Capitolo 16

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«Aspettami!» urlo ridendo a quello che dovrebbe essere il mio ragazzo. Sposto la gamba un po' più in fuori e mi do una spinta abbastanza forte, ritornando nella posizione corretta. Io e Ias siamo sullo skate.
Quando gli ho detto che amavo andarci e che non me la cavo male ne abbiamo presi due. Mi aveva detto che andava bene, ma non pensavo così tanto. Scuote la testa come un bambino prima di accelerare ancora di più. Mi mordo il labbro, cavolo l'avevo quasi raggiunto.
Ci so andare, in genere a Chicago andavo con lo skateboard a scuola, e anche bene, ma Tobias è davvero un mostro. È all'altezza di quelli che fanno le acrobazie in modo eccellente, sul serio. Penso a questo prima di vederlo saltare con lo skate su una ringhiera sottilissima, e scenderla in equilibrio. Ecco, come non detto.
Io so solo girare, frenare e muovermi, non fare tutta quella roba là. Ci provo ogni tanto, e alcune volte mi vengono anche dei lividi per le brutte cadute. Alcune volte, perché per il resto è Matthew la causa. Smetto di pensarci all'istante, sentendo il respiro mancare e l'oramai classico dolore al petto. «Non vieni?» mi domanda Ias alzando leggermente la voce, dato che si trova alla fine della scalinata.
Alzo una spalla. «Non lo so fare.»
Si morde il labbro e guarda intorno, probabilmente per vedere dove posso passare. Ma ho già visto, e non c'è niente. Solo la scalinata e di farla con lo skate in movimento non ci penso proprio. Ho ancora un po' di sale in zucca, per cui faccio la scelta più logica. Scendo dallo skate e raggiungo Tobias rigorosamente a piedi. «Uhm... acrobata nata, mi dicevano.» mi schernisce con un sorriso divertito sulle labbra. «Sai, ci tengo ancora alla mia vita, quando vorrò uccidermi ti chiamo e facciamo questa stronzata, okay?» gli spiego alzando gli occhi al cielo.
«Ovvio, capo.» risponde prima di mettermi una mano sulla guancia e far incontrare le nostre labbra. Solo che, mentre ci stiamo baciando la mia pancia brontola, facendoci separare e poi facendo scoppiare a ridere Tobias. Io lo guardo imbarazzata, che figura ho appena fatto? Dio, credo che il sole sia meno rosso di me. Neanche un pomodoro è all'altezza.
«Ho visto un chiosco dei gelati più o meno distante dieci minuti da qui, ne vado a prendere uno a testa... tu resti qui?» domanda mentre io penso se andare oppure no con lui. Ammetto che sarà tutta la mattina che stiamo sullo skate, e le mie gambe chiedono pietà. Qui potrei aspettarlo sul muretto di fianco alla scalinata, riparato dal sole da una palma. Annuisco mentre gli do un bacio a stampo.
«Grazie.» sussurro. Mi sorride. «Di niente, vado con lo skate così dovrei metterci di meno.»
Annuisco di nuovo mentre lui si avvia e io mi vado a sedere. Prendo il telefono, per far passare il tempo, e guardo di nuovo i messaggi. Niente. Avranno finalmente capito di lasciarci stare? Non lo so, ma da quel che si può vedere sembra di sì. Vado un po' su Instagram, vedendo le storie e le foto pubblicate da poco. Una volta annoiata, inizio a giocare a slither.io. Dopo cinque partite, però, -dove sono arrivata quattro volte prima- decido di alzarmi ed andare a cercare Tobias. È almeno mezz'ora che non si fa vedere. Prendo lo skate in legno con i disegni di alcuni fiori tropicali, e mi dirigo nella direzione che ha preso precedentemente Ias. Quando parto il leggero vento mi fa andare alcune ciocche di capelli biondi davanti al viso, ma non così tanto da non vederci. Cerco un chiosco, dato che Tobias ha detto che è a dieci minuti da dov'ero quindi con lo skate ci dovrei mettere di meno.
Ridacchio appena vedo un chiosco a forma di gelato vicino il mare. Come ho fatto a non vederlo prima? La parte del cono è lo stand vero e proprio, mentre la parte di gelato il tetto. Sorrido quando vedo i bambini che provano a convincere le madri a prendere il gelato. Io e Matt con Maya facevamo una squadra, e poverina mia madre si arrendeva sempre. Ma infondo, con tre figli chi non lo farebbe? Due dei quali gemelli, da male in peggio.
Il mio sorriso si spegne appena noto la scena che mi si presenta davanti. Una ragazza sta abbracciando Tobias, ed ha affondato la testa nel suo collo. Ias ha poggiato la testa sulla sua spalla, mentre le carezza la schiena con le mani e ricambia l'abbraccio. Il mio ragazzo. I miei occhi non ci mettono molto ad appannarsi. Forse è una reazione esagerata, ma non si stanno abbracciando come due amici. E fa dannatamente male. Fa dannatamente male il sorriso dolce sulle labbra di Tobias ed i suoi occhi chiusi. Se lo sta godendo questo abbraccio. Quando capisco che non ce la faccio più a sopportare la scena, mi giro ma è troppo tardi: Tobias mi ha già vista. «Sil.» prova a chiamarmi, ma io continuo a camminare nella direzione opposta. Continuasse ad abbracciare quella mora. «Sil!» mi urla dietro e sento dei passi. "Fa che non sia lui. Fa che non sia lui."
Non voglio mi veda quasi piangere, non voglio proprio vederlo. Sono triste, arrabbiata, schifata... «Per favore aspetta!» mi dice bloccandomi la strada, prendendomi per il gomito. «Lasciami.» ringhio e lo guardo male, per quanto le mie lacrime me lo permettano. «È una mia amica, non p...-» prova a dire ma io lo interrompo. «Giuro su Dio che se non mi lasci mi metto ad urlare.» lo minaccio strattonando il braccio e liberandomi dalla sua presa. «Posso spiegarti? È una mia vecchia amica, non volevo far sembrare altro.» Una risata mi esce dalle labbra, una risata strana, mischiata alle lacrime. «Gli amici non si abbracciano in quel modo, Tobias.» pronuncio il suo nome con talmente tanto disprezzo che lo ferisco. I suoi occhi zigzagano tra i miei, per cercare di capire cosa penso. Che mi fa schifo, ecco cosa penso. «Per favore, non trasformiamo questa bella giornata in un disastro.» mi supplica, ma questo non fa che aumentare la mia rabbia. «Non sono io che ho rovinato tutto! Non sono io quella che stava coccolando una sua vecchia "amica"!» gli urlo contro. Alcune persone si girano verso di noi, ma non ci faccio più di tanto caso. Un'ultima lacrima scende dalla mia guancia, prima di girarmi e andare verso l'albergo. L'ultima cosa che voglio ora é girovagare da sola in una metropoli. Sussurra qualcosa, ma io non lo sento perché sono già troppo lontana.

* * * *

«Apri questa porta!» continua ad urlare il mio ragazzo, da circa un'ora. Dopo dieci minuti che sono tornata in albergo, lui mi ha raggiunto e sta cercando di farmi aprire la porta che ho chiuso a chiave. Sto solo aspettando che venga qualcuno a cacciarlo. Solo che, dopo qualche momento, il continuo bussare da fastidio. Mentirei se dicessi che la sua voce mi da fastidio, perché non è per niente così. Adoro la sua voce, da sempre e tutt'ora. Ho provato anche a mettermi le cuffiette e sentire gli Imagine Dragons, ma neanche loro sono riusciti a distrarmi dall'immagine di Tobias qui fuori che mi supplica di aprire. Sono ancora arrabbiata, ferita e chi ne ha più ne metta, ma in cuor mio mi chiedo se non sto esagerando. Se la mia non é solo paura e Ias non se lo aspettava. Di certo non posso far vedere che mi pento di essermi incazzata, o che sono ferita, anche se in parte é così. «Sil!» continua. «Apri la porta prima che la sfondo!»
Alzo gli occhi al cielo ed un sonoro sbuffo esce dalle mie labbra, prima di decidermi ad aprire la porta.
«Perché non te ne vai via e lasci perdere, eh?!» gli urlo contro, ritornando dentro e prendendo un cuscino da lanciargli addosso nel caso mi ferisse ancora di più e mi facesse sentire meglio. Ma non lo lancio, non ancora per lo meno.
«Perché ti amo!» urla. «Credi che sia facile andarmene, ma non lo è. Non con la paura di non poterti più vedere, sentire o anche solo sfiorarti. Di quella ragazza non me ne frega niente, ho sbagliato, non dovevamo abbracciarci così, ma cazzo posso anche dimenticare il suo nome.» continua tenendo il tono di voce alto. Il mio cuscino intanto, è caduto a terra. «Ma non il tuo. Perché ti amo.» conclude sussurrando. Ma io lo sento.
Mi ama. Mi pizzico il braccio per capire se é un sogno. Ma no, non lo è. «Per favore, perdonami.» mi supplica ma non rispondo. Ne vale la pena? Sí, certamente.
Non ha fatto un gesto tanto eclatante, ma mi ha ferito molto. Ho aspettato lí per quasi quaranta minuti, e quando sono andata da lui stava amorevolmente abbracciando una ragazza. «Mi hai ferito.» ammetto mentre i miei occhi diventano lucidi. Sto per piangere, ne sono cosciente. «Lo so, sono un coglione.» concorda Ias, mentre si avvicina a me. Mi prende una mano, e la posiziona sopra il suo cuore. «Non gli importa di nessuno se non di te. Batte per te. Quella ragazza era una mia compagna di classe, che non vedo da anni. Eravamo migliori amici, per questo ci siamo abbracciati così. Ma amo te. Io... se tu mi lasci...» la sua voce si inclina e non riesce a finire la frase. «Ias...» sussurro così piano che ho paura che non mi abbia sentito. I suoi occhi sono incollati ai miei, ed ora sono io ad andare verso di lui. Gli bacio il naso, e circondo il collo con le braccia. «Non ti lascerò mai, ragazzo dagli occhi blu.»
«Ragazzo dagli occhi blu?» domanda ancora confuso. Annuisco. «All'inizio nella mia mente ti ho soprannominato così.» Faccio un respiro profondo. «Mi dispiace per prima. É che ho paura di perderti, ho paura che troverai qualcuno migliore di me, o che smetterò di piacerti. Ti ho visto con quella ragazza... ed io non ce l'ho fatta a non pensare a quando ti stuferai di me. A quando tu mi dimenticherai perché sono un disastro.» do voce ai miei pensieri mentre alcune lacrime scendono dal mio viso. Le asciuga, lentamente, mentre si fa spazio un dolce sorriso sul suo volto.
«Non smetterai di piacermi, perché sarebbe come non respirare.»
Ed io lo bacio. Lo bacio perché non so in che altro modo esprimere i miei sentimenti per lui, perché dopo quello che ha detto voglio sentirlo vicino a me e non lasciarlo più. Ha fatto il suo ennesimo casino, e io mi sono dimostrata come il solito disastro, ma insieme stiamo guarendo dal male delle persone. Perché alcune volte per stare bene hai solo bisogno di qualcuno che ti sappia amare. Per me, quel qualcuno é esattamente lui.

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