17 - Jackie ▪ TRE CENTIMETRI DI DISTANZA TRA DI NOI

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Potevo passarci la mano sul fuoco, ero consapevole al 100% che la colpevole del congelamento dei miei neuroni su quella terrazza era Marissa. Restai alcuni minuti a osservare la porta di ferro con la speranza che qualcuno venisse ad aprirmi. Poi persi ogni briciolo di questa, quando iniziò a piovere. La pioggia scendeva piano, ma da  li a poco sarebbe aumentata, era fredda, i miei capelli iniziavano a incresparsi, li sentivo annodarsi. Mi guardai ovunque, senza ottenere un granchè.

<< Jackie!>> senti urlare alle mie spalle, quando la porta si aprì Marlen aveva il fiatone e i capelli lunghi neri tutti davanti agli occhi.

<< Forza entra, o ti prenderai qualcosa >>

<< Grazie >> sussurrai quando varcai la soglia con i capelli gocciolanti.

<<  Ho visto Marissa seguirti, e quando non ti ho visto tornare dalla pausa pranzo,  ho capito che c'era qualcosa che non andava. >>

<< Perchè l'hai fatto? Insomma non mi sono comportata bene con te>>

Marlen mi guardò con un espressione seccata << perchè sei la mia compagna di banco dopotutto >> poi sorrise.

Non so, ma quelle parole si intrufolarono sotto la mia pelle che quasi rabbrividì piacevolmente.Nessuno amava avere a che fare con me, ma Marlen era diversa. Fu l'unica il primo giorno di scuola a volersi sedere al mio fianco.

<< Scusami per ieri, sono stata una stronza >>

Non fu sorpresa delle mie parole, ma sorrise leggermente.

<< Un pò lo sei, ma niente di irrecuperabile.>>  mi fece l'occhiolino. I capelli di Marlen luccicavano sempre, nonostante fosse una secchiona, e portasse l'apparecchio, era molto carina, e si vestiva sempre alla moda. Quel giorno indossava dei jeans a vita alta con un maglioncino rosa.

<< Andrai lo stesso alla festa di Halloween?>>  domandai.

<< No. Dopotutto non ho speranze con quel ragazzo. Sbava dietro a Marissa >>

<< Deve essere proprio stupido allora >> entrambe ci guardammo e scoppiammo a ridere.

Tornammo in classe, ma prima mi asciugai i capelli nello spogliatoio femminile della palestra. Quando Marissa mi vide, quasi  ebbe un crollo nervoso, era sconcertata, i suoi capelli cotonati erano elettrizzati.

La guardai con un sorriso vincente, poi mi andai a sedere. Sentivo le sue scariche elettriche a distanza, non capivo perchè mi odiasse così tanto, in fin dei conti, non aveva nulla da invidiarmi.

Pettinai i capelli nel modo migliore possibile, infilai le scarpe da ginnastica, legai la polaroid al collo, e senza far troppo rumore uscii di casa, il cielo era ancora notturno, ma dovevo darmi una mossa prima che arrivasse l'alba e me la perdessi.

Chiusi la porta, e mi voltai. Trevor Morris aveva una sigaretta tra le labbra, un piede davanti all'altro, ed era poggiato con il bacino sullo sportello della sua stupida macchina.

<< Stai bene?>> furono le prime parole che pronunciò.

<< Perchè ti interessa?>>

<< Si da il caso di si>> buttò il mozzicone a terra, fissandomi intensamente, mentre io rimasi ferma con i pugni chiusi. Non lo guardai in viso, decisi di mantenere lo sguardo basso. Il motivo era semplice. Il mio cuore stava battendo troppo velocemente, e non sapevo come controllarlo.

<< Sto bene >> risposi stizzita.

<< Stai andando a vedere l'alba?>>

<< Non ti riguarda>>

DAYLIGHTWhere stories live. Discover now