Capitolo 12

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Sono passate quasi due settimane da quando siamo scappati, esattamente una settimana e sei giorni. Sí, sto tenendo il conto.
Mi sistemo la camicia scozzese che ho messo, cercando inutilmente di eliminare quelle due pieghe sparse qua e là. Il bussare della porta, però, mi fa interrompere quel gesto, per permettermi di aprirla.
«Hey.» mi saluta Tobias, prima di darmi un bacio sulla guancia ed entrare. Dopo il mio incubo su Matthew non abbiamo più dormito insieme, ed il nostro rapporto è sempre lo stesso.
«Ciao.» lo saluto prima di chiudere la porta alle mie spalle ed osservarlo. Si sta torturando una pellicina dell'unghia, mordicchiandola.
«Che stavi facendo?» mi chiede, quando tra di noi si inizia a creare un silenzio imbarazzante. Non è il primo silenzio tra di noi, spesso capita di avere quei minuti dove l'unica cosa udibile sono i nostri respiri, ma sono sempre stati voluti. Nel senso, ci immergevamo nei nostri pensieri e pace, non come ora che non sappiamo cosa dire. Cosa cavolo ci sta succedendo?
Mi schiarisco la voce, prima di rispondere. «Mi stavo preparando, tu invece?»
Alza una spalla, smettendo di torturarsi l'unghia e sorridendomi «Pensavo.»
«Wow, una cosa che fai raramente.» ironizzo, mentre mi porto una mano al petto, fingendomi commossa. Ridacchia visibilmente, finché ad un tratto la sua risata cessa, lasciando che il suo volto prenda un'espressione seria; come se si fosse appena ricordato qualcosa.
«Cosa facciamo stasera?» mi domanda, portandosi una mano dietro la nuca. In genere lo fa quando è imbarazzato, perché farlo ora? Corrugo la fronte, confusa, mentre alzo una spalla e scuoto il capo. Si schiarisce un paio di volte la voce prima di parlare. «Ti va di uscire?»
«Certo, come ogni sera.» sussurro ancora più confusa.
«Io... intendevo in quell'altro senso.» afferma mentre si aggiusta il ciuffo dei capelli con una mano, senza mai spostare lo sguardo da me.
«Quale senso?» chiedo, ma quando poi vedo che non risponde e si morde il labbro capisco.
«Aspetta, in senso di appuntamento?»
«Bé, sí... cioè no... forse... ti andrebbe?» balbetta e la cosa mi fa sorridere. Non so se essere più felice per il fatto che mi ha chiesto di uscire insieme oppure per il fatto che è imbarazzato, per me.
«Certo che mi andrebbe!» affermo, forse con troppa enfasi dato che Ias scoppia a ridere e io riprendo ad arrossire. In questi giorni ci sono stati momenti in cui era dolce, o mi faceva dei complimenti, ed ovviamente il mio rossore alle guance non mancava mai.
«Bene.» sussurra vicino al mio orecchio. «Ci vediamo dopo. Io vado a preparare per il nostro appuntamento.» E se prima non si notava il rossore ora ne sono certa. Un pomodoro sarebbe meno rosso, lo so senza neanche guardarmi allo specchio, dato che mi sento la faccia in fiamme. Mi da un leggero bacio all'angolo della bocca, lasciandomi di sasso, e lo guardo mentre se ne va via.
Quando chiude la porta, mi porto una mano sul punto dove mi ha baciato e un sorriso spontanea nasce sul mio dolce viso.
Credo che dovrei prepararmi, psicologicamente, al mio primo appuntamento con la mia prima cotta.

