29 - Jackie ▪ E SE CI TRAVESTISSIMO DA..

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Non sapevo esattamente come comportarmi, cosa pensare, e soprattutto a cosa sarei andata incontro. Avevo paura. E volevo scappare. Salire su quella dannata Limousine e tornare a Cleveland, da Charles.

<< Ehi, fa un respiro >> Trevor mi prese la mano.

<< Andrà bene >> disse Marlen sorridendo.

<< Siamo con te >> mi affiancò Ellen.

<< Passiamo da Burger king dopo? Ho tipo fame >> questo fu Lenny a dirlo, tutti si girano per guardarlo male, Ellen gli diede una gomitata, lui tossì leggermente poi chiese scusa. Nonostante ciò mi fece ridere, ne avevo bisogno. Un po' di coraggio. E sapete ero contenta di non ritrovarmi sola, odiavo gli ospedali, e avere al mio fianco delle persone che volevano davvero essere con me in quel momento, mi faceva sentire quasi imbattibile. Dopotutto le persone non facevano così schifo.

Tecnicamente non potevamo assolutamente e in modo indissolubile entrare nella camera di Gerald Scott. Era in terapia intensiva, in coma e noi eravamo sconosciuti.

<< Ci dobbiamo travestire da infermiere >> avevo detto Ellen.

<< La cosa non mi dispiace >> disse Lenny.

<< Tu no. Idiota. Voi maschi fate da palo>>

<< Ma tu si >> si era leccato le labbra con la lingua. Ellen lo fulminò. Era ancora tremendamente arrabbiata con lui.

<< E' tipo impossibile, come facciamo a rubare le divise?>> avevo chiesto.

<< Sei così innocente piccola Jackie. Ci intrufoliamo negli spogliatoi. E puff, abbiamo le divise >>

<< E' rubare >> avevo fatto notare.

<< No. E' prendere in prestito >>

Non ero molto convinta delle sue parole. Era illegale.

<< Puoi fidarti di Ellen, è brava nel suo campo >> aveva detto Trevor.

<< Nel suo campo?>> la mai faccia era abbastanza sconvolta.

<< Che vuoi farci, è fatta così>> sollevò le spalle, come se tutto fosse assolutamente normale.

Marlen nel frattempo si era allontanata per fare una telefonata, tornò sospirando, si mise una mano sul fianco e con tutta la naturalezza possibile, esattamente come quando mangi un panino super gigante da cui colano tutte le sale, e tu ti lecchi le dita, con tutta appunto " la naturalezza di questo mondo" perché tanto sei a casa, sola, e nessuno ti sta vedendo, insomma Marlen disse: << Okay. Ho chiamato Gary, farà lui questo lavoro sporco per noi. Prenderà le divisa negli spogliatoi. >>

E a quel punto in modo molto spontaneo e dubbio chiedemmo in coro << Chi è Gary?>>

<< L'autista della limousine >>

<< Non sapevo avesse fatto talmente tanto amicizia >> dissi.

<< Infatti è il mio assistente, oltre ad essere il mio autista>> lo disse sempre con la stessa naturalezza da "mi lecco le dita di salsa, tanto non mi vede nessuno".

Capì che non stavamo capendo, anzi eravamo abbastanza interdetti.

<< Okay, sentite, è mia la limousine, ho fatto una telefonata quando abbiamo scoperto che la macchina era stata rubata. Sono ricca, stra-ricca, okay? Non volevo dirvelo. Perché ogni volta che le persone scoprono questa cosa, divento perfetta, bellissima, e improvvisamente l'amica del cuore di tutti, chissà perché! Ma, a quanto pare non avevo scelto, e voglio aiutarti Jackie. Non so perché lo voglio così tanto, insomma non siamo poi così tanto amiche, però sembri una apposto, perciò...insomma, le cose stanno così. >>

<< La tua rivelazione è stata abbastanza..>>

<< Adesso penserai che io sia una bugiarda?>>

<< No! Insomma sono l'ultima persona che può giudicare, non di certo migliore di te. Rifiuto sempre tutti, e non mi sono comportata bene con all'inizio. E poi senti...per me resti sempre Marlen >>

<< Hai anche la piscina?>> domandò Lenny.

<< Sei una testa di cazzo>> aggiunse Ellen.

<< Si >> rispose Marlen.

<< D'accordo. Mi fa piacere che siete tutti felici e contenti, e avete espiato le vostre colpe. Ma è il momento di eseguire il piano >> disse Trevor.

Il piano consisteva essenzialmente in due fasi: Gary si sarebbe intrufolato rimanendo invisibile negli spogliatoi femminili, avrebbero rubato tre divise da infermiere. Ellen ci avrebbe truccato dandoci un'aria da grandi. I ragazzi avrebbero fatto da palo insieme a Gary che parlava e si muoveva solo sotto ordine di Marlen.

Eravamo pronte. Camminavamo per il corridoio di terapia intensiva come se fossimo delle vere infermiere esperte. Guardai la cartella posta di lato ad ogni porta, dove indicava il nome del paziente. Dopo circa cinque porte, raggiunsi quella giusta. Entrai sola, nella stanza di Gerald Scott, ma prima feci un lungo respiro, strinsi i pugni forte, poi li liberai, e abbassai la maniglia.

Gerald Scott era un uomo sulla trentina. Molto magro, il viso bianco, i capelli corti neri, ed era legato alle macchine. Sul tavolo c'era un vaso pieno di peonie. Mi avvicinai. Non lo conoscevo. Aveva le labbra rosse, e un sopracciglio più alto rispetto all'altro.

<< Ciao Gerald Scott, sono Jackie Harris. E abito a Cleveland, esattamente non so perché sono qui. Ma mio nonno dice che mi conosci, che hai qualcosa da dirmi, il chè assurdo dato che io non ti conosco, e insomma sei in coma. Quindi che cavolo ci sono venuta a fare qua? >> sospirai sedendomi sulla sedia accanto al letto.

<< Non potresti tipo svegliarti anche solo per 5 minuti. Mi basterebbero giuro. >>

Gerald Scott era inerme, non poteva sentirmi, ne vedermi.

Scrutai l'intera stanza, finchè i miei occhi puntarono il comodino vicino al letto, poggiate vicino a un pacco di fazzoletti, un orologio, e delle sigarette c'erano delle spille. Le spille che i militari indossano sulle loro divise verdi. Gerald Scott era un militare. Aprii il cassetto del comodino, e anche se sapevo che era sbagliato, presi il mazzo di foglietti che c'era dentro. Una foto di Gerald e Francis in divisa in militare sorridenti. Una seconda foto con un'alba. Un'alba immersa in un campo da combattimento. Dietro la foto la seguente scritta : "PER JACKIE".

Francis era mio padre e  Gerald Scott lo conosceva, e forse quella foto ritraeva l'ultima alba che Francis aveva visto.

<< Jackie?? Dobbiamo andare, stanno facendo le visite di controllo, se arrivano da noi, capiranno che c'è qualcosa che non va!>> la voce di Ellen era nervosa.

Presi la foto con l'alba, e scappai via.

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