Capitolo 26

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Dopo un giorno dalla partenza siamo quasi arrivati a Chicago.
Ieri sera ci siamo fermati di nuovo ad Atlanta, allo stesso hotel dell'altra volta, per non rompere questa "tradizione".
In lontananza si iniziano a vedere i primi grattacieli, e scorgo subito la Willis Tower tra di loro. È la più alta di tutti, ed è praticamente difronte l'autostrada.
Io e Tobias siamo più nervosi che mai, abbiamo rischiato di litigare già tre volte, ma, appena ci ricordiamo cosa sta per succedere ci accorgiamo che abbiamo bisogno l'uno dell'altro, ora più che mai. Non è facile ritornare a casa, dopo una vita passata a non sentirti al sicuro nella tua stanza.
Il pollice di Ias fa cerchi immaginari sul mio palmo, mandando brividi freddi lungo tutta la schiena. Io sto semplicemente ferma, con gli occhi chiusi, pregando che il tempo si fermi e che non dobbiamo più affrontare i nostri genitori.
Sapete l'ansia che si ha quando devi essere interrogato, ma non hai studiato niente? Ecco, ora moltiplicatelo per cento.
Io, e credo anche Tobias, mi sento così.
«Sai se i tuoi sono a casa?» mi domanda. Scuoto la testa, probabilmente i nostri genitori stanno insieme come l'ultima volta.
Da quanto ho capito i nostri padri sono colleghi, non ho poi chiesto più di tanto, quindi devono conoscersi abbastanza.
Dopo qualche minuto, siamo davanti casa mia.
«Cosa succederà, ora?» gli chiedo con voce tremante. Ho lo sguardo davanti a me. Guardo quella casa come si guarda una prigione, come si guarda l'inferno. Ho paura. Ma non più delle persone all'interno, ho paura che mi separino da lui. Perché so che non ci faranno mai restare insieme. Ho paura che mi dicano che dovrò dimenticare Tobias.
«Io e te contro il mondo.» mi risponde, stringendo ancora di più la mia mano.
Chiudo di nuovo gli occhi.
Andrà tutto bene. Mi ripeto. Andrà tutto bene.
Le mani mi tremano dal nervosismo ed il cuore mi rimbomba nelle orecchie.
«Sil.» sussurra Ias. «Andiamo?»
So perché vuole scendere: aspettare non cambierà nulla. Questa cosa dobbiamo farla in ogni caso. Dobbiamo affrontare i nostri demoni, eppure non sono sicura di esserne capace.
Annuisco e mi slaccio la cintura lasciando, a malincuore, la mano di Ias.
Scendo dall'auto e percorro i primi gradini che mi portano dal giardinetto principale alla porta di ingresso. Tobias mi segue da dietro, ed io gli riprendo la mano. Non posso farcela da sola. Non posso proprio.
Stringendo un'altro po' la mano del mio ragazzo, con l'altra premo il campanello. Ho anche le chiavi nella borsa, ma credo sia meglio bussare che farmi trovare dentro casa di botto.
Quando sento i passi dall'altro lato del muro il mio respiro si fa più affannoso. Sento delle voci provenienti dal salotto, ma non le riesco ad identificare.
E appena la porta si apre la figura di mia sorella ci si presenta avanti. Ha delle profonde occhiaie sotto gli occhi, ed il viso è stanco, come se fosse consumata dai sensi di colpa.
«Silvia.» sussurra con voce sorpresa appena mi vede. Neanche capisco cosa succede che mi ritrovo in un suo mega abbraccio.
Vorrei dire che lo ricambio, lo vorrei davvero tanto, ma mentirei perché non è così. L'unica cosa che faccio è stringere di più la mano di Tobias.
Non ero pronta per questo. Non sono pronta per questo.
Il singhiozzo di Maya mi distrae dai miei pensieri. Mi sta stringendo davvero forte, come se le fossi mancata più di quanto credesse.
«Maya chi era-» mio fratello si blocca dietro di lei. Tobias stringe la mano a pugno di istinto, e dallo sguardo che rivolge a mio fratello si vede che è incazzato nero.
«Sil.» lo sguardo di Matt poi passa da me, alle nostre mani unite, ad Ias. «Tobias.»
Poi si rivolge a mia sorella. «Vado a chiamare gli altri.»
Quando la sua figura scompare dietro la porta del salotto, i miei occhi sono ancora incollati lì. Non è cambiato per niente. Stessi occhiali, stessi capelli arruffati, stessi occhi color nocciola.
Quando Maya si stacca da me noto che è dimagrita davvero tanto, ed il suo viso è pallido come non mai.
«Noi eravamo preoccupati che voi due...» deglutisce a fatica. «Foste in pericolo.»
Mi trattengo davvero tanto dallo sbuffare per il suo essere così melodrammatica.
Se siamo scappati, é perché proprio bene non stavamo. Matt ricompare all'ingresso con i miei genitori dietro e credo che il cuore mi stai per esplodere dal petto.
