Capitolo 5

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Appena Tobias esce di casa, noto che ha con se un borsone e che si è cambiato. Al posto dei pantaloni del pigiama e delle pantofole ora indossa dei jeans neri, una maglietta grigia e delle Adidas. Mi sorride dolcemente quando capisce che lo stavo aspettando fuori la macchina.
«Guidi tu o guido io?» mi domanda mentre mette la sua valigia all'interno del portabagagli, di fianco alle mie.
Alzo una spalla, indifferente. Tanto, per andare lontano dovremmo comunque alternarci per cui non importa chi guida per primo.
«Okay allora guido io. Infondo é sempre il tuo compleanno.» afferma facendomi l'occhiolino e sorridendo. Devo solo cercare di non arrossire. Non arrossire Sil. È Tobias, non arrossire.
«Guarda che é finito quattro ore e mezzo fa!» metto un finto broncio. Ridacchia mentre annuisce e si avvia verso il posto del guidatore. Se scappare di casa significa questo, voglio scappare sempre.
Appena seduta in macchina, mi preoccupo di mettermi la cintura, odiando il rumore che provoca la macchina se non la metti.
Quel bip bip continuo, che ti causa mal di testa anche se sei la persona più rilassata del mondo.
Il ragazzo dagli occhi blu mi imita, con la differenza che invece di rilassarsi sul sedile, come faccio io, accende il motore e parte.
«Allora signorina Prior, dove siamo diretti?»
«Non lo so. Pensavo lontano, tipo Miami o in quelle zone lí.» affermo riflettendo.
Chicago-Miami sono circa venti ore e mezza di macchina, e essendo in due in un paio di giorni dovremmo essere arrivati, avendo così un vantaggio sui nostri genitori, che sono sicura si preoccuperanno quando capiranno che non torneremo per un po'.
Tobias annuisce, dirigendosi verso la tangenziale.
Non capisco, però, perché sia voluto scappare anche lui. Problemi con la sua ragazza? Ammesso che ce l'abbia. O forse, come me, problemi con la famiglia?
Purtroppo, quando sono curiosa riguardo qualcosa inizio a farmi mille paranoie con mille domande diverse. E questo è un problema, perché spesso non ho risposte neanche su uno dei miei dilemmi.
Decido di fargli la fatidica domanda, risultando per la prima volta ai suoi occhi un'impicciona, forse. Si irrigidisce sul posto, rizzando la schiena e stringendo il volante. Mi mordo la lingua, a disagio, chiedendomi quando imparerò a farmi i fatti miei. Forse mai, forse presto, non lo so.
«Te lo dirò, ma non ora. Non é il momento ed è una storia lunga.» parla infine. Mi aspettavo che mi mandasse a quel paese, come avrei fatto io, invece no. Annuisco mentre allungo la mano per accendere la radio. Stanno trasmettendo Without you, di Avicii e la inizio a cantare sotto voce. Tobias si gira velocemente verso di me, per quanto possa farlo a causa della guida.
«Ti piace questa canzone?» domanda inarcando il sopracciglio sinistro.
«Sí, a te?»
«La adoro.» sussurra prima di incominciare a canticchiare il ritornello a cui mi aggiungo anche io. Ascolto attentamente la sua voce, iniziando a credere che potrebbe fare il cantante senza nessuna difficoltà. Canta benissimo, già mi piaceva la sua voce, ma ora la adoro.