* * * *

Quando si fa pomeriggio ho le mani tutte sudate ed il cuore mi batte a mille. Mi finisco di aggiustare i capelli, che ho lasciato sciolti e piastrati, mentre controllo che sui miei jeans ricamati e la maglietta in pizzo bianca non ci siano macchie. Non so esattamente come dovrei andare vestita, l'unica informazione da parte di Tobias è stata quella di farmi trovare pronta alle sette e mezza. Ed ora sono qui, alle sette e venticinque mentre credo di stare morendo. Ho paura di dire qualcosa di stupido, o di non piacergli. Non mi sono neanche truccata, odio farlo e questo lui lo sa. Spero che non speri che mi metta chili di trucco, perché se no ha proprio sbagliato persona. Comunque, ormai mi conosce, non credo si aspetti chissà cosa. Il bussare alla porta mi fa sussultare, capendo finalmente che è arrivato.
'Bene Sil, non fare la cogliona.' Mi ripeto nella mia testa mentre mi avvio alla porta. Ma di cosa ho paura? É Tobias, devo stare calma. Infondo, è solo il ragazzo più bello, dolce, riservato e simpatico che io conosca. Cosa può andare storto? Niente, ecco tutto. Mi ripeto questo, mentre la apro e mi ritrovo Ias a qualche passo di distanza. Indossa una camicia blu scuro, simile al colore dei suoi occhi, i jeans neri e strappati e ai piedi delle converse nere. È proprio bello, devo ammetterlo. Gli faccio un sorriso imbarazzato mentre mi dondolo sulle punte, non sapendo cosa fare. Lui mi guarda, e spalanca di poco la bocca facendomi preoccupare. Forse ho sbagliato a vestirmi? O forse vuole che mi trucco?
«Cavolo, sei... sei bellissima Sil.» afferma in un sussurro e sento il mio cuore fare una capriola.
«Grazie, neanche tu sei male, sai?» affermo mentre faccio un paio di passi indietro per prendere la borsa. Sorride mentre mi porge la mano appena arrivo di fianco a lui. «Andiamo?» sussurra mentre lascio che la porta della mia camera si chiuda. Annuisco mentre inizio a tartassarlo di domande già dall'ascensore. «Se te lo dicessi non sarebbe una sorpresa, non credi?» risponde così ad ogni mia domanda.
«É un appuntamento, non una sorpresa.» borbotto mentre lo sento ridere.
«È un appuntamento a sorpresa.» ammette alzando una spalla e facendomi l'occhiolino, mentre arrossisco. In tanto arriviamo in strada, e ci incamminiamo sulla principale di Miami, verso la spiaggia. Durante il tragitto parliamo di tutto e di più, facendo scomparire l'iniziale imbarazzo. È questo quello che mi piace di noi, riusciamo ad essere noi stessi l'uno con l'altro. Quasi non mi accorgo, talmente presa dalla conversazione, del telo ed il cestino da picnic posto in una zona appartata della spiaggia; anche se non ce ne è alcun bisogno dato che non c'è nessuno. Mi fermo in mezzo alla strada, guardando il tutto ancora commossa.
«Tutto bene? Non ti piace? Se vuoi possiamo-» Tobias non finisce la frase perché lo stoppo abbracciandolo. «Mi piace un sacco, grazie.» sussurro.
«Di niente, piccola.» biascica ad un palmo dalle mie labbra e dandomi un bacio sul naso, proprio sulla punta. Mi ha chiamata piccola. Mi ha chiamato piccola. Mi ha chiamato piccola!
Evito di sembrare una pazza, per cui mi limito a sorridere; anche se vorrei saltare e gridare dalla gioia. Piccola. Potrei quasi abituarmici.
«La cena è del Mac Donald's, non sapevo che altro prendere sennò. Spero ti piaccia il Big Mac.» mi avvisa mettendomi una mano sulla schiena e conducendomi verso il telo. Milioni di brividi invadono la mia schiena, e da come sorride, se ne é accorto anche lui.
«Stai scherzando? É il mio preferito!» ammetto andandomi a sedere. Non si vede bene, l'unica luce che c'è è il riflesso della luna sul mare ed una piccola candela posta vicino a noi. Ero così presa da lui che non ho neanche realizzato di stare davvero in spiaggia. Al mare. Al mio primo appuntamento.
Iniziamo a parlare di tutto, dalle cose più divertenti alle cose serie, a quello che ci piace fare e alla scuola. Ho scoperto che vuole fare l'avvocato, e studiare legge dopo le superiori. È una grande bella cosa, impegnativa ma bella. Io , invece, ho ammesso per la prima volta di voler fare lettere dopo la scuola. Forse non diventerò una scrittrice come sogno, ma va bene anche essere un'insegnante. Mi basta studiare lettere, quello che c'è dopo si vedrà.
«Non mangi?» chiede mentre poso l'abbondante panino nel piatto difronte me e mi stento sulla sabbia.
«Mhhh, due minuti.» mugolo mentre osservo le stelle. Sento Ias alzarsi, e mettersi di fianco a me. Mi prende la mano, intrecciando le nostre dita e non lasciandole più andare.
Osservo la luna, oggi piena. Osservo tutti i crateri che si vedono da qui, e le stelle vicino ad essa; facendomi sentire piccola ed insignificante.
«Mio padre mi picchiava. Quando ero piccolo mia madre se ne è andata, perché lui feriva  anche lei e ha deciso di lasciarmi con un pazzo maniaco.» sussurra, rompendo il silenzio che si era creato. Mi giro di scatto a guardarlo notando che sta fissando il cielo.
«Sei la prima persona a cui lo dico.» afferma dopo poco.
«Io... mi dispiace.» ammetto con sincerità, non sapendo cosa dire. «Non hai nulla di cui dispiacerti, Sil.» ribatte.
Scuoto la testa, delusa dal mio comportamento nei suoi confronti. «Non volevo obbligarti a dirmelo.» dico, mentre il senso di colpa si fa spazio dentro di me. È forte, forse la persona più forte che conosca. Chi mai porterebbe questo peso per tutta la vita e non lo direbbe a nessuno?
Ora è lui a scuotere la testa. «Non l'hai fatto.» ammette mentre si avvicina di più a me, e sento il suo respiro mescolarsi al mio. «E grazie»
«Per cosa?» domando stringendo di più la sua mano.
«Perché mi stai guardando come se fossi forte, come se non combinassi solo casini.»
«Non combini solo casini. E lo sei, sei forte.» ammetto mentre gli accarezzo la guancia, i nostri respiri sono ancora uniti.
«Avevo ragione,» sussurra «posso fidarmi di te.»
Una risata mi sfugge dalle labbra, avvicinandomi ancora di più, solo per sentire che effetto fa. «Non dovresti, sono un disastro.» parlo infine.
«Mi piace questo disastro.» dichiara mentre mi mette una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
Si è dichiarato, e il mio cuore sta impazzando. Sta battendo veloce ed il cervello mi sta andando in fumo. «Ias...» biascico, non sapendo cosa dire.
«Tu sei un disastro ed io combino solo casini. Non possiamo distruggerci più di quanto non siamo già.» continua. E mentre sto per sorridere, le sue morbide labbra sfiorano le mie. Le sue mani vanno sulla mia vita, accarezzando i fianchi e la pancia mentre le nostre labbra premono l'una sull'altra. E succede tutto così in fretta. La sua lingua che picchietta sui miei denti, le mie labbra che si schiudono per concedergli l'accesso. Le mie mani, che fino a quel momento erano state ferme, prendono coraggio e avvicinano Tobias a me, per sentirlo ancora più vicino. Gli accarezzo le guance, il mento con la barba appena accennata che pizzica al contatto con le miei lisce mani, gli zigomi, i capelli dove si fermano ed iniziano a giocare con le sue ciocche. Il nostro respiro diventa affannato, mentre continuiamo a baciarci desiderosi di avere di più. E stiamo lí, a baciarci ed a coccolarci per molto tempo. Lui con una mano sulla mia vita e l'altra su una mia guancia, io con le mani nei suoi morbidi e corti capelli castani.

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