che intenzione avesse, la cosa mi incuriosiva parecchio. Insomma quell'uomo circa una settimana fa era in un letto della terapia intensiva, abbiamo fatto i salti mortali per vederlo, e lui adesso era qui, con noi, e ci portava a bere un caffè. Non c'era niente di normale in tutto questo.


Io e Jackie eravamo seduti vicini, di fronte a noi c'era Gerald, e sul tavolo tre tazze di caffè bollente, appena servite.

DAYLIGHTWhere stories live. Discover now