* * * *

MAYA'S POV
Appena mi sveglio le immagini di ieri sera mi ritornano in mente. Odio litigare con mia sorella, così come con mio fratello. Odio il fatto che ieri ,e probabilmente anche ora, Silvia sia stata male perché non le credo. Avrei dovuto prima ascoltarla, o almeno, non scegliere se credere a lei o Matthew. È la mia sorellina, non credo che abbia fatto quello che Matt dice. Ma credendo così, reputerei Matthew un bugiardo, e andrei contro i nostri genitori. Dovrei parlarle, esserle di conforto e spiegarle meglio cosa ci ha detto Matt.
Con questi pensieri mi alzo dal letto, andando prima davanti allo specchio per vedere le mie condizioni. I capelli castani chiaro sono oramai tutti scompigliati tra loro, creando un effetto nido; sotto gli occhi ho delle leggere occhiaie a causa della tarda ora di quando sono andata a dormire, ieri sera. Controllo l'ora sul display del mio cellulare accorgendomi che sono solo le dieci del mattino. Forse Chip starà dormendo, ma non importa. Potrà dormire dopo, dobbiamo prima parlare.
Per questo mi dirigo a passo svelto verso la sua camera. Quando i gemelli erano piccoli condividevano la stanza, trovandosi molto bene insieme. Dall'inizio del loro primo anno di medie, invece, Silvia ha deciso di cambiare stanza. Questo ha implicato un problema, perché non avevamo una stanza in più, ma poi lei ha detto che le andava bene anche la soffitta dove ha la camera attualmente. Non si è mai lamentata, alla fine è una bella stanza. È grande, ha un piano solo per lei, ed è abbastanza luminosa da non aver bisogno della luce del lampadario, durante il giorno. «Silvia, posso entrare?» busso alla sua porta. Niente. Forse avevo ragione, sta ancora dormendo. Ma non posso aspettare proprio. Tra poco dovrò uscire con Blake, il mio ragazzo, e non potrò più parlarle a causa del nostro viaggetto che faremo questo weekend. 
«Sto entrando.» annuncio prima di aprire la porta.
Mi aspettavo di trovarla a dormire nel letto, con il vestito di ieri sera posato sulla sedia della scrivania a causa del suo disordine, nel buio, con le persiane chiuse. Invece no, e quello che vedo mi fa rizzare i capelli sulla nuca. Il letto completamente fatto e ordinato, senza neanche una piega, i cassetti dell'armadio aperti e le ante di quest'ultimo spalancate, la sedia posta vicino ad esso per raggiungere la parte più alta, il salvadanaio rotto sulla sua scrivania.
È scappata. È l'unica cosa che penso. E dentro di me, so, che è scappata anche a causa mia. E solo ora mi rendo conto che lei non ha fatto mai niente, ma era Matthew quello a mentire.
E per farmelo capire se ne è dovuta andare. Chiudo gli occhi, sentendo il suo profumo entrarmi nelle narici. Neanche una lettera, un avviso che sta bene, niente.
Mi avvicino all'armadio, per vedere cosa ha preso. Mancano metà dei vestiti che aveva, e le valigie non ci sono più. Quando tornerà? Lo farà? Non so neanche come é scappata.
Per ciò, controllo nel comodino, se ci sono le chiavi della macchina oppure se è andata con questa. No, non ci sono. Controllo e ricontrollo, sulla scrivania, nei cassetti, sotto il letto ma non ci sono. Scendo giù, di corsa e nel garage la sua auto non c'è più. Chissà da quanto se ne è andata, cosa starà facendo ora.
«Mamma! Papà!» urlo rientrando in casa. Stanno facendo tranquillamente colazione con Matthew, ignari di tutto.
«Hey, che hai sorellona?»
«È scappata.» sussurro facendomi scappare un singhiozzo. Sono preoccupata. Se le dovesse succedere qualcosa io cosa farò?
Nostro padre si avvicina a me, più confuso che mai, ma vedendomi piangere mi abbraccia.
«Silvia è scappata.» ripeto mentre ormai il mio volto è immerso dalle lacrime calde e salate.
Stress, preoccupazione, dolore, rimorso e chi ne ha più ne metta.
«Ora la proviamo a chiamare, okay? Vedrai che starà bene.» afferma incerta mamma. Si vede che non ne è sicura neanche lei. Non so neanche come deve sentirsi, a sapere che sua figlia minorenne, appena dopo una lite, è fuggita.
«La chiamo.» dichiara mio padre mentre si stacca dall'abbraccio e prende il telefono.
Appena selezionata la chiamata mette in viva-voce per farci sentire. Siamo tutti preoccupati: io stringo con forza il tavolo, mia madre fa avanti e indietro per la cucina, mentre mio padre si morde una pellicina dell'unghia. Solo Matt continua ad inzuppare i biscotti al cioccolato nel latte, come se niente fosse.
Inizio a sperare che Sil non sia così incosciente da non rispondere al telefono.
«Servizio di segreteria telefonica. Il numero attualmente selezionato, non ha risposto alla chiamata. Lasciare un messaggio dopo il bip.»
È la segreteria che infrange tutte le mie speranze. Non ha risposto. Non é rimasta.
Non oso immaginare tutto il dolore che ha accumulato per spingerla ad andarsene, e mi fa così tanto male ammettere che, tra i suoi dolori, ci sono anche io. Perché non l'ho saputa difendere, non l'ho mai considerata più di tanto, non l'ho mai considerata come una sorella, come un'amica. E tutte le persone che dicono che ti accorgi di tenere tanto a qualcosa solo quando l'hai perso, hanno ragione. Perché sono sicura che mia sorella stia bene, ma questo non leva la mia preoccupazione, ed ora l'unica cosa che vorrei è vederla qui, davanti a noi, mentre scherziamo e ridiamo tutti e cinque come quando eravamo piccoli.

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