A loro volta, dietro ci sono due signori. La signora è davvero simile a Tobias, stesso naso, stessa forma del viso, capelli castani. Marcus invece ha i capelli grigi a causa dell'età, e Ias ha preso da lui solo l'altezza ed il colore degli occhi.
Mia madre fa una corsa per abbracciarmi, e sono costretta a lasciare la mano del mio ragazzo.
«Eravamo così preoccupati.» mi sussurra. Anche Evelyn va ad abbracciare Ias, mentre suo padre gli da un paio di pacche sulla spalla.
Mio padre, invece, mi da un bacio sulla testa.
«Cosa vi è saltato in mente?» sbotta Maya appena tutti hanno finito di salutarci. Matthew a stento mi guarda, ovviamente.
«Matt, Maya, andate in camera vostra, per favore.»
Mio padre usa una voce severa, forse la più severa che gli ho mai sentito.
«Andiamo Tobias.» dice Evelyn. «Il camion dei traslochi sarà a casa nostra a momenti.»
Tobias aggrotta le sopracciglia, completamente confuso. «Cambiamo casa?»
Il sorriso che fa Marcus, non mi piace per niente. Per non parlare del brutto presentimento che mi si presenta nel petto.
«Cambiamo città.» risponde suo padre. «Dato che siete così infantili e immaturi, abbiamo pensato che così vi dovete lasciare per forza.»
Il mondo mi cade addosso. È come se qualcuno mi avesse appena buttato un secchio d'acqua gelida in pieno viso.
«No...» inizio a dire. Tobias ha lo sguardo perso nel vuoto, troppo immerso nei suoi pensieri.
Ed io... io sono così incazzata con loro.
Mi avvicino a Marcus con lo sguardo minaccioso. «Voi non potete farlo! Non potete!» urlo. Lo sto per aggredire, se non fosse per mio padre che mi tiene le braccia.
Sono accecata dalla rabbia, non possono portamelo via.
«Voi non potete farlo.» mi esce come un sospiro strozzato dai singhiozzi. Solo in questo momento realizzo che nella mia vita non ci sarà più Tobias.
«Sil...» dice Ias, ma viene fermato da mia madre che ci fa cenno di andare in cucina. «Avete cinque minuti per salutarvi. Se continuerete a sentirvi giuro che chiameremo la polizia, Tobias è maggiorenne, non vi conviene.»
Il labbro inferiore mi trema. Le mani mi tremano. Con uno strattone mi libero dalla presa di mio padre, dirigendomi verso la cucina con Ias dietro di me.
Appena chiude la porta per un po' di privacy, lo abbraccio di getto. Uno, due, tre, quattro singhiozzi mi sfuggono dalle labbra e gli sto iniziando a bagnare la maglietta per tutte le lacrime che mi stanno scivolando dagli occhi.
«Sil.» sussurra. «Sil, guardami.»
Faccio ciò che mi dice. «Andrà tutto bene.»
«No!» ribatto. «Non andrà niente bene senza di te. Io... io ti amo. Non voglio lasciarti.»
«Neanche io, piccola, ma dobbiamo.»
So che ha ragione. Anche se i nostri non ci avessero minacciato sarebbe finita lo stesso. Nessuno dei due crede nelle relazioni a distanza, ma forse sarebbe stato più rassicurante sapere che ci avremmo potuto provare.
«Promettimi solo una cosa.»
Annuisco. «Non levarti mai il nostro bracciale, okay?»
«Te lo prometto.» dico. «Ma devi promettermelo anche tu.»
«Te lo prometto.»
«È un addio?» domando. Ora ha anche lui le lacrime agli occhi. Non posso credere che i nostri genitori ci stiano facendo questo.
Stanno avverando la mia più grande paura:
una vita senza Tobias Eaton.
«No.» Ias scuote la testa. «È solo un arrivederci, Sil.»
«Io non cambierei niente, fra noi due. Non cambierei una litigata, un bacio, uno scherzo, niente.» Glielo dico perché ne sento la necessità. Non so quando lo rivedrò, se lo rivedrò. 
«Neanche io.»
Guardo i suoi occhi un'ultima volta. Guardo le sue labbra per l'ultima volta, il suo naso, i suoi capelli, i suoi zigomi. E l'unica cosa che penso è che non sono pronta a lasciarlo.
Avvicina il viso al mio. I nostri nasi si sfiorano, i respiri si mescolano e le morbide labbra si uniscono. Chiudo gli occhi per godermi a pieno il bacio. Il nostro ultimo bacio.
E quando gli riapro, Tobias se ne è andato.
Il mio petto inizia a far male, come se migliaia e migliaia di coltelli mi stessero colpendo. Il cuore urla di dolore, urla al ragazzo che amo di tornare indietro, stringermi a sé e non lasciarmi più.
Faccio l'unica cosa che riesco a fare dopo che un'altro singhiozzo esce dalla mia bocca: corro in camera mia, dove tutto è iniziato.

~Angolo autrice~
Manca un capitolo alla fine, e poi ci sarà l'epilogo!!! (Siete emozionati??)
Comunque... se vi va di seguirmi su Instagram mi chiamo sil.cariello
Metterò li quando aggiornerò e quando pubblicherò nuove storie etc...
Volevo anche ringraziare per le 1000 visualizzazioni!! Grazie, grazie, grazie infinte💞
un bacio
- sil